L’Istat accerta che è in aumento il tasso di disoccupazione giovanile, siamo arrivati al 33%, +1,1 su febbraio, +5,4 sull’anno. Questo dimostra come per i ragazzi si sia sostanzialmente bloccato lo sbocco verso l’impiego, a causa anche delle forti riduzioni alla scuola-lavoro e all’inesistente orientamento scolastico
di redazione
In Italia essere donne e giovani è un handicap, colpiti da disoccupazione, lavoro insicuro, divario tecnologico, crisi economica. La pandemia ha fatto il resto. Una situazione che viene certificata dai vari istituti di ricerca che studiano il fenomeno dell’occupazione giovanile.
Da inizio pandemia circa 900mila occupati in meno. Il mercato del lavoro si è fermato: in calo anche i dipendenti stabili nonostante cassa Covid e blocco dei licenziamenti.
Si registra il flop del decreto Garanzia giovani. A dicembre il tasso di disoccupazione generale è risalito al 9% (anche qui l’Italia è in fondo alle classifiche internazionali) e l’inattività è schizzata di nuovo su: in un mese +42mila unità, sull’anno +482mila. C’è da scoraggiarsi e per i giovani, forse, non resta che lasciare il Bel Paese verso altre mete più attrattive in tema di occupazione.
L’Ista certifica che vi è un calo di 38mila occupati permanenti, rispetto a febbraio, e -250mila su marzo 2020, nonostante il blocco dei licenziamenti in vigore nel periodo e l’utilizzo massiccio della cassa integrazione Covid-19.
Troppi paletti normative contenute anche nel Decreto Dignità. Le politiche attive sul lavoro sono un problema.
L’Istat accerta che è in aumento il tasso di disoccupazione giovanile, siamo arrivati al 33%, +1,1 su febbraio, +5,4 sull’anno. Questo dimostra come per i ragazzi si sia sostanzialmente bloccato lo sbocco verso l’impiego, a causa anche delle forti riduzioni alla scuola-lavoro e all’inesistente orientamento scolastico.
Uno studio Inapp ha evidenziato che nonostante il crollo dell’occupazione, ci siamo migliaia di posti che rimangono scoperti, per assenza di competenze e candidati a vocazione “tecnico-professionale”.
In Italia ci sono meno di 3 adulti in età lavorativa per ogni persona over 65. Se a questo si aggiunge il fatto che abbiamo un tasso di occupazione del 58%, il risultato è che ci si avvicina verosimilmente a un rapporto 1 a 1 tra lavoratori effettivi e persone over 65.
In teoria il futuro dovrebbe parlare giovane, ma così non è.
Tra scuola e lavoro ci sono i Neet. L’acronimo Neet si riferisce ai giovani non occupati e che non stanno neanche svolgendo esperienze formative. Il fenomeno, per la fascia di età 15-34 anni, nel 2020 ha registrato un’incidenza del 25,1% in tutta Italia (secondo Giovani.stat). La regione con la più alta percentuale è la Sicilia (41% di giovani inoccupati), seguita da Campania (38,7%), Calabria (38,4%), Puglia (32,9%) e Molise (31%).
Un quadro, questo, in parte condizionato dallo scoppio della pandemia, con le sue ben conosciute ripercussioni sull’economia mondiale. L’Italia ha il tasso di occupazione giovanile più basso tra gli 11 principali paesi europei (42%). Negli ultimi 10 anni, poi, il tipo di occupazione part-time è molto aumentata sia tra i giovani maschi che tra le giovani femmine tra i 25 e i 29 anni.
Con questa carenza perenne di lavoro i giovani si rivolgono al part-time che rappresenta l’unica possibilità lavorativa.
Un capitolo a parte la questione degli stage. Secondo le rilevazioni di Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro), nel periodo 2014-2019, ben il 17% dei giovani è entrato nel mercato del lavoro proprio attraverso un tirocinio. In generale, il numero di stage attivati ogni anno è in crescita, anche grazie agli incentivi del programma Garanzia Giovani. Uno stage di 6 mesi si tramuta in un contratto di lavoro solo nel 25,2% dei casi. Se è durato solo 1 mese, nel 19,4% delle occasioni. Tra chi ha passato in azienda almeno 3 mesi, solo il 23,4% è stato poi assunto.
La situazione è nera anche per i precari e le partite IVA. I vari Decreti non hanno prodotto effetti su questa ampia fascia “marginale” del mercato del lavoro. Su di loro, guardando i numeri dell’Istat, si è abbattuto uno tsunami: in un anno 393mila occupati a tempo in meno, e -209mila indipendenti.
Le misure legislative di protezione vanno modificate perché hanno fallito di fronte alla prova dell’emergenza, in particolare per precari e partite Iva.
Dati sconfortanti: secondo l’Istat la fascia d’età centrale del mercato del lavoro 25-49 anni è praticamente ferma. Non solo non riesce a entrare nell’occupazione (in un anno entrambi i segmenti hanno perduto, complessivamente, quasi 500mila occupati), ma neanche più lo cerca, visto il boom di inattivi. É un segnale molto preoccupate, che non va sottovalutato.
Secondo i sindacati servono incentivi e una immediata riduzione del costo del lavoro che grava sulle imprese.
In una fase tempestosa e nera come quella che stiamo vivendo, è fondamentale far decollare subito le politiche attive, con il coinvolgimento dei privati, e soprattutto con una migliore formazione scolastica.
Non si può andare avanti con le sole misure emergenziali.
Se non si cambia passo, si continua a fare come lo struzzo!