La moneta unica europea


La moneta unica europea

Cenni storici

Nel giugno 1988 il Consiglio europeo confermò l’obiettivo – già enunciato nel Trattato di Roma del 1957 istitutivo della Comunità economica europea – della progressiva realizzazione di un’unione economica e monetaria, assegnando a un comitato guidato da Jacques Delors, all’epoca Presidente della Commissione europea, il mandato di elaborare un programma concreto per il suo conseguimento.

Il Rapporto Delors del 17 aprile 1989 raccomandava di articolare la realizzazione dell’Unione economica e monetaria in tre fasi distinte ma progressive.

La Prima fase doveva incentrarsi sul completamento del mercato interno, sulla riduzione delle disparità tra le politiche economiche degli Stati membri, sulla rimozione di tutti gli ostacoli all’integrazione finanziaria e sull’intensificazione della cooperazione monetaria.

La Seconda fase, che doveva costituire un periodo di transizione prima della tappa finale, prevedeva l’istituzione degli organi fondamentali e della struttura organizzativa dell’UEM nonché il rafforzamento della convergenza economica.

La Terza fase comportava la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio e la piena assegnazione delle rispettive competenze in ambito monetario ed economico alle istituzioni e agli organi della Comunità.

Attenendosi alle raccomandazioni del Rapporto Delors, nel giugno 1989 il Consiglio europeo decise che la Prima fase di costituzione dell’Unione economica e monetaria (UEM) sarebbe iniziata il 1° luglio 1990 con la libera circolazione di capitali.

Le date di avvio delle due fasi successive furono indicate dal Trattato sull’Unione europea firmato a Maastricht nel 1992. La seconda iniziò il 1° gennaio 1994 quando fu costituito l’Istituto monetario europeo, con il mandato di rafforzare la cooperazione fra le banche centrali e il coordinamento delle politiche monetarie, preparando l’avvio di una moneta e di una politica monetaria comuni.

Il 3 maggio 1998 il Consiglio europeo decise che 11 degli allora 15 Stati membri dell’Unione europea (Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna) soddisfacevano i criteri di convergenza economica (alto grado di stabilità dei prezzi, solidità della finanza pubblica, tasso di cambio stabile, tassi di interesse a lungo termine bassi) e legale (indipendenza della banca centrale nazionale) fissati dal Trattato CE ai fini dell’ingresso nell’UEM e il 31 dicembre 1998 fissò, per le rispettive valute, tassi di conversione irrevocabili con l’euro.

Il 25 maggio 1998 i governi degli 11 Stati membri partecipanti nominarono il Presidente, il Vicepresidente e gli altri quattro membri del Comitato esecutivo della BCE, con effetto il 1° giugno 1998, data di istituzione della BCE. La BCE e le banche centrali nazionali degli Stati membri partecipanti costituiscono l’Eurosistema, che formula e definisce la politica monetaria unica nella Terza fase dell’UEM. Con l’istituzione della BCE, l’IME concluse il suo mandato e fu pertanto posto in liquidazione.

Gli 11 Stati membri partecipanti adottarono l’euro quale moneta unica con l’avvio della terza fase dell’UEM, il 1° gennaio 1999, data a partire dalla quale la conduzione della politica monetaria è affidata all’Eurosistema e alla Banca centrale europea.

Nei primi tre anni dell’UEM l’euro ha svolto il ruolo di moneta scritturale. Il contante in euro è stato introdotto il 1° gennaio 2002.

A seguito della verifica dei criteri di convergenza stabiliti nel Trattato CE, sono entrate nell’area dell’euro la Grecia, dal 1° gennaio 2001, la Slovenia, dal 1° gennaio 2007, Cipro e Malta dal 1° gennaio 2008, la Slovacchia dal 1° gennaio 2009, l’Estonia dal 1° gennaio 2011, la Lettonia dal 1° gennaio 2014, la Lituania dal 1° gennaio 2015, la Croazia dal 1° gennaio 2023.

Allargamento dell’Unione europea

Il 1° gennaio 1999, quando ebbe inizio la terza fase dell’UEM, tre Stati membri dell’Unione europea (Danimarca, Regno Unito e Svezia) non aderirono alla moneta unica.

Il 1° maggio 2004 si sono aggiunti all’Unione europea dieci nuovi membri – Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria – seguiti, il 1° gennaio 2007, da Bulgaria e Romania. Dal 1° luglio 2013 la Croazia è membro dell’Unione Europea. Fra questi Paesi, hanno finora aderito all’area dell’euro: la Slovenia, il 1° gennaio 2007; Cipro e Malta, il 1° gennaio 2008; la Slovacchia, il 1° gennaio 2009; l’Estonia, il 1° gennaio 2011; la Lettonia dal 1° gennaio 2014, la Lituania dal 1° gennaio 2015, la Croazia dal 1° gennaio 2023.

Mentre la Danimarca e il Regno Unito godono di uno status speciale (sancito dai protocolli allegati al Trattato) che attribuisce loro la riserva di adesione successiva, tutti gli altri hanno lo status di Stato membro con deroga, ai sensi dell’articolo 122 del trattato CE.

L’appartenenza degli Stati all’UE comporta che le rispettive BCN siano integrate nel SEBC, che i loro governatori siano membri a pieno titolo del Consiglio generale della BCE e che i loro esperti partecipino alle riunioni dei comitati del SEBC ogniqualvolta si trattino questioni rientranti nella sfera di competenza del Consiglio generale.

Affinché uno Stato dell’UE possa entrare nell’area dell’euro, deve dimostrare di soddisfare i criteri di convergenza previsti dal Trattato CE.

Criteri di convergenza

I criteri di convergenza per la valutazione dell’idoneità di un paese ad adottare la moneta unica, sono stati fissati dall’articolo 121, paragrafo 1, del Trattato CE e ulteriormente specificati nel Protocollo n. 21 allegato al Trattato CE. Le modalità di applicazione dei criteri sono state successivamente definite dalla BCE.

Essi includono:

la stabilità dei prezzi: il tasso medio di inflazione, negli ultimi dodici mesi prima della valutazione, non deve eccedere di oltre l’1,5% quello medio dei 3 Paesi membri con l’inflazione più bassa

la sostenibilità della situazione della finanza pubblica: l’indebitamento netto e il debito delle amministrazioni pubbliche non devono essere superiori, rispettivamente, al 3% e al 60% del PIL, a meno che non se ne osservi un calo sostanziale e prolungato

la stabilità del tasso di cambio: la quotazione della valuta nazionale deve collocarsi, per almeno due anni, all’interno dei margini normali di fluttuazione fissati negli accordi di cambio senza svalutazioni nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro

la convergenza dei tassi di interesse a lungo termine: il tasso di interesse nominale a lungo termine (sui titoli di Stato o titoli analoghi), osservato in media nell’arco di un anno prima dell’esame, non deve eccedere di oltre 2 punti percentuali quello medio dei 3 Paesi membri con l’inflazione più bassa.