Di Paolo Lepri
Èarrivato il momento di ritrovare la pietà perduta, mentre i carri armati israeliani entrano a Gaza e la catastrofe attesa in questi giorni drammatici seguiti al massacro del 7 ottobre rischia di materializzarsi in uno scenario al quale il mondo non avrebbe voluto assistere. Mentre nuove vittime innocenti si aggiungono alla spirale della distruzione, la memoria fa riaffiorare le parole del franco-israeliano Ofer Bronchtein, già collaboratore di Yitzhak Rabin, contenute in una lettera ad un amico palestinese pubblicata da Le Monde: «La collera che evochi di fronte alla situazione del tuo popolo è legittima. Ma il tuo silenzio di fronte al dolore del mio è insopportabile». Bisogna adesso sconfiggere ogni silenzio. Quanto è avvenuto nei kibbutz ai confini di Gaza e al rave party di Reim — che è all’origine di quello che sta accadendo in queste ore — è stato accompagnato spesso da un allarmante deficit di solidarietà: un deficit di solidarietà e (di empatia) che è venuto prima, si potrebbe dire, della condanna per le troppe vittime innocenti provocate dalla reazione dello Stato ebraico e che la denuncia per le bombe israeliane sui civili palestinesi sta via via cancellando ulteriormente, laddove esisteva, in una perversa classifica di gravità dell’orrore.
Iproverbi riconducono la complessità umana alla concretezza della realtà. Uno utile all’analisi delle criticità del Sistema sanitario nazionale (SSN) dice così: non si può avere uovo, gallina e starsene al caldo. Cioè non si possono avere tutti i benefici da elementi in equilibrio tra loro senza negoziare su qualcosa. Sembra intuitivo ma non lo è quando lo si riporta al ben più articolato equilibrio tra due modi di guardare al SSN.
Il primo è quello dei cittadini e delle forze politiche quando si trovano all’opposizione che pretendono accessibilità, efficacia e qualità (cioè che le finalità del SSN siano rese effettive). Il secondo è quello di chi gestisce la salute pubblica e delle forze politiche quando sono al governo che hanno la responsabilità di rendere efficienti erogazione, finanziamento e controllo (cioè determinare la massima capacità produttiva del SSN). Immaginiamo le due prospettive agli estremi dell’asse di un’altalena; l’altezza di ognuna è influenzata dal peso relativo dei tre elementi che le costituiscono. Come raggiungere un equilibrio che soddisfi ciò che i cittadini attendono e crei le condizioni di un’efficiente gestione?
Iniziando ad eliminare i pesi inutili, cioè posizioni semplicistiche, slogan utili a riempire le piazze ma vuoti di conoscenza tecnica, privi di concretezza esecutiva e responsabili di non contribuire alla consapevolezza e senso di responsabilità dei cittadini, i cui comportamenti sono molto rilevanti. Quante volte si urla «salute pubblica gratis» senza pensare che è una sciocchezza se non altro per le tasse che paghiamo e il peso dell’80% sul bilancio delle Regioni? In quanti dibattici pubblici si è potuto affrontare con onestà intellettuale la proposta di chiudere un ospedale perché un altro esiste a pochi chilometri di distanza? A quante visite ambulatoriali prenotate non ci si presenta senza avvisare? Quante volte è sfruttata l’urgenza differita per saltare la lista d’attesa? Quante volte si va in Pronto Soccorso per necessità non urgenti?
Il senso di responsabilità collettiva è uno dei binari su cui corre la nostra possibilità di far funzionare al meglio il SSN che è un’economia speciale dentro il Paese, anzi dentro l’Europa, da considerare come l’insieme delle «regole della casa» prendendo in prestito le parole dell’ultimo libro di Giuseppe Morici che peraltro ricorda come in economia non sia solo questione di soldi. È indubbio che senza soldi non si fanno riforme e il governo ne ha stanziati di più. Ora serve applicare un piano contestualizzato di riforme, alcune già menzionate dal ministero, che guardi alla competitività nell’attrazione del personale, trasferimento tecnologico e ricerca biomedica per rendere il sistema più efficiente.
Quello delle liste d’attesa è un buon esempio di analisi dell’equilibrio tra erogazione, finanziamento e controllo in relazione all’effetto desiderato, cioè accessibilità, efficienza e qualità. Tutti vorrebbero che l’equilibrio tra domanda e offerta fosse perfetto e garantito dal sistema pubblico. Così ogni richiesta troverebbe disponibilità immediata, di massima qualità e preferibilmente sotto casa. Questo è semplicemente irrealizzabile e infatti non avviene in alcun Paese europeo.
Domanda e offerta sono influenzate da vari fattori. L’offerta è misurata sulla disponibilità delle strutture pubbliche e private accreditate che acquistano un numero massimo di prestazioni specialistiche definito dalle Regioni. La domanda incide sui sistemi pubblico (inclusa la libera professione intramoenia) e privato. Il tempo d’attesa dipende dal rapporto tra domanda e offerta. È intuitivo che le soluzioni non possano che essere due, e non mutualmente esclusive: 1) la disponibilità di offerta aumenta; 2) il controllo sulla domanda migliora.
L’offerta pubblica aumenta se aumenta il numero dei medici disponibili, il che permetterebbe una migliore gestione del personale ospedaliero in relazione a vari aspetti come, ad esempio, il riposo obbligato di 11 ore prima e dopo le guardie notturne. Questo è favorito da competitività salariale e percorsi di carriera con premialità per posizioni organizzative, possibilità esistente ma non applicabile in modo efficace. Il privato accreditato, che bisogna smettere di additare come causa di tutti i mali, deve espandere il tetto delle prestazioni regionali alle quali i cittadini accedono mediante un centro di prenotazione unico pagando il ticket esattamente come nelle strutture pubbliche.
Il controllo sulla domanda migliora se migliora l’appropriatezza della presa in carico dei pazienti mediante percorsi diagnostici informatizzati e condivisi tra medici di medicina generale e specialisti territoriali, ospedalieri e dei centri specializzati al fine di indirizzare le richieste, adattare terapie, evitare sovrapposizioni. Dove nel processo è stato incluso un case manager formato per specifiche aree cliniche l’efficienza gestionale è molto migliorata. Appropriatezza significa concentrare le risorse per patologie complesse a elevato impatto tecnologico e costo (es. neurochirurgia) in pochi centri specializzati che già esistono (tra cui gli IRCCS) creando le condizioni affinché i pazienti siano riferiti più rapidamente. Significa valorizzare la professionalità degli ospedali sul territorio dove la prima valutazione specialistica è spesso sufficiente e deve avvenire la selezione di pazienti che necessitano di seconda opinione. La qualità, anche percepita dai pazienti, migliora se chi lavora a ogni livello decisionale percepisce la rilevanza del proprio ruolo al funzionamento di un sistema di enorme qualità e prezioso per tutti, che deve recuperare la fiducia dei cittadini e dei medici che ci lavorano. Succede se ci si crede e ognuno sale sull’altalena per contribuire a controllarne l’oscillazione.
Fonte: corriere