AGI – Artemisia Gentileschi approda alla National Gallery di Londra per la prima mostra che il Regno Unito dedica alla ribelle pittrice italiana del Seicento, paladina delle donne e simbolo della lotta contro la violenza maschile. Rinviata lo scorso aprile a causa del lockdown per il Covid-19, apre ogg nelle sale della Sainsbury Wing e sarà visitabile fino al 24 gennaio 2021, con obbligo di prenotazione online nel rispetto delle misure di distanziamento sociale.
“Artemisia” è il titolo dell’esposizione, che inaugura il percorso con la frase più conosciuta della pittrice romana, figlia di Orazio Gentileschi – “Mostrerò a Vostra Illustre Signoria cosa può fare una donna” – poche parole che racchiudono il suo motto esistenziale, un vero e proprio manifesto. È un omaggio ad Artemisia artista e donna ribelle, che ha sfidato l’Italia e l’Europa del suo tempo e che nel corso dei secoli ha continuato ad essere un simbolo di forza e coraggio femminile, una guerriera che combatte contro soprusi e ingiustizie. Una figura ancora oggi di grande ispirazione, non solo nel campo artistico.
La mostra di Londra ripercorre la vita di Artemisia in tutte le sue principali fasi e battaglie, sia sul piano personale che artistico, un lungo peregrinare che da Roma – dov’è nata l’8 luglio 1593 – la porta a Londra passando per Firenze, Venezia e Napoli. Un percorso irto di sfide, crisi e avversità che l’artista ha sempre affrontato a testa alta, sfidando e sconfiggendo i pregiudizi di una società chiusa e maschilista, nella quale è riuscita a ritagliarsi uno spazio di creatività, vitale per esistere e resistere.
Tra i momenti salienti della sua vita, raffigurati nei suoi quadri straordinari, c’è stato il lungo processo per lo stupro da lei subita nel 1611 da parte del pittore Agostino Tassi, amico del padre Orazio Gentileschi e suo maestro di disegno, conclusosi con la condanna del violentatore. A seguire un matrimonio con un altro artista, Pierantonio Stiattesi, ma soprattutto tanti drammi, passioni e successi che hanno fatto di lei un’icona. Soprannominata la Pittora, Artemisia ha messo nell’arte tutti i sentimenti vissuti, spesso contrastanti, tra passione, violenza e vendetta, producendo opere forti caratterizzate da giochi di luci ed ombre. Una volta trasferita a Firenze, esce dalla sfera di influenza del padre ed è la prima donna a entrare nell’Accademia d’arte a Firenze affermandosi anche fuori dai confini nazionali.
“Con il talento ha superato ogni ostacolo in una società estremamente maschilista come quella del XVII secolo” ha detto Gabriele Maria Finaldi, direttore della National Gallery. La mostra è stata curata da Letizia Treves e organizzata con la sponsorizzazione di Banca Intesa Sanpaolo e il supporto di Google Arts & Culture. “Era praticamente segregata, qualcosa di orrendo per lei. Sin dall’età di 16 anni dipinge in maniera indipendente, con una prospettiva femminile unica” nota la curatrice dell’esposizione londinese, sottolineando che “aveva anche una tattica molto intelligente di marketing, mettendo se stessa al centro, un po’ come faceva Rembrandt”.
Tra i capolavori esposti a Londra, “Susanna e i vecchioni” del 1610, la prima opera datata e firmata da Artemisia Gentileschi, “Giuditta e la sua Ancella”, seguita da “Cleopatra”, “Danae” e poi l’inedito con un’altra celebre frase di Artemisia – “È vero, è vero, è vero” – trascrizione del processo contro Tassi nel 1612. Tanti autoritratti del periodo fiorentino e due versioni del suo capolavoro assoluto “Giuditta che decapita Oloferne”, affiancate per la prima volta. Un’intera sala è dedicata ai 20 anni trascorsi a Napoli, dove ha fondato uno studio con la figlia, Prudenza.
Il percorso si conclude con la sua breve parentesi londinese, assieme al padre, allora alla corte di Carlo I, con il suo “Autoritratto come allegoria della pittura” o “La pittura” (1638-9). In occasione della mostra, il quotidiano New Yorker ha pubblicato un ritratto rivisitato di Artemisia Gentileschi, che getta nuova luce sul personaggio e sul suo percorso di vita. “La pittrice pioniera è sopravvissuta a uno stupro, ma ora gli studiosi stanno lavorando contro l’idea che il suo lavoro ne sia stato orientato, celebrando invece il ricco sfruttamento della maternità, della passione e dell’ambizione”.
Vedi: La National Gallery sfida il Covid con una mostra su Artemisia Gentileschi
Fonte: cultura agi