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Quella di sopra è un’immagine indimenticabile che suscita emozioni ancora oggi – il 9 novembre del 1989 migliaia di berlinesi scavalcano il muro di Berlino. Il giorno prima era ancora un confine insuperabile dove si sparava a chiunque si avvicinava. È stato un confine che spaccava in due non solo Berlino ma tutta l’Europa. Un anno dopo, il 3 ottobre fu il giorno della riunificazione, che dopo è diventato la nuova festa nazionale della Germania. Ma oggi, a più di 20 anni dalla riunificazione, la Germania è ancora lontana dall’essere un paese veramente unito. I 40 anni di divisione hanno lasciato dei segni che non si cancellano in poco tempo e il muro sembra essere sopravvissuto in molte teste.
1945 – La Germania è in macerie:
La Germania nel 1945 – una foto di Dresda
fonte: Deutsche Fotothek
Il 30 aprile del 1945 Hitler si suicida nel suo bunker a Berlino. In quel momento il paese è già ridotto a un campo di macerie.
Tre anni di continui bombardamenti, che miravano a spezzare il morale della popolazione, hanno totalmente distrutto le città tedesche fino a trasformarle in paesaggi lunari. Per avere una idea della vastità delle distruzioni solo alcune cifre: In 10 giorni, nel luglio del 1943, 3000 aerei scaricavano sopra Amburgo circa. 3 milioni di bombe incendiarie insieme a 25.000 bombe esplosive. In una unica notte a Francoforte sempre nel 1943 caddero 250.000 bombe incendiarie e 4.000 bombe esplosive. 131 città furono bombardate e il totale delle distruzioni a Berlino, Francoforte, Düsseldorf, Colonia, Dresda, Amburgo era tra il 40 e il 90 % di tutte le abitazioni. Per tre anni, gran parte della popolazione era costretta a vivere nei rifugi antiaerei e circa 600.000 persone vi morirono. Tra le macerie cominciarono a muoversi interminabili fiumi di profughi. Persone in fuga davanti all’avanzare dell’armata rossa, tedeschi cacciati dalle loro case e dalle loro terre. 12 milioni di profughi si trovavano per strada, tra un campo di accoglimento sovraffollato e l’altro. Tra il 1945 e il 1946, la guerra è già finita, nei treni o sulle strade muoiono così ancora 2 milioni di tedeschi, per la fame, per le fatiche o per malattie che nessuno poteva curare.
La tragedia della Germania alla fine della guerra era terribile. Ma le atrocità degli altri certamente non attenuano la responsabilità della Germania. Tutto questo era soltanto un riflesso di quello che il nazismo aveva fatto ai popoli dell’Europa, era soltanto l’ultimo atto di una guerra che Hitler aveva fortemente voluto, che aveva, fin dall’inizio della sua carriera politica, preparato prima ideologicamente e poi anche materialmente, di una guerra che nessun altro in Europa aveva voluto o cercato. E anche dopo più di 60 anni l’ombra di Hitler è ancora presente.
L’anno 0 della Germania:
Nel 1945 lo stato nazista non esiste più, la Germania è occupata dalle truppe americane, sovietiche, inglesi e francesi. Il morale della popolazione è a terra, la fine della guerra è vista da molti con un misto di sollievo per la fine del terrore della guerra e di angoscia per la vendetta dei vincitori. La preoccupazione per la semplice sopravvivenza, la caccia al pane per il giorno dopo, sono per la maggior parte dei tedeschi molto più importanti di tutto il resto. La politica, che negli anni del nazismo ha invaso e dominato tutta la vita dei cittadini, è adesso odiata e vista con paura e diffidenza. I tedeschi sono come paralizzati dall’incubo del passato e dall’insicurezza del futuro. Sono i vincitori della guerra a decidere il futuro della Germania.
In verità, americani, russi ed inglesi hanno già da molti anni cominciato a discutere su cosa fare con la Germania, una volta che la guerra fosse finita. Ancora durante la guerra, le conferenze, le proposte e i progetti degli alleati che riguardano il destino della Germania del dopoguerra si susseguono, spesso dettati dalla situazione attuale della guerra, sempre invece dominati dagli interessi contrastanti dei 3 paesi.
Roosevelt e dopo di lui Truman, presidenti degli Stati Uniti, Stalin per l’Unione Sovietica e Churchill per l’Inghilterra preparano, insieme ai loro consiglieri, numerosi progetti per dividere la Germania in 3, 4, addirittura in 5 stati indipendenti con mappe già pronte e piani più o meno precisi per la politica e l’economia. Del ministro americano delle finanze Morgentau è per esempio il programma di distruggere completamente la capacità industriale della Germania per trasformarla in un paese agricolo, oltre alla divisione in 2 stati indipendenti e una zona sotto controllo internazionale.
Quello che tutti questi progetti hanno in comune è la volontà di impedire alla Germania una volta per sempre di diventare nuovamente una forza politica ed economica che potesse trascinare il mondo in un’altra guerra mondiale.
Inoltre anche la Francia, la Polonia e la Cecoslovacchia cominciano a porre condizioni e pretendere la restituzione di territori perduti e ulteriori sicurezze territoriali a spese della Germania. Ognuno cerca una fetta più grossa della torta, con motivazioni più o meno giustificate.
Il primo compromesso a cui i vincitori della guerra giungono è di dividere la Germania in 4 zone occupate ed amministrate da americani, sovietici, inglesi e francesi, ma di lasciare a future conferenze il destino politico ed economico della Germania.
I quattro anni dalla fine della guerra nel 45 alla fondazione dei due stati tedeschi nel 49, cioè alla definitiva divisione della Germania sono anni durissimi per i tedeschi. La rimozione delle macerie della guerra è una fatica quasi sovrumana per un popolo che soffre la fame e il freddo dei primi inverni molto duri, da passare senza quasi nessun tipo di riscaldamento. Non conoscono il proprio futuro e non sanno che cosa avrebbero deciso i vincitori che litigano tra di loro in modo sempre più aspro. La classe politica tedesca democratica che è sopravvissuta al terrore nazista è debolissima e non riesce, almeno all’inizio, a far sentire la propria voce.
