La preside dello Sperone ai ministri, "Basta chiacchiere, venite in strada"


AGI – “Ora vengano i ministri allo Sperone, ma non in auto blu, girino su una vettura qualunque e si rendano davvero conto della realtà e di ciò che serve. E’ finito il tempo delle chiacchiere e anche quello degli striscioni, delle parole valide fino alla prossima retata… Gli insegnanti, il mondo della scuola, le forze dell’ordine non sono carne da macello”. E’ l’appello – affidato ad AGI – di Antonella Di Bartolo, da nove anni combattiva preside dell’Istituto comprensivo ‘Sperone-Pertini’, una vera e propria cittadella composta da sette plessi e 1.300 alunni, dalla scuola materna alla media.

Sperone… anche il nome, aspro e ruvido, sembra rimandi a un combattimento perpetuo, che lascia feriti sul campo. E’ la periferia-roccaforte di Palermo dove nella notte è scattato il maxi blitz dei carabinieri con l’esecuzione di 58 misure cautelari. Baby pusher in bici agli ordini dei grandi; e le donne con ruoli di responsabilità, pronte a subentrare agli uomini se arrestati. “Quando stamattina presto mi hanno girato il primo articolo, ho avvertito una fitta dolorosa”, racconta Di Bartolo, “la cosa più pericolosa è assuefarsi a queste notizie e abbiamo sempre impedito che ciò avvenisse. Il fatto che alcuni di questi arrestati nel 2018, quando è partita l’indagine, fossero minorenni, chiaramente fa sì che la scuola sia coinvolta e si interroghi. E lo facciamo sempre”.

Il tam tam delle notizie del resto si è diffuso, aggiunge la preside, “tra noi operatori e insegnanti che lavoriamo ogni giorno. Una professoressa, presa dallo scoramento, mi ha detto: ‘E’ allora è inutile quello che facciamo…’. Le ho risposto che semmai è la conferma di quanto sia importante e necessaria la scuola, ma non è sufficiente. Non è la scuola che deve mollare e non lo faremo mai; sono gli altri, semmai, che devono venire qui. Tutti: a partire dai ministri dell’Interno, delle Infrastrutture, delle Politiche sociali, dell’Economia; per vedere cosa accade allo Sperone e per dare risposte di sviluppo”. 

Da anni accadono queste cose, sottolinea la dirigente scolastica; da maggio sono state tre le operazioni di grande impatto in questa porzione di città. La risposta, però, avverte Antonella Di Bartolo, “non può essere solo repressiva. Vengano a conoscere quello che accade – rilancia quella che è più di una provocazione rivolta al governo Draghi – ciò che facciamo, e si intervenga dal punto di vista sociale, economico, di adeguamento dei servizi e delle infrastrutture. Non intendo indugiare in scusanti, però dico che alternative spesso queste persone del quartiere non ne hanno. Dobbiamo costruirle e non tocca solo alla scuola agire, né soltanto alle forze dell’ordine. Occorre dunque chiedersi non solo cosa c’è da fare nella scuola – e noi rispondiamo ogni giorno con una attività intensa – ma compiere un ulteriore passo”.

Insomma, lo Sperone “non è la trincea della singola scuola, della caserma dei carabinieri o del commissariato di polizia, ma di tutti. Lo Sperone – dice ancora ad AGI la preside – è il luogo dove è stato demolito un asilo e non ne esiste uno nuovo, nonostante i progetti innovativi che sono rimasti nei cassetti. Così come il centro sociale, a un passo da qui, diventano un luogo di abbandono, di pericolo, di morte. Siamo tanti e alcuni sono andati via perché non reggevano più la pressione psicologica… non siamo carne da macello, non lo sono le forze dell’ordine…”.

Anche i commenti sui social e in giro dopo questa operazione, nota Antonella Di Bartolo, inchiodano una volta di più lo Sperone al pregiudizio, “mentre sono tante le persone operose e perbene, tantissimi i bimbi e i ragazzi promettenti, ma non possiamo lasciarli soli dentro una sorta di cittadella assediata e senza speranza. E’ il tempo delle risposte vere, di un impegno serio, soprattutto in termini di misure di sviluppo, recupero del mare che qui è a un passo, dell’ambiente, di servizi e opere pubbliche… e il centro sociale, l’asilo nido promesso, gli educatori di strada, gli assistenti sociali”. Non c’è alternativa, perché “il costo lo paghiamo tutti e nessuno può non sentirsi coinvolto. Venite tutti a guardare, andate per le strade, le strade raccontano… Saprete e sapranno vedere, ascoltare e finalmente agire?“. 

Source: agi