In scena in prima nazionale al Teatro Ragazzi e Giovani di Torino lo spettacolo “Vite ribelli” di Matteo Saudino, professore di filosofia, attivista, youtuber, podcaster, star social da centinaia di migliaia di followers e scrittore, noto ai più come BarbaSophia
AGI – “L’atto più anticonformista è pensare”. La frase pronunciata nello spettacolo “Vite ribelli”, ieri e oggi in scena in prima nazionale al Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, resta in testa anche tornando a casa, ricominciando con la vita di tutti i giorni. Ed è forse questo l’obiettivo del suo autore, Matteo Saudino, professore di filosofia, attivista, youtuber, podcaster, star social da centinaia di migliaia di followers e scrittore, noto ai più come BarbaSophia. Dopo i libri e anni, in giro per l’Italia a fare seguitissime lezioni di filosofia aperte al pubblico, Saudino fa un passo in più, scegliendo di portare la filosofia a teatro, grazie alla magica regia di Milo Scotton. In una sala gremita di persone di ogni eta’, dai bimbi agli anziani, Saudino ha portato gli spettatori in viaggio con sé, ripercorrendo cinque vite ribelli: Ipazia, Democrito, Giordano Bruno, Olympe de Gouges e Socrate. Coraggio, ribellione, ma anche femminismo, eutanasia. Cinque atti di ribellione intellettuale che, a distanza di secoli, testimoniano ancora la straordinaria forza liberatoria della filosofia. Perché, sottolinea Saudino tra fragorosi applausi, “una vita ribelle non è mai regalata: è conquistata centimetro dopo centimetro, animata da un constante e tenace di pensiero critico”. AGI ha seguito lo spettacolo – inframezzato tra gli altri da brani di Lou Reed, Cranberries, David Bowie – e ha intervistato il celebre professore, acclamato da grandi e piccini.
Professore, quando ha scelto la filosofia?
Il mio fu amore a prima vista: ricordo benissimo l’incontro con Socrate e con Platone in terza superiore. Poi la decisione di proseguire con quegli studi arrivo’ in quinta superiore, nel momento in cui in realtà mi piacevano molte cose: storia, letteratura italiana, antropologia, sociologia. Ma la filosofia prevalse: in fondo mi permetteva di mettere insieme tutto. Dall’albero della filosofia, potevo cogliere il frutto della storia, della sociologia: era la disciplina madre.
Spesso si sente dire però “con la filosofia non si mangia”: lei cosa ne pensa?
Sono stato molto fortunato: sono figlio di un operaio e di una casalinga che mi hanno dato una lezione vita importante dicendomi “fai tutto quello che vuoi, che ritieni importante, ma impegnati perché sono tanti soldi”. Da loro ho ricevuto un sostegno fondamentale. Se avessi avuto genitori borghesi, forse non sarei stato appoggiato allo stesso modo, perché magari avrebbero detto – con calcolo utilitaristico – di fare altro.
Dopo anni in giro per l’Italia con le sue lezioni di filosofia aperte al pubblico, ora lo spettacolo teatrale di filosofia. Lo avrebbe mai detto?
Non lo avrei mai detto, ma forse lo avrei anche detto, perché in fondo recitare mi piace. Anche le conferenze che porto in giro hanno una dimensione teatrale. Alla fine mi sono deciso a fare uno spettacolo che potesse rendere omaggio alla forza esplosiva del pensiero, che attraversasse le storie di cinque vite ribelli, di cinque atti di ribellione intellettuale che testimoniano la straordinaria forza creativa e liberatoria della filosofia, intesa come modo di stare al mondo.
Nello spettacolo, Ipazia, Democrito, Giordano Bruno, Olympe de Gouges, Socrate. Perché proprio loro?
Ho deciso di portare in scena cinque pensatori che hanno scelto una vita anticonformista, una vita ribelle autentica, non perché andava di moda, ma perché ne erano davvero convinti. Erano ribelli nell’animo. Il vero ribelle lo riconosci dalla reazione che suscita nel potere: oggi i ribelli sono pochi, perché la maggior parte sono “coccolati” dalla zona grigia. Al contrario, se sei ribelle davvero, il potere ti ostacola, perché la tua ribellione mina lo status quo.
Quindi gli studenti che stanno scendendo in piazza oggi o che occupano gli atenei sono veri ribelli?
In queste manifestazioni abbiamo visto il genere di ribellione che ha dato fastidio, almeno in Italia. In altre parti del mondo democratiche è stato diverso, non c’è stato questo accanimento. Qui in Italia invece vi sono state repressioni e limitazioni: una volta avremmo detto “il manovratore non vuole essere disturbato”. Oggi le università sono diventate un luogo di conformismo, mentre un tempo anche quelle antichissime, erano luoghi in cui ci si scontrava, anche profondamente, con tesi diverse.
La filosofia dunque può essere lo strumento per riaccendere il proprio spirito critico?
Oggi ci si lascia scivolare tutto addosso: ecco perché ho scelto di portare a teatro questo spettacolo. Bisogna raccontare le ribellioni, rappresentarle nei teatri, al cinema. C’è purtroppo un forte prevalere del grigiore, ci sono orizzonti grigi. In nome di un’unica voce, ci si muove per piacere un po’ a tutti, per vendere a tutti. Ma questo fa perdere l’identità delle cose. Ribellarsi vuol dire scegliere da che parte stare.
Questo spettacolo è in scena proprio a partire da aprile, il mese che porta alla Liberazione, che ottenemmo grazie ai partigiani che – lo dice il nome stesso – scelsero da che parte stare. È un caso?
No (sorride, ndr). Vede, il 25 aprile da festa della Liberazione, si è trasformato in festa della libertà, festa degli italiani, in un tentativo di annacquare tutto in questo grigiore, affinché nessuno si senta turbato. Ma a volte è necessario turbare, perché altrimenti non c’è più un campo, non c’è un giusto e uno sbagliato. Anche le serie tv seguono questo percorso: una serie su Einstein o su chiunque altro vede annullarsi tutti gli elementi divisivi, tutto diventa neutro. Oggi chi parteggia viene definito divisivo: il Pride è divisivo, l’antimafia è divisiva, persino l’ecologismo è stato definito divisivo. Ma è giusto essere divisivi, perché sono in ballo visioni diverse del mondo e dell’essere umano.
Dai banchi di scuola con i suoi studenti, fino al pubblico in giro per l’Italia e sul web: qual è la reazione migliore che ha ricevuto? O la peggiore, se c’è stata?
Fortunatamente dal vivo nessuna reazione negativa, ma su YouTube ogni tanto qualcuno commenta, portando avanti un certo “vannaccismo”. Dal vivo invece coloro che sono venuti ad assistere, sentono di nuovo la filosofia come una cosa viva: vedo sempre reazioni di passione, di voglia di comprendere, perché la filosofia ci dà gli strumenti per capire il mondo. Tra il pubblico sono seduti molti giovani, ma anche molte persone più adulte. Qualcuno dice di aver riscoperto la filosofia, altri l’amavano ma, lavorando, non hanno avuto tempo di approfondirla. Ora che magari sono in pensione, la riprendono in mano, come fosse una coccola.
Che messaggio vorrebbe lanciare a chi si imbatte sul suo canale, o assiste ad un suo spettacolo?
Beh, quello di Epicuro: non si è mai ne’ troppo giovani, ne’ troppo vecchi per prendersi cura di se’ stessi. Bisogna interrogarsi su noi stessi e su noi stessi nel mondo, perché la filosofia è questo: un’indagine individuale, è vero, ma dell’individuo inserito nel mondo.