Comincia la “Guerra fredda”:
Appena finita la guerra che gli alleati hanno combattuto insieme contro la Germania scoppiò la Guerra Fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti e la Germania è il territorio di questa guerra che si sarebbe trascinata in forme più o meno aspre fino agli anni ottanta.
L’Unione Sovietica comincia immediatamente a ricostruire la “sua” parte della Germania secondo i propri piani. Stalin ha promesso alla Polonia una grossa fetta di territorio tedesco in cambio di una fetta ancora più grossa di territorio polacco che lui pretende dalla Polonia. L’Unione Sovietica che durante la guerra ha pagato il prezzo più alto in vite umane e risorse chiede adesso un risarcimento altissimo alla Germania: intere fabbriche, tra cui quelle più importanti, vengono portate in Russia, ingenti quantità di materie prime vengono pretese per anni come pagamento dei danni della guerra. Ma in questa maniera Stalin si crea molti nemici in Germania, compromettendo molto l’immagine dei russi come “liberatori dal nazismo”.
Gli americani invece hanno capito che in questa Guerra Fredda hanno bisogno di alleati in Germania affinché diventasse l’avamposto contro l’Unione Sovietica. Quasi subito cominciano ad organizzare aiuti per la Germania. Decine di migliaia di pacchi “Care” con generi alimentari, medicine e vestiti arrivano in Germania nei primi anni del dopoguerra. Ancor più che un aiuto reale sono un segnale politico e psicologico: gli americani, dopo essere stati nemici dei tedeschi vogliono dimostrare di essere adesso loro amici. Fin dall’inizio gli americani cercano di unire la loro zona a quelle occupate da inglesi e francesi, con l’intenzione di rafforzare la propria posizione contro la zona occupata dai russi. Cercare di ricreare uno stato unitario è invece un pericolo per loro perché sarebbe stato impossibile tenere fuori l’Unione Sovietica.
Già pochi mesi dopo la fine della guerra la divisione della Germania è diventata praticamente inevitabile, anche se devono passare ancora 4 anni fino alla definitiva separazione. In realtà, tranne la maggioranza dei tedeschi stessi, nessuno vuole veramente una Germania unita, nonostante le parole contrarie di tutti gli alleati.
In fondo, la divisione accontenta un po’ tutti, a parte naturalmente i tedeschi, e crea meno problemi nella gestione della Germania vinta. Il fatto che per tutti, compresi gli americani il destino dei tedeschi è alla fine una questione di importanza secondaria è tristemente documentato dai risultati della conferenza di Potsdam nel 1945 durante la quale si decide che, per quanto riguarda il pagamento dei danni della guerra, ognuna delle 4 forze vincitrici può servirsi da sola come vuole nella propria zona. Ma la decisione più tragica per i tedeschi è che gli americani, per accontentare i russi e per avere la mano libera all’ovest, accettano la deportazione forzata di più di 3 milioni di tedeschi dalla Polonia e dalla Cecoslovacchia, e questo porta, oltre a moltiplicare sofferenza e miseria, ancora a decine di migliaia di morti durante i trasporti eseguiti in condizioni assolutamente disumane. La Germania è diventata oggetto della Guerra Fredda e non ha ancora né la forza, né la reale possibilità di sottrarsi al dominio e alla concorrenza delle 2 superpotenze USA e URSS.
Il processo di Norimberga:
Un evento che scuote profondamente la coscienza dei tedeschi è il processo di Norimberga nell’estate del ’45. Davanti a una corte internazionale sono accusati 24 tra i massimi esponenti dello stato nazista per crimini commessi contro la pace, contro l’umanità e per crimini di guerra.
12 di essi vengono condannati a morte e giustiziati in quello stesso anno. Molti tedeschi sentono per la prima volta da una fonte ufficiale i racconti delle terribili crudeltà che sono state commesse in nome della Germania e della cosiddetta “razza ariana”. Molti sentono solo la conferma di quello che si sapeva o almeno si è intuito già da molto tempo. Qualcuno cerca di scrollarsi di dosso la responsabilità dicendo che non hanno sentito e saputo niente. Ma per altri è uno shock che provoca una vergogna profonda e che lascia nella coscienza collettiva dei tedeschi dei segni che sono percepibili ancora oggi.
Molto più difficile della individuazione e punizione dei grandi criminali è invece l’individuazione e la neutralizzazione dei tanti piccoli nazisti ed opportunisti che hanno in fondo retto lo stato nazista. Con la cosiddetta “Entnazifizierung”, cioè la denazificazione, si cerca di ripulire le istituzioni pubbliche dai nazisti compromessi o ancora convinti. Ma stabilire delle responsabilità individuali è una impresa quasi impossibile e inoltre questa campagna viene condotta in modo molto diverso nelle 4 zone occupate. Con questo si apre anche un campo vastissimo e praticamente incontrollabile di possibilità di corruzione o di atti di vendetta personale. Alla fine molti colpevoli, tra i quali per esempio quasi tutti i giudici, che durante il nazismo sono stati un aiuto importantissimo e accondiscendente per Hitler, rimangono non solo impuniti ma continuano anche a lavorare con gli stessi incarichi di prima, affermando o di aver cambiato idea o di essere sempre stati contro Hitler.
La divisione diventa inevitabile:
Nella vita quotidiana dei tedeschi continuano a regnare la preoccupazione per il giorno dopo, la fame e la caccia alle cose indispensabili per sopravvivere. I soldi hanno perso qualsiasi valore, i prezzi non si calcolano più in marchi, ma in sigarette americane. Un chilo di pane costa un certo numero di sigarette, un paio di scarpe alcuni pacchetti. Regna il mercato nero, il baratto. Ogni fine settimana la gente della città va in campagna per scambiare con i contadini merce di ogni genere e tutte le cose ancora utili trovate tra le rovine in cambio di burro, zucchero o patate.
Per rafforzare economicamente le 3 zone dell’ovest, americani, inglesi e francesi decidono a sorpresa di introdurre una nuova moneta nelle loro zone. Nel giugno del ’48 ogni tedesco riceve 40 marchi nuovi e all’improvviso, come per miracolo, i negozi, che per mesi non hanno offerto praticamente niente, sono pieni di merci. Nella speranza di una riforma della valuta, i commercianti hanno accumulato per mesi e mesi merci che adesso sono di colpo disponibili.
