La pietà e il terrore. Di tutti noi


Di Fulvio Giuliani

Impensabile, incommentabile, inconcepibile eppure possibile. Possibilissimo. La fine della piccola Stella, che ha perso la vita dimenticata in un’automobile, ci costringe a tornare a fare i conti con tragedie apparentemente inspiegabili nella loro atroce banalità.

È già accaduto, non abbiamo alcuna garanzia che non accada di nuovo. Nonostante le nuove norme, i dispositivi di sicurezza, i dibattiti, le attenzioni. Nulla ci metterà mai realmente al riparo dai misteri insormontabili del nostro cervello, dagli interruttori che scattano o meno, dall’atroce certezza che nessuno è immune, nessuno può alzarsi in piedi e dire in piena coscienza: “A me non poteva, non può capitare”. A prova di tutto ciò, mentre eravamo ancora sconvolti da una notizia francamente illeggibile per tanti di noi, a Prato un’altra bambina di due anni è stata salvata dai vigili urbani, dimenticata a sua volta in auto.

Solo persone sommamente presuntuose e insensibili possono approcciare a fatti di cronaca come questi moraleggiando con sufficienza sulla base dell’“A me non accadrebbe mai“, “Avevano controllato e usato il dispositivo di emergenza?“, “ Dove aveva la testa quel padre?“. Qualsiasi essere umano di media sensibilità sa perfettamente come invece possa accadere proprio a tutti, come il black out improvviso sia un rischio, una paura sorda e assoluta che vive qualsiasi genitore consapevole dei propri limiti, delle proprie fatiche, persino di quelle routine che dovrebbero aiutarci e talvolta finiscono per diventare tragiche trappole.

Non è solo un tema di pietà umana – basta una manciata di secondi per provare una sensazione di pura angoscia, pensando al presente e al futuro di quel padre – è una scelta di consapevolezza: siamo fragili, siamo altamente fallibili, possiamo involontariamente arrecare danno a chi amiamo di più al mondo, proprio perché siamo donne e uomini. Abbiamo bisogno di aiuto, sempre.

Fonte: La Ragione