La disfida degli otto miliardi


di Renato Costanzo Gatti

Nel ddl fiscale, quest’anno, si assiste ad un inusuale passaggio, ovvero il governo Draghi dopo aver stabilito che ci sono 8 miliardi (12 se si tien conto anche dei 4 miliardi di tasse ecologiche programmate ma rinviate) destinati a ridurre le imposte, dove scegliere in che modo utilizzarli. La premessa da cui il governo parte è che il cuneo fiscale italiano è molto più alto del cuneo degli altri paesi europei; la conseguenza è la scelta se ridurre l’Irpef o l’Irap, ma questa scelta il governo non la fa, la lascia al libero dibattito parlamentare.

Comincio con il cuneo fiscale; il fatto che sia il più alto in Europa è, a mio parere, una indicazione irrilevante. Infatti, se il cuneo fiscale serve a coprire prestazioni come le pensioni, la sanità, la cassa integrazione o altre che gli altri paesi non prevedono, è ovvio che il cuneo sia maggiore nel primo paese rispetto a quello degli altri paesi. Il maggior o minor cuneo non si misura in assoluto ma a parità di prestazioni finanziate dal cuneo stesso.

Passiamo alla scelta fra Irpef e Irap; partendo dalla premessa di voler ridurre il cuneo fiscale, la conseguenza di scegliere tra le due imposte è assolutamente incongrua: la riduzione dell’Irap non ha nulla a che fare con la riduzione del cuneo fiscale, cosa invece realizzabile con la riduzione dell’Irpef. La riduzione dell’Irap è un’elargizione incondizionata fatta al capitale.

Alfine parliamo della riduzione dell’Irpef realizzabile spaccando in due il mega scaglione da 28 a 55.000€ e riducendo l’aliquota sul primo neo-scaglione per ridurre il carico Irpef sui redditi medio-bassi. Ma anche qui, se non si aumentano le aliquote degli scaglioni superiori, la riduzione dell’imposizione favorisce non i redditi medio-bassi ma quelli medio-alti.

Ma la cosa più intrigante e che più sollecita la mia curiosità è perché il governo abbia rinunciato di esplicitare il suo orientamento ma abbia lasciato la scelta alla “politica”. Questa scelta democratica nasconde, a mio parere, un disegno draghiano pro presidenzialismo; mi spiego.

Premesso che 8 miliardi sono una cifra relativamente modesta che non cambierà la vita a nessun contribuente né come minor Irpef né, soprattutto, come incentivo al capitale riducendo l’Irap (ricordo che per la pandemia se ne sono distribuiti circa 200) la lotta per la scelta viene lasciata ai partiti della maggioranza dove troveremo le posizioni più conflittuali. La sinistra vorrà che sia privilegiata la riduzione dell’Irpef; il centro-destra indicherà la preferenza per la riduzione dell’Irap; la destra tornerà all’attacco con la flat tax.

La discussione, nonostante i tavoli predisposti per raggiungere una sintesi comune, sarà tanto violenta quanto inconcludente e non arriverà a nessuna conclusione, costringendo il presidente Draghi a disegnare un mega-emendamento di sua concezione che scioglierà il nodo. Con questa mossa il presidente dimostrerà una volta ancora l’incapacità della politica di risolvere i problemi, incapacità che, fra l’altro, è quella che lo ha portato alla presidenza del consiglio.

Come ciliegina sulla torta poi, sul maxi-emendamento – con tutta probabilità – verrà posta la fiducia che vedrà tutti i partiti della maggioranza costretti a rinfoderare le loro armi spuntate ed allinearsi ubbidientemente al voto di fiducia favorevole.

Il disegno presidenzialista segnerà un ulteriore passo avanti sulla strada giorgettiana del presidenzialismo de facto. Ne è ulteriore sintomo il fatto che il presidente Draghi si sia mostrato infastidito dalla proposta Letta di un tavolo dei segretari per cercar di trovare una soluzione concordata comune. Ma, a parte l’improbabilità che questa soluzione comune sia raggiunta, mica si crederanno di imporre al premier la loro volontà?