Ma gli americani non riescono, e probabilmente non vogliono neanche, mettersi d’accordo con l’amministrazione della zona sovietica sulla nuova valuta. Come risposta i sovietici bloccano nel luglio del 48 ogni accesso alla parte occidentale di Berlino che è occupata da americani, inglesi e francesi. Per 10 mesi aerei americani ed inglesi devono trasportare qualsiasi tipo di merce, generi alimentari, carbone, macchinari, tutto fino ai chiodi, nella città bloccata. 200.000 voli in 10 mesi, fino a 1.200 voli al giorno riforniscono la città in questi mesi drammatici trasportando fino a 12.000 tonnellate di merci al giorno. Alla fine i sovietici si arrendono ma hanno perso più di una battaglia: per la stragrande maggioranza dei tedeschi dell’ovest gli americani sono diventati adesso quelli che garantiscono non solo la sopravvivenza, ma anche la sicurezza, mentre i sovietici (e con loro i comunisti tedeschi), che hanno pagato il prezzo più alto nella resistenza contro Hitler, stanno perdendo le ultime simpatie. Inoltre stanno arrivando nella Germania dell’ovest i massicci aiuti economici del “Piano Marshall” degli americani, mentre allo stesso tempo all’est i sovietici continuano a trasportare in Russia fabbriche e macchinari tedeschi come pagamento dei danni della guerra.
Il blocco di Berlino è il colpo di grazia per il sogno dell’unità della Germania. Pochi mesi dopo la fine del blocco vengono fondati i due stati tedeschi: la Repubblica Federale ad ovest e la Repubblica Democratica ad est.
La divisione della Germania è diventata realtà ma in fondo è solo l’ultima conferma di quello che si è andato delineando già 4 anni prima, nei primi mesi dopo la guerra. La guerra fredda, che tra gli alleati è cominciata forse ancora prima che fosse finita quella vera contro Hitler, ha reso impossibile la ricostruzione di uno stato unitario. La colpa non può essere attribuita facilmente a una nazione o a questo o quel protagonista dell’epoca, la Germania è diventata vittima della nuova costellazione internazionale, della concorrenza tra le nuove superpotenze USA e URSS.
E in fondo la Germania è anche diventata vittima del proprio passato, la divisione è il prezzo che deve pagare per aver scatenato la più sanguinosa e violenta guerra che il mondo aveva mai visto.
Il “miracolo economico”:
Sul piano economico-sociale la Germania occidentale vive negli anni 50 un fortissimo boom economico, sono gli anni del cosiddetto “Wirtschaftswunder” (miracolo economico). Aiutata all’inizio dai soldi americani, la Germania Federale riesce in breve tempo a diventare nuovamente una nazione rispettata per la sua forza economica. In parte, le distruzioni della guerra sono addirittura un vantaggio, perché la ricostruzione può così mirare al livello tecnologicamente più avanzato dell’epoca. L’economia che durante i 12 anni di Hitler ha subito un forte dirigismo statale e un’autarchia forzata, adesso, con l’economia del mercato, comincia a fiorire.
Il numero dei disoccupati:
1949: 2 milioni
1957: 600.000
1965: 160.000
Il PIL (prodotto interno lordo)
1949: 88 miliardi
1957: 217 miliardi
1965: 460 miliardi
La parte orientale fa invece molto più fatica a riprendersi ed è svantaggiata all’inizio per le pesanti richieste economiche fatte dall’Unione Sovietica per riparare i danni subiti nella guerra e poi per la mancanza di aiuti paragonabili a quelli che riceveva la parte occidentale. Inoltre la rigida struttura di pianificazione nazionale dell’economia non favorisce lo stesso sviluppo così come nell’altra parte del paese.
Più i due paesi si stabiliscono a livello politico ed economico, più si fanno sentire le differenze tra le due parti per quanto riguarda lo standard di vita.
Sul piano politico, all’inizio tutto è provvisorio. Addirittura la nuova capitale Bonn viene chiamata ufficialmente “capitale provvisoria”. Tutti sperano in una rapida riunificazione delle due parti. E infatti, nei primi anni, tutti i partiti dell’ovest e dell’est parlano continuamente di unità e di riunificazione. Ma quello che succede nella realtà è la sempre più rigida integrazione delle 2 Germanie nei 2 blocchi che si stanno formando in Europa e che sono capeggiati da USA e URSS. Per poter mettersi a un tavolo per parlare seriamente di una riunificazione ogni parte pone delle condizioni che l’altra parte non può o non vuole assolutamente accettare. Questo atteggiamento fa comodo a tutti perché permette di dare la colpa per il perdurare della divisione all’altra parte.
Un tipico esempio è la proposta sovietica del 1952 per una soluzione definitiva della questione tedesca. La proposta provvede una Germania unita e completamente sovrana (nel 1952 i due stati tedeschi sono solo parzialmente sovrani), senza più truppe di occupazione di nessuna parte, con un proprio esercito (che fino al 1952 nessuno dei due paesi ha) e senza nessuna prescrizione per il sistema economico da adottare. La proposta contiene addirittura elezioni politiche libere in tutta la Germania. Una proposta insomma che può sembrare molto ragionevole e che fa molto scalpore. E allora, perché gli americani, gli inglesi e lo stesso governo tedesco si rifiutano categoricamente persino di discutere con i sovietici di una tale soluzione? La risposta è semplice: la proposta sovietica mira a una Germania unita ma neutrale, senza nessun legame con uno dei 2 blocchi dell’est e dell’ovest, insomma una soluzione “all’austriaca”. La proposta sovietica mira ad impedire l’integrazione della Germania nell’alleanza militare occidentale, cosa che il governo tedesco e gli americani vedono invece come presupposto indispensabile di ogni politica. Non vogliono accettare la neutralità come prezzo per la riunificazione. E temono che una Germania neutrale sarebbe comunque più accondiscende nei confronti dell’Unione sovietica. Così, probabilmente l’unica vera possibilità per arrivare a una riunificazione già negli anni 50 viene sprecata.
