Da una parte il ricatto, dal’altro il piano segreto per mettere in un angolo il ricattattore. Se i rapporti tra Budapest e Bruxelles erano tesi da tempo, le rivelazioni del Financial Times sull’esistenza di un progetto per sabotare l’economia ungherese se Viktor Orban bloccherà nuovamente un pacchetto di sostegno da 50 miliardi di euro per l’Ucraina non avranno di certo l’effetto di rilassarli.
Il piano riflette l’insofferenza che cresce nelle capitali europee per quella che un diplomatico ha definito la “politica di ricatto” perseguita dal primo ministro ungherese, alla guida del governo più filo-russo del blocco.
Secondo il FT, la strategia prevede di prendere di mira l’economia ungherese, indebolendo la sua valuta e riducendo la fiducia degli investitori. La ‘trappola’ dovrebbe scattare se, “in caso di mancato accordo nel vertice del 1 febbraio, gli altri capi di Stato e di governo dichiarerebbero pubblicamente che, alla luce del comportamento non costruttivo del Primo Ministro ungherese ” non si può procedere con i finanziamenti per Kiev.
Nelle capitali europee si spera ancora in un accordo con Orban e la fuga di notizie viene vista come una mossa politica ad alto rischio che potrebbe ritorcersi contro l’Unione. La valuta ungherese, il fiorino, si è svalutata dello 0,7%, scendendo brevemente ai minimi contro l’euro visti l’ultima volta in ottobre.
L’economia ungherese dipende fortemente dal mercato unico: secondo i dati della Commissione europea, il commercio intra-UE rappresenta il 78% delle esportazioni dell’Ungheria (Germania 28%, Romania, Slovacchia, Austria e Italia tutti il 5%), mentre il 3% va verso gli Stati Uniti e il 3% verso il Regno Unito.
L’Ue ha già tentato di utilizzare i fondi come strumento per costringere l’Ungheria ad allinearsi sulle politiche e sull’applicazione dello stato di diritto, un requisito fondamentale per l’adesione al blocco: 20 miliardi di euro di fondi sono congelati a causa delle preoccupazioni sui diritti LGBTQ+ e su altre questioni.
Janos Boka, ministro ungherese dell’UE, ha dichiarato al FT che il suo paese “non cede alle pressioni” e che non vi è alcun collegamento tra la questione dei finanziamenti all’Ucraina e l’accesso ai fondi Ue. “L’Ungheria ha partecipato e continuerà a partecipare in modo costruttivo ai negoziati”, ha affermato.
Salvo poi rilanciare su X con toni più aspri: “Il documento, redatto dai burocrati di Bruxelles, non fa altro che confermare ciò che il governo ungherese afferma da tempo: l’accesso ai fondi Ue viene utilizzato per il ricatto politico da parte di Bruxelles”.
Ma numerosi fonti europee evidenziano che sono i partner ad averne abbastanza del ricatto ungherese. “La realtà è che l’Ungheria non è stata molto flessibile su questo. Il livello di frustrazione degli Stati membri è in crescita” ha detto un diplomatico citato dal Guardian, mentre secondo un altro l’Europa “inizia a sembrare debole”, poiché l’Ungheria ripetutamente ostacola o cerca di bloccarne le decisioni.
Il documento è una nota informativa scritta dalla segreteria del Consiglio sotto la propria responsabilità e potrebbe essere trapelato per aumentare la pressione su Orbán prima della riunione di giovedì. Già venerdì era emerso che diversi Stati membri stanno spingendo per l’attivazione dell’articolo 7 del trattato dell’Unione Europea per privare l’Ungheria del diritto di voto se Orbàn continua a minarne il potere decisionale.
La preoccupazione per le manovre di Budapest è tale che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha abbandonato il suo piano di dimettersi a luglio nel timore che Orban potesse assumere la presidenza temporanea dei vertici. (AGI)