La Lega degli Stati Arabi (Jāmi‘at al-Duwal al-‘Arabiyya) nasce nel 1945 con lo scopo di rafforzare i legami fra gli Stati arabi e di coordinare le loro politiche al fine di promuovere il benessere e l’unità del mondo arabo. Oggi riunisce 22 Stati. Il ruolo e l’importanza della Lega Araba, organizzazione da sempre rilevante ma ricca di contrasti e contraddizioni, sembrano enormemente cresciuti nell’ultimo periodo, e forse si può dire proprio negli ultimi mesi, considerando che a marzo il summit della Lega a Damasco è stato un fallimento ma che nel volgere di breve tempo il clima sembra radicalmente cambiato. La brusca accelerazione si è innestata su un background che risale più indietro di qualche anno, ma comunque è caratterizzata soprattutto da una diversa prospettiva politica-strategica che sta prendendo piede tra i leader arabi, mutando dall’interno alcune visioni geopolitiche che hanno caratterizzato i decenni passati. Esempio eclatante è il rapporto con Israele. I governi arabi stanno ridefinendo le loro priorità e i loro interessi, trovando oggi un maggior vantaggio nel lavorare uniti piuttosto che nel dare seguito ai contrasti inter-arabi. Scelta questa derivata da molti fattori, ma che si colloca perfettamente all’interno delle necessità della globalizzazione incalzante, la quale offre sfide e opportunità crescenti a livello planetario 3 come mai prima. Un piano di confronto dove si è più forti collaborando tra entità omogenee piuttosto che sprecando energie scontrandosi per un predominio locale. L’economia, dunque, con l’apertura dei mercati globali e il flusso di entrate consentito dalla crescita esponenziale del prezzo del petrolio, è un elemento trainante che spinge i Paesi arabi a collaborare piuttosto che a sfidarsi. Questo permette loro di lavorare uniti anche per guadagnare spazi nei nuovi mercati e di approfittare del minor potere di controllo che hanno ora gli Stati Uniti che non sono più l’unico interlocutore politico-militare e soprattutto economico. Se in passato c’era da scegliere tra Stati Uniti con i loro alleati europei oppure Unione Sovietica, con pochi margini di manovra nei mercati alternativi tutti di poco valore, in un mondo non davvero concorrenziale, e se nel breve decennio seguente gli Stati Uniti sono rimasti l’unica superpotenza dominante, col nuovo millennio sono emersi con forza nuovi protagonisti capaci di modificare radicalmente le regole dell’economia e del mercato globale, come Cina, India, Russia, i Paesi dell’Estremo Oriente e anche quelli dell’America Latina. Il “blocco arabo” vuole trattare con loro e allo stesso tempo essere a sua volta uno dei nuovi protagonisti di primo piano. Su questi nuovi scenari, unitamente ai precedenti campi di azione commerciale come Stati Uniti ed Europa (nei quali però si gioca con regole nuove e con una più specifica ed aggressiva capacità finanziaria), i Paesi arabi stanno imparando a collaborare per massimizzare i profitti, seppur mantenendo ciascuno le proprie specificità e anche una certa reciproca concorrenzialità. Anche in questo contesto economico la Lega Araba è uno dei canali che risulta più utile. Ma il ruolo della Lega Araba resta eminentemente politico, e anche in questo ambito sono evidentemente in corso trasformazioni epocali. Intanto Israele non è più il nemico, bensì una realtà con cui è possibile trattare e convivere, e magari persino collaborare su terreni di comune interesse, compresi quelli commerciali. Al contrario nuove minacce sono scese in campo contro i regimi arabi, vale a dire da un lato l’estremismo religioso sunnita che sconfina nel terrorismo e dal lato opposto la rinascita sciita che attraversa molti dei Paesi arabi e che vede nell’Iran persiano la potenza che ha ambizioni di egemonia sul Medio Oriente. Con queste minacce come 4 sfondo, gli interessi economici globali e l’accettazione di fatto di Israele, i Paesi riuniti nella Lega hanno cominciato ad affrontare in modo diverso anche le problematiche relative alle varie questioni interne o bilaterali.
Fonte: https://www.senato.it/