Il boom economico nell’ovest continua comunque a un ritmo sempre più sostenuto. La disoccupazione scende quasi a quota zero, c’è un grande bisogno di manodopera e si cominciano a chiamare lavoratori dall’estero: prima vengono dall’Italia, poi dalla Spagna, dalla Grecia e dalla Iugoslavia e infine dalla Turchia:
Numero di lavoratori stranieri in Germania:
1955: 80.000
1957: 108.000
1959:167.000
1961: 507.000
1963: 773.000
1965: 1.120.000
Oggi gli stranieri residenti in Germania sono circa. 7,2 milioni
Con un po’ di autoironia i tedeschi stessi descrivono questo “miracolo economico” come un susseguirsi di varie ondate. La prima è la “Freßwelle”, cioè l’ondata dei cibi. Dopo la fame dei primi anni del dopoguerra si deve recuperare. Dopo l’ondata dei cibi segue la “Möbelwelle”, cioè l’ondata dei mobili, degli acquisti per l’arredamento della casa. E poi, nella seconda metà degli anni 50 la “Reisewelle”, l’ondata dei viaggi. I tedeschi cominciano a scoprire in massa le coste del Mediterraneo, soprattutto della Spagna e dell’Italia. E infine la “Autowelle”, la corsa all’acquisto di un’automobile, che sta diventando il simbolo più vistoso e amato del nuovo benessere.
Tensioni all’est e all’ovest:
Nel giugno del 1953 scoppia in molte città della Germania orientale una rivolta contro alcune misure economiche restrittive del governo, ma presto questa protesta diventa politica e per il 17 giugno viene programmato uno sciopero generale. Quel giorno, solo la dichiarazione dello stato di emergenza e un massiccio intervento di carri armati sovietici riescono a domare una protesta che minacciava di diventare molto pericolosa per lo stato socialista della Germania dell’est.
Questa protesta degli operai è motivata dal basso livello dello standard di vita nella parte della Germania dell’est, che non riesce a tenere il passo con lo sviluppo della Germania dell’ovest, e dalla mancanza di diritti democratici.
Ma anche all’ovest gli anni 50 sono anni non privi di tensioni e contraddizioni. L’integrazione della Repubblica Federale nell’alleanza militare dell’ovest, con la conseguente ricostruzione di forze armate tedesche è un argomento molto caldo, e soprattutto la discussione sull’uso o meno dell’arma atomica divide i tedeschi in campi nettamente contrapposti. I ricordi della terribile Seconda Guerra Mondiale sono ancora troppo freschi per non suscitare emozioni molto forti nell’opinione pubblica. Ma la Guerra Fredda, che poi non è tanto fredda, non permette un ruolo autonomo alla Germania. O con l’America o con l’Unione Sovietica: questa sembra essere l’alternativa a cui i tedeschi non possono sottrarsi. La realtà di un paese socialista è lì, la Germania dell’est è a due passi, e si vedono i suoi scarsi risultati a livello economico e i forti limiti alla libertà personale. Soprattutto per questo confronto ravvicinato dei due sistemi, il partito comunista tedesco, che prima di Hitler è stato un partito molto importante, negli anni 50 non ha mai la minima chance di ottenere consensi.
La grande fuga all’ovest:
In quegli anni il confine tra est ed ovest non è ancora insuperabile e per tutti gli anni 50 centinaia di migliaia di persone fuggono ogni anno dall’est all’ovest. Quasi la metà di loro erano giovani con meno di 25 anni e spesso persone con una buona formazione professionale, laureati, operai specializzati e artigiani, che all’ovest si aspettano un futuro più redditizio e più libero. Questo continuo dissanguamento sta diventando un pericolo serio per la Germania dell’est ed è un’ulteriore causa delle difficoltà economiche di questo stato.
Numero di persone fuggite dalla DDR:
totale (1949-1961): circa. 2,6 milioni
media annuale (1949-1961): circa. 220.000
popolazione totale della ex-DDR: 17 milioni
Il muro di Berlino:
Nelle prime ore del 13 agosto del 1961 le unità armate della Germania dell’est interrompono tutti i collegamenti tra Berlino est e ovest e iniziano a costruire, davanti agli occhi esterrefatti degli abitanti di tutte e due le parti, un muro insuperabile che attraversa tutta la città, che divide le famiglie in due, e taglia la strada tra casa e posto di lavoro, scuola e università. Non solo a Berlino ma in tutta la Germania il confine tra est ed ovest, che fino a quel momento con un po’ di coraggio e gambe veloci era superabile, diventa una trappola mortale. I soldati ricevono l’ordine di sparare su tutti quelli che cercano di attraversare la zona di confine che con gli anni viene attrezzata con dei macchinari sempre più terrificanti, con mine anti-uomo, filo spinato alimentato con corrente ad alta tensione, e addirittura con degli impianti che sparano automaticamente su tutto quello che si muove nella cosiddetta “striscia della morte”.
