La guerra è un crimine. E Putin è dalla parte del torto senza se e senza ma


di Antonello Longo

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L’immagine, care lettrici e cari lettori, che potete vedere come sfondo alla titolazione di quest’articolo è stata ripresa da un lancio dell’agenzia AGI delle ore 2,33 del 5 marzo ultimo scorso. È una fotografia, una delle tante, di case distrutte e in fiamme dopo un raid aereo russo nella città di Irpin, nella regione di Kiev.

La notizia riguarda “i prossimi colloqui tra Ucraina e Russia per cercare una soluzione alla crisi” che “si terranno in Bielorussia, già all’inizio della prossima (cioè di questa) settimana” per un terzo round di trattative, anche se un’intesa sui corridoi umanitari era già stata trovata ma poi disattesa, con le due parti a contendersi la responsabilità.

Il dato di fatto è che il dramma umanitario non ferma Putin, l’autocrate russo andrà avanti nella sua guerra contro l’Ucraina, non tanto per fermare la prospettiva dell’ingresso di questo paese nella Nato o nell’Unione europea, ma soprattutto perché ritiene che una nazione ucraina, semplicemente,  non esiste, che sia soltanto “l’anti-russia creata dall’occidente” e, in quanto tale, deve tornare sotto l’ala russa o essere distrutta. “L’operazione procede secondo i piani – ha detto parlando ai membri del Consiglio di Sicurezza russo riunito a Mosca – Siamo in guerra con neonazisti. Le forze ucraine usano civili come scudi umani”.

Ora, che un regime autoritario ricorra a tutti i mezzi della propaganda per giustificare, più davanti all’opinione pubblica del proprio paese che per il mondo esterno, l’aggressione di uno stato sovrano è cosa comprensibile, scontata. Meno ovvia invece è l’eco che certe motivazioni trovano in Italia in ragionamenti rivolti, se non proprio a giustificare l’aggressione dell’Ucraina, ad insinuare che in fondo Kiev l’atroce destino di questi giorni se lo merita alquanto.

Non amo i depositari di verità assolute e propendo sempre per lo spirito critico, per la virtù del dubbio. Ma quando i fatti rilevano in modo incontestabile i nostri ragionamenti non possono non tenerne conto. L’Ucraina è, dal 1991, uno stato indipendente, riconosciuta come tale dalla RSFS Russa (Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa) dell’allora presidente Boris Eltsin. La Russia del presidente Putin ne ha oggi violato le frontiere penetrando in armi, da terra, dal mare e dal cielo, nel territorio, al di là delle zone del Donbass di cui ha unilateralmente riconosciuto l’indipendenza.

Se vi sono ragioni per ritenere che la NATO abbia sbagliato nell’estendersi verso l’Est europeo, che la visione dell’UE sia stata miope, se alla politica dell’Ucraina negli anni si possono addebitare molte zone d’ombra e persino qualche crimine, tutto questo può aiutarci a capire gli avvenimenti, ma non a giustificare un’invasione manu militari, a dirsi equidistanti tra aggressore ed aggredito.   La guerra scatenata da Putin, comunque motivata, è un crimine. E di fronte all’enorme sproporzione di forze, alle drammatiche sorti umane della popolazione civile ucraina, alla mira dichiarata e violenta di ridurre l’Ucraina ad un deserto o una provincia della Russia, io non sono affatto equidistante, Putin è dalla parte del torto senza se e senza ma.

Intellettuali, politici e giornalisti occidentali  sono liberi di ritenere che l’Ucraina farebbe meglio, per ragioni di opportunità, a mantenersi neutrale ed a privarsi di ogni difesa militare per non disturbare l’ingombrante vicino e risparmiare al suo popolo le indicibili sofferenze cui oggi è sottoposto. Ma, per essere intellettualmente onesti, non possiamo accettare che queste scelte vengano imposte ad un popolo sovrano ed alle sue legittime istituzioni, né dalla Russia né dall’opinione occidentale.

Il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali  è l’alfa e l’omega della nostra concezione del mondo e deve quindi essere premessa e conclusione di ogni argomento che riguardi questa guerra scoppiata nel cuore dell’Europa. Non c’è dubbio alcuno che non con le armi ma con la forza della politica e della diplomazia va cercata la pace. Ma non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza libertà. E questi valori, quando si arriva all’atto pratico, non devono restare vane parole.

Siamo stanchi di vedere che questo mondo è un mattatoio senza fine, perenne teatro di guerra, fame, distruzione, genocidio e oppressione, tortura, repressione. E fanatismo, furore omicida e liberticida. E razzismo e discriminazione sessuale, etnica, religiosa, politica. Fa disperare vedere veleni e peste chimica dell’aria, dell’acqua, e morte della natura sulla terra. E ricchezze senza limiti e abissi di miseria. Adesso i carri armati, di nuovo, nel cuore della vecchia Europa. Spero, almeno, che l’iniziativa umanitaria non resti una fiammata del momento, una goccia nel mare.

(Nella foto: abitazioni distrutte a Irpin dopo un raid aereo. © Aris Messinis / Afp)