Per l’opinione pubblica la costruzione del muro è uno shock, ma la reazione del mondo politico tedesco e internazionale è molto strana, con toni incomprensibilmente smorzati. Il cancelliere tedesco Konrad Adenauer, impegnato in campagna elettorale, aspetta 9 giorni prima di recarsi personalmente a Berlino. Il presidente degli Stati Uniti viene informato solo 15 ore dopo l’inizio della costruzione del muro e non interrompe le sue vacanze perché “gli interessi dell’ovest non sono direttamente toccati”. L’ambasciatore americano in Germania viene informato di quello che sta succedendo a Berlino durante una partita di Golf che vuole però terminare prima di dare un commento. Solo 4 giorni dopo l’inizio della costruzione del muro, gli alleati occidentali protestano ufficialmente contro quell’atto di barbarie. Certamente i servizi segreti dell’ovest dovevano sapere che si stava preparando un colpo del genere, che sicuramente necessitava di una preparazione logistica non indifferente e quindi anche visibile. Ma come si spiega allora una reazione così tiepida a un evento così grave ? Una risposta ce la dà il responsabile del Ministero degli Esteri americano per la questione di Berlino, che lo stesso 13 agosto dice: “Vediamo come si svilupperà la faccenda. In fondo i tedeschi dell’est ci hanno fatto un favore, perché la grande massa di profughi dalla Germania dell’est era molto preoccupante.” Molti politici americani, inglesi e francesi vedono nel muro una soluzione brutta ma tutto sommato accettabile per la situazione che si è creata a Berlino, che negli anni precedenti è diventata sempre più instabile e pericolosa. La stabilità dei due blocchi in Europa è diventata il principio sovrano che sta al di sopra di tutte le considerazioni di carattere umano. Di nuovo la Germania è oggetto e vittima della Guerra Fredda. Solo dopo, quando le conseguenze inumane di questa brutale divisione della Germania diventano sempre più evidenti, anche gli americani correggono il tono. Famosa è la visita di Kennedy a Berlino durante la quale pronuncia, in lingua tedesca, davanti a migliaia di entusiasti berlinesi, la frase “Ich bin ein Berliner”: “Anch’io sono un abitante di Berlino”.
Bloccato quasi completamente il pericoloso dissanguamento dello stato, negli anni 60 e 70 la Repubblica Democratica dell’est vive anch’essa un suo boom economico, anche se inferiore a quello dell’ovest 10 anni prima. Tra gli stati dell’Europa dell’est diventa la nazione economicamente più forte e molti tedeschi sia all’est che all’ovest cominciano a rassegnarsi alla divisione, che è vista sempre di più come un fatto certamente non normale ma inevitabile, un fatto che si deve accettare e che pesa sempre meno sulla coscienza nazionale. Di riunificazione si parla sempre meno e solo durante le commemorazioni e le feste nazionali.
La situazione tra i due stati tedeschi nel 1969:
Alla fine degli anni 60 i democristiani e i loro alleati liberali perdono la maggioranza in parlamento e con la socialdemocrazia al governo comincia l’era della cosiddetta “Entspannungspolitik”, cioè della politica di distensione tra i due stati tedeschi.
Per vent’anni, nonostante la continua affermazione della volontà di fare di tutto per la riunificazione, i due stati si trattano come i peggiori nemici. Non esiste nessun tipo di rapporto ufficiale tra le due Germanie, nessun trattato politico o economico. Per la Germania dell’ovest l’altro stato non esiste nemmeno, dopo 20 anni di esistenza della DDR si parla ancora di “zona sovietica” e un riconoscimento ufficiale è considerato un tradimento della nazione. La rigidità della politica è tale, che la Germania Federale interrompe subito i rapporti diplomatici con un altro stato, se questo stato vuole installare rapporti anche con la DDR. E da parte dell’est, la Germania Federale viene chiamata con i peggiori aggettivi del linguaggio politico della Guerra fredda : aggressiva, imperialista, reazionaria, successore del fascismo, revanscista, pericolosa per la pace ecc. ecc. I rapporti economici e politici di entrambi gli stati tedeschi sono più sviluppati con un qualsiasi piccolo stato del terzo mondo che non tra di loro. La politica dei governi democristiani dei primi vent’anni ha sì portato la Germania Federale ad essere un paese ricco ed economicamente forte, ma si sente sempre di più il bisogno di un cambiamento al livello della politica estera. “La Germania è economicamente un gigante, ma politicamente un nano” si sente dire sempre più spesso, e con questo si vuole criticare il servilismo soprattutto rispetto agli USA, che persino a loro stessi piace sempre meno. Dall’altra parte la Germania dell’est si nasconde dietro l’Unione Sovietica e segue docilmente ogni mossa del grande fratello. Quando nell’agosto del 68 le truppe sovietiche schiacciano i tentativi riformatori della cosiddetta “Primavera di Praga” la Germania dell’est è tra i primi ad applaudire e manda anche delle proprie truppe per completare l’opera di repressione nella Cecoslovacchia. Le due Germanie sono più lontane che mai, si è giunti in un vicolo cieco.
Arriva Willy Brandt:
Questa è la situazione quando nel ’69 Willy Brandt, leader della socialdemocrazia tedesca, arriva al governo. Ha vinto le elezioni con la promessa di un vento fresco non solo nella politica interna – sono anche in Germania gli anni della contestazione studentesca e giovanile – ma anche con la promessa di una svolta nei rapporti tra i due stati tedeschi.
Il primo passo autonomo è un trattato con l’Unione Sovietica in cui la Germania Federale riconosce ufficialmente le frontiere createsi dopo la Seconda Guerra Mondiale e rinuncia solennemente a volerle cambiare con la forza. Segue, nello stesso anno, un trattato con la Polonia e più tardi uno simile con la Cecoslovacchia, cioè con i due paesi che sotto Hitler hanno subito le umiliazioni più gravi da parte della Germania.
Riconoscere ufficialmente lo stato delle cose può sembrare una cosa piuttosto banale, ma per l’epoca è un atto molto coraggioso. Infatti da molti Brandt viene accusato di tradire l’idea della riunificazione. Questi contratti sono soprattutto segnali politici e psicologici con i quali la Germania riacquista credibilità e stima in tutto il mondo. Ma il trattato più importante fu quello nel 1972 con la DDR. Non si tratta di un riconoscimento ufficiale, ma di un insieme di accordi che devono regolare i rapporti tra i due stati tedeschi, devono migliorare la situazione umana della popolazione della DDR e favorire oltre agli scambi economici anche quelli politici e culturali tra le due Germanie.
Le conseguenze della nuova “Ostpolitik”:
Le conseguenze di questa nuova politica sono enormi: i due stati tedeschi vengono ammessi alle Nazioni Unite e la DDR viene, in poco tempo, riconosciuta diplomaticamente da 132 paesi, tra cui anche l’Inghilterra, la Francia e gli Stati Uniti, che hanno tirato un sospiro di sollievo per il fatto che, con questi contratti, le tensioni in Europa si sono notevolmente abbassate. Il riconoscimento internazionale è senz’altro un successo per la DDR, dall’altra parte la nuova politica della Germania Federale le crea non pochi problemi. La popolazione all’est è entusiasta perché il governo della DDR è costretto a fare alcune concessioni per quanto riguarda i viaggi all’ovest e i contatti familiari tra est ed ovest. Da quando, all’ovest, si parla meno di riunificazione ma si cerca, con la cosiddetta “politica dei piccoli passi”, più concretamente di creare dei legami tra est ed ovest, il governo dell’est cerca di contrastare questa offensiva con una più rigida separazione ideologica. Si cerca, senza molto successo, di arginare il numero dei viaggi dall’ovest all’est con l’aumento del cambio obbligatorio della valuta. Dall’est all’ovest invece i viaggi sono permessi solo ai pensionati, e se i pensionati rimanevano all’ovest, la DDR era contenta perché aveva delle pensioni in meno da pagare. Funzionari, sportivi, scienziati che devono fare dei viaggi all’ovest devono, dopo il loro ritorno, compilare un lungo questionario che riguarda anche il proprio comportamento all’estero e da cui dipende il permesso per futuri viaggi. Di una coppia sposata solo uno dei due può andare all’ovest, l’altro deve rimanere nel paese.
Più la Germania Federale cerca di dialogare e di arrivare ad accordi su problemi comuni, più la DDR si irrigidisce e sottolinea le cose che separavano i due stati rispetto a quelle che possono unirli, il che ha anche degli aspetti decisamente ridicoli: nel linguaggio pubblico si cerca di eliminare il più possibile l’uso della parola “tedesco” per sostituirla con “della DDR”. La più autorevole organizzazione scientifica, per esempio, che fino al 1974 si chiamava “Accademia tedesca delle scienze” viene rinominata “Accademia delle scienze della DDR”, la radio nazionale non si poteva più chiamare “Voce della Germania” ma “Voce della DDR” e il testo dell’inno nazionale, che conteneva un riferimento a “Deutschland – einig Vaterland”, cioè “Germania – patria unita” non fu più cantato, adesso ci si limitava a suonare la melodia.
Quello che per i capi della DDR rende molto difficile la situazione è il fatto che economicamente hanno un crescente bisogno della collaborazione con la Germania dell’ovest. Anche se la DDR è ormai diventata un paese con un certo benessere la sua economia ha verso il mondo occidentale e specialmente verso la Germania Federale un crescente bisogno di valuta estera. Così, gli stessi funzionari che ordinano di aprire ogni pacco che arriva dall’ovest per paura dell’importazione di libri, giornali e riviste indesiderati devono permettere ai cittadini dell’est di accettare regali in valuta estera. Con i marchi dell’ovest possono fare degli acquisti nei cosiddetti negozi “Intershop”, dove si acquista solo in marchi occidentali. Dopo poco tempo il marco dell’ovest circola nella DDR come una specie di seconda valuta, con la quale si possono comperare anche delle cose altrimenti introvabili. Il fatto che il marco della Germania Federale è evidentemente migliore del proprio marco provoca tra la popolazione dell’est un continuo paragone tra est e ovest con risultati facilmente prevedibili.
Mentre a livello ufficiale i capi della DDR continuano a chiamare l’altra Germania “imperialista, reazionaria e un pericolo per la pace” e dall’altra parte i più conservatori nella Repubblica Federale continuano a chiamare i protagonisti della DDR “assassini e criminali” tra le due Germanie si sviluppa, negli anni 70 e 80, un commercio che per la DDR è sempre più indispensabile. La DDR non esita di chiedere crediti miliardari all’ovest in cambio di piccoli miglioramenti a livello dei rapporti umani tra est ed ovest. E uno degli esponenti più accaniti della cosiddetta “linea dura” nei confronti della DDR, il politico bavarese Franz Josef Strauß, che non smette mai di condannare la politica di distensione e di chiamare il governo della DDR “una banda di assassini”, aiuta segretamente a rendere possibile un credito di un miliardo di marchi per la DDR. Inoltre, il governo della Germania Federale paga per parecchi anni segretamente con somme ingenti la liberazione di molte migliaia di prigionieri politici e comuni che, dopo la loro liberazione, vengono subito messi in autobus e trasportati nella Germania Federale.
La cosiddetta “linea dura” degli anni 50 e 60 ha contribuito non poco a rendere più profonda la divisione. Anche la politica di distensione e dei piccoli passi degli anni 70 e 80 non porta certamente a rendere più vicina la riunificazione. Cambiano però molte cose sia a livello internazionale che nei rapporti tra i due stati. A livello internazionale le due Germanie non sono più quel focolaio pericoloso dei primi vent’anni e a livello nazionale molti pur piccoli cambiamenti aiutano la popolazione dell’est e i contatti familiari tra est ed ovest. La politica di avvicinamento della Germania Federale porta ad un confronto sempre più ravvicinato tra est e ovest che la DDR riesce sempre meno a reggere e che contribuisce ad aumentare le contraddizioni interne di questo stato.
Nella seconda metà degli anni ottanta, quando la riunificazione è, in realtà, ormai vicinissima, sempre meno persone sia all’est che all’ovest ci credono. Persino nel partito democristiano si alzano delle voci che chiedono di riconoscere diplomaticamente la DDR. Ma la costituzione stessa della Germania dell’ovest richiede di lavorare per la riunificazione e così, almeno a livello ufficiale, nulla cambia e la riunificazione rimane, per tutti i partiti, un argomento riservato alle celebrazioni di commemorazione.
L’est comincia a cambiare:
Quello che infine, per la grande sorpresa di tutti e nel giro di pochissimo tempo porta alla riunificazione sono due fattori che, all’epoca, quasi nessun politico dell’occidente ha capito nella sua importanza: l’arrivo di Gorbaciov come leader dell’Unione Sovietica e le crescenti difficoltà politiche ed economiche dei paesi dell’est e specialmente della DDR.
L’Unione Sovietica, da molti giudicata forte e pericolosa, negli anni ottanta è in realtà già un gigante in agonia. L’economia è tecnologicamente arretrata, la produttività è molto scarsa e gli enormi sforzi per tenere il passo con gli Stati Uniti nella corsa agli armamenti hanno logorato le finanze dello stato. In più regna una corruzione sempre più dilagante che ha portato il paese in una situazione politica molto grave. Con la “Perestroika”, cioè la radicale trasformazione della politica e della economia e con la “Glasnost” , che deve portare alla trasparenza politica, Gorbaciov comincia a cambiare strada.
I dirigenti della DDR vedono questo processo prima con un certo imbarazzo e poi con crescente resistenza. Applicare gli stessi principi nella DDR, può essere molto pericoloso per loro. I gruppi di opposizione politica, che negli anni ottanta trovarono protezione soprattutto nella chiesa protestante della DDR trovano un alleato inaspettato: uno degli slogan più odiati nella Germania dell’est, cioè “Imparare dall’Unione Sovietica”, all’improvviso diventa uno slogan dell’opposizione. In Polonia e in Ungheria, dove la crisi economica e le spinte per una riforma sono più forti, la politica di Gorbaciov trova invece più amici anche tra i governanti. Più arrivano dall’URSS e dagli altri stati dell’est notizie di riforme economiche e democratiche, e più la popolazione della DDR chiede di fare lo stesso nel loro paese, più i leader della DDR si chiudono a ogni richiesta del genere. Si arriva persino a vietare la distribuzione nella DDR di quelle riviste sovietiche che sostengono di più la nuova politica dell’URSS. Lo stacco tra popolazione e governo diventa un abisso ma la reazione più diffusa tra la gente è ancora la rassegnazione. Alla fine degli anni 80 la DDR è, o almeno sembra, economicamente abbastanza forte, l’apparato statale sembra indistruttibile e così nessuno può prevedere il crollo verticale che nel 1989 sarebbe avvenuto in pochissimi mesi.
Il 1989 – un anno drammatico:
Quell’anno 1989 è veramente un anno drammatico.
I cambiamenti democratici, le piccole rivoluzioni nell’economia e nella politica in Polonia, in Ungheria e nell’Unione Sovietica riempiono ogni giorno i giornali in tutta l’Europa, una notizia sensazionale dall’Europa dell’est segue l’altra, solo nella DDR il tempo sembra essersi fermato. Le elezioni amministrative del maggio del 1989 portano al solito risultato di 98% per i candidati ufficiali, ma la falsificazione del risultato è più evidente che mai e la gente comincia a ribellarsi. Le speranze in un cambiamento dello stato sono ancora scarsissime ma molta gente adesso è impaziente. Visto che il tentativo di lasciare la DDR in direzione ovest equivale ancora a un suicidio, la gente si inventa altre strade. All’improvviso Praga, Varsavia e Budapest diventano le città più amate da molta gente della DDR, ma non per la bellezza dei loro monumenti, ma perché qualcuno aveva capito che le ambasciate della Germania Federale in queste città sono il territorio occidentale più facilmente accessibile. Nell’estate del 1989 comincia un assalto in massa a queste tre ambasciate che devono ospitare migliaia di persone che erano stanche di vivere nella DDR. Nel momento più critico l’ambasciata tedesca a Praga viene assalita da più di diecimila persone che scavalcano le sue recinsioni e, una volta dentro, non vogliono più uscire, se non in direzione Germania dell’ovest. Ma il colpo decisivo all’esistenza della DDR avviene anche questa volta in un modo del tutto insolito e inaspettato. L’Ungheria, che è forse il paese più avanzato per quanto riguarda le riforme democratiche fa un passo che porta in soli 2 mesi alla caduta del muro di Berlino. Il 10 settembre, a mezzanotte, apre i suoi confini con l’Austria. Decine di migliaia di tedeschi dell’est sono già affluiti in Ungheria nei giorni precedenti in attesa di questo evento e le immagini della gente che, ancora incredula e piangente, assiste alla rimozione del filo spinato tra Ungheria e Austria fanno il giro del mondo. Il governo della DDR ha disperatamente cercato di impedire questa decisione, ma le prospettive di una migliore collaborazione con l’ovest sono per gli ungheresi più importanti della solidarietà ideologica con la DDR.
Non tutti vogliono o possono lasciare il paese in cui sono vissuti e hanno lavorato per 40 anni. Mentre il flusso di persone che arriva nella Germania dell’ovest attraverso l’Ungheria e l’Austria aumenta di giorno in giorno, anche nella DDR crescono le proteste e la gente si fa più coraggiosa. Ogni lunedì a Lipsia decine di migliaia di persone manifestano contro il governo ed ogni lunedì erano più numerose. Bisogna ricordarsi però che manifestare apertamente contro il governo è ancora un rischio enorme. Tutte le esperienze precedenti nei paesi dell’Europa dell’est sono finite nel sangue e in una repressione feroce. I ricordi delle rivolte fallite nella DDR nel 53, in Ungheria e in Polonia nel 1956, in Cecoslovacchia nel 68 e di nuovo in Polonia nell’81 sono ancora freschi e nessuno sa come avrebbe reagito un regime che sicuramente è già indebolito ma che ha ancora il pieno controllo della polizia, dell’esercito e dell’intero apparato repressivo, che nella DDR ha sempre funzionato molto bene.
Nell’ottobre del 1989 gli eventi nella DDR precipitano.
Sotto la pressione delle manifestazioni di massa e del flusso sempre crescente di persone che lasciavano il paese molte amministrazioni comunali si sciolgono e vengono sostituite da organi ai quali partecipano per la prima volta anche gruppi di opposizione. Anche l’ultimo tentativo di salvare il salvabile, cioè il cambiamento dei vertici del partito comunista e del governo non serve a nulla. Quando la sera del 9 novembre un portavoce del governo della DDR annuncia una riforma molto ampia della legge sui viaggi all’estero, la gente di Berlino est lo interpreta a modo suo: il muro doveva sparire. Ma il muro c’è ancora e i soldati che lo sorvegliavano in quella notte non sanno come comportarsi. Migliaia di persone stanno all’est davanti al muro, ancora sorvegliato dai soldati, ma migliaia di persone stanno anche aspettando dall’altra parte del muro, all’ovest, con ansia e preoccupazione. Nell’incredibile confusione di quella notte, qualcuno, e ancora oggi non si sa esattamente chi sia stato, ha dato l’ordine ai soldati di ritirarsi e, tra lacrime ed abbracci, migliaia di persone dall’est e dall’ovest, scavalcando il muro, si incontrano per la prima volta dopo 40 anni.
Annessione o riunificazione?
Il muro è caduto ma esistono ancora due stati tedeschi, due stati con sistemi politici ed economici completamente diversi. Le leggi, le scuole, le università, tutta l’organizzazione della vita pubblica è diversa. La riunificazione è di colpo diventata possibile, ma nelle prime settimane dopo il 9 novembre dell’89 nessuno sa ancora come realizzarla e quando. Molti credono e sperano di poter gestire un periodo di avvicinamento reciproco dei due stati, molti sperono che la nuova Germania riunita possa unire in se le esperienze positive dei due stati, eliminando i loro lati negativi. Molti credono possibile una “terza via” tra il socialismo e il capitalismo. Ma tutti, anche i più ottimisti, prevedono un periodo di alcuni anni, in fondo le differenze tra i due stati a livello pratico ed organizzativo sono abissali. Ma ancora gli eventi stravolgono tutti i programmi e tutti i progetti, di cui i primi mesi dopo la caduta del muro sono pieni.
Adesso la libertà tanto a lungo desiderata c’è, manca però il benessere e la gente all’est non vuole più aspettare: infatti, dopo la caduta del muro il flusso dall’est all’ovest non diminuisce, anzi aumenta di colpo e di nuovo si pone il problema di un dissanguamento dell’est, di nuovo sono soprattutto i giovani che vogliono tutto e lo vogliono subito, e non fra dieci anni. “Se il marco non viene da noi, saremo noi ad andare dov’è il marco” è uno degli slogan più gridati contro quelli che chiedono pazienza. Dopo le prime elezioni libere nel marzo del 90 la DDR ha finalmente un governo democraticamente legittimato, ma la fiducia nel proprio stato sta scendendo a zero, nelle amministrazioni comunali e regionali si diffondono insicurezza e uno stato di quasi-anarchia, l’economia sta crollando verticalmente, la disoccupazione aumenta di giorno in giorno. Nella DDR comincia a regnare il caos. Già dopo pochi mesi la riunificazione non è più una possibilità, ma una necessità, è diventata l’unico modo per fermare il degrado dell’est. Ma riunire due stati non è così facile e nel caso della Germania si deve considerare anche il fatto che la DDR fa ancora parte di un sistema di sicurezza militare e di un’alleanza con l’Unione Sovietica e che anche la Germania Federale a questo riguardo non può agire senza il consenso degli ex-alleati della Seconda Guerra Mondiale. Questo rende la riunificazione un problema non solo nazionale ma internazionale e solo dopo trattative non facili tra Stati Uniti, Unione Sovietica, Francia e Gran Britannia e dopo il “sì” definitivo di Gorbaciov, la strada per la riunificazione è libera.
Il modo in cui alla fine i due stati vengono unificati è senz’altro dettato più dalla fretta che da considerazioni ragionevoli, ma probabilmente non c’è altra possibilità. Infatti, il 3 ottobre del 1990, i due stati non vengono riuniti, ma uno dei due stati, cioè la DDR, si auto-scioglie e le regioni della DDR vengono annesse in blocco alla Repubblica Federale.
Conclusioni:
La Germania fu divisa nel 1949, ma i motivi per questo fatto sono da ricercare anzitutto nella guerra che Hitler aveva scatenato e in cui aveva trascinato quasi tutti i paesi più importanti del mondo che, dopo la guerra, sentivano un comprensibile desiderio di non vedere mai più una Germania così forte e distruttiva. La divisione della Germania è quindi anche opera di Hitler. Il secondo motivo era la Guerra fredda che era cominciata ancora prima che fosse finita quella vera e che rendeva impossibile un accordo tra i due protagonisti, cioè tra Stati Uniti e Unione Sovietica.
Anche l’aggravamento della divisione della Germania negli anni 50 e 60 è un risultato della situazione internazionale con responsabilità da molte parti. La Germania stessa all’inizio era troppo debole per far valere una propria voce, ma poi si legava anche le mani da sé con una politica che si ostinava a non voler vedere la realtà dei fatti. La nuova politica di distensione, iniziata da Willy Brandt negli anni 60 e 70 portò invece a grandi cambiamenti positivi dell’atmosfera internazionale e a molti piccoli cambiamenti politici ed economici che miglioravano i rapporti umani tra i tedeschi dell’est e dell’ovest.
Nessun politico dell’ovest può reclamare alcun merito concreto per quanto riguarda gli eventi che portarono alla riunificazione. Tutti, compreso il cancelliere Helmut Kohl, erano trascinati e travolti dai fatti, Kohl ebbe solo la fortuna di essere cancelliere della Germania quando si verificarono questi eventi, che né lui né qualcun altro poteva influenzare in modo decisivo. Kohl ha avuto però il fiuto giusto per scavalcare la valanga che si era messa in movimento senza nessuna guida politica. L’unico uomo politico che, in realtà, ha contribuito a iniziare e ad accelerare il processo della caduta del muro e della riunificazione della Germania è stato Gorbaciov, che con la sua politica ha reso possibile tutto quello che è successo. I tedeschi lo sanno bene, e ancora oggi, Gorbaciov gode di una straordinaria popolarità in Germania. Poi c’è stato il governo dell’Ungheria che nell’agosto dell’89 prese la coraggiosa decisione di aprire i confini con l’Austria e che diede così inizio a quella valanga inarrestabile che portò in pochissimo tempo alla caduta del muro di Berlino. Un ruolo molto importante e spesso trascurato hanno avuto i centinaia di migliaia di cittadini sconosciuti che sfidarono, negli ultimi mesi prima della caduta del muro, il regime della DDR, manifestando apertamente contro il governo, rischiando anche la propria vita.
Oggi la Germania è ancora lontana dall’essere un paese veramente unito. Era divisa per 40 anni, e non è del tutto escluso che devono passare altri 40 anni prima che anche le ultime ferite del passato siano chiuse e dimenticate.