La crisi del lavoro negli Stati Uniti sta diventando strutturale?


Negli Usa ci vorranno anni prima che tutti quelli che sono stati licenziati per colpa della pandemia tornino a lavorare. L’allarme lo ha lanciato ieri il Congressional Budget Office (Cbo), l’ufficio studi del Congresso Usa, un organismo bipartisan.

Tuttavia, l’economista Fabrizio Pagani, ordinario a Parigi e alla Luiss,  direttore dell’Ocse, ex capo gabinetto di Pier Carlo Padoan ed ex sherpa del G20, non è troppo pessimista. “Non penso che la crisi del mercato lavoro Usa – dice all’AGI – sia strutturale.

Potrebbe diventarlo, se non si faranno le mosse giuste, ma io resto abbastanza ottimista. Il problema è che siamo in presenza di una ripresa a forma di K, con alcuni settori che vanno bene e, altri, tutti ad alta intensità di lavoro, che vanno molto male. Ci vorrà del tempo per uscirne fuori, ma ce la faremo”.

Cbo: occupati a livelli pre-pandemia solo nel 2024

Luci e ombre sull’economia americana. Secondo l’analisi del Cbo, l’economia a stelle e strisce sta andando meno peggio del previsto: quest’anno il Pil crescerà del 3,7%, più di quanto il Cbo aveva previsto l’estate scorsa e nel 2020 il calo della crescita è stato molto inferiore alle stime iniziali.

Tuttavia l’economia Usa rimarrà al di sotto dei suoi livelli potenziali fino al 2025 e il numero di americani occupati non tornerà ai livelli pre-pandemici fino al 2024. Queste preoccupazioni sono le stesse di molti esponenti di spicco della Fed, che anche ieri hanno ribadito che l’economia resta in profonda recessione e che saranno necessari ulteriori ulteriori aiuti fiscali per raggiungere una piena ripresa e aiutare i disoccupati a trovare lavoro.

Pagani: siamo in presenza di uno shock esterno

“Dal rapporto del Cbo emergono due considerazioni”, spiega Pagani. “La prima è che l’occupazione Usa non si sta riprendendo così velocemente come dovrebbe perché i settori più colpiti dai lockdown sono quelli ‘labour intensive’ dei servizi, dell’intrattenimento, della ristorazione, del turismo. La seconda osservazione invece lascia ben sperare. Se la ripresa è come spiega il Cbo, significa che siamo in presenza esclusivamente di uno shock esterno.

Non vedo il rischio di nodi strutturali. Potrebbero nascere in seguito, ma al momento non ci sono. L’occupazione è sempre un po’ in ritardo rispetto ai dati macro: prima inizia la ripresa economica e per quella dell’occupazione occorre sempre aspettare 3-6 mesi. Peraltro, questo che dico sullo shock esterno e sulla ripresa mi sembra confermato dai dati odierni sul Pil italiano. Resta inteso che i problemi strutturali possono subentrare se non ci sono adeguate misure di sostegno.

Mi riferisco, in questa fase, agli stimoli fiscali, perché dal punto di vista monetario la Fed e le altre banche centrali mi sembra abbiano fatto quello che dovevano fare. Ci possono essere aggiustamenti, ma sono a margine, mentre dal punto di vista della politica di bilancio, questo pacchetto Biden a me sembra necessario. E penso anche che debba essere ampio, ingente e ben pensato. E questo lo penso anche per l’Europa. Negli Usa il sostegno al reddito è probabilmente più importante, mentre per l’Europa servono più investimenti e riforme strutturali”.

“Il rischio vero è che gli aiuti non siano adeguatI”

“Il rischio vero in questi casi – dice ancora Pagani – è che le politiche di intervento non siamo adeguate. Direi che lo scorso anno la risposta è stata adeguata, non solo negli Usa, ma anche in Europa. Lo è stata dal punto della politica monetaria e anche, in modo più diverso, per quanto riguarda le politiche fiscali. Oggi tutto poggia essenzialmente sulla politica fiscale, che è più lenta di quella monetaria ma è più diretta, va a colpire e stimolare quei settori che più ne hanno bisogno, mentre la politica monetaria è come una coperta che copre tutto, passa per le banche, non può privilegiare i settori più a rischio, può solo facilitare l’economia nel suo insieme.

Complessivamente – aggiunge l’economista – sono ottimista perché mi sembra che l’economia americana e anche quella europea stiano dimostrando di avere una forte capacità di reazione. E questo dimostra anche che quello che è successo è un external shock. Non c’è un problema interno al settore economico, come è successo nel 2009 con la crisi Lehman. Senza la pandemia l’economia marcerebbe bene”.

“Effetti crisi non finiti ma economia potrà riprendersi”

“​Ancora non abbiamo visto tutti gli effetti di questa crisi. Li vedremo quando misure come il divieto dei licenziamenti e le moratorie sui crediti non ci saranno più. A quel punto l’effetto sull’economia sarà ancora più profondo e potrebbe portare a delle dislocazioni molto forti. Tuttavia, se ci saranno delle risposte adeguate, le percezione è che l’economia potrà riprendersi. Il manifatturiero italiano e tedesco, le imprese americane, ci danno l’impressione che, una volta tolta la cappa del Covid, potranno riprendersi.

Faccio un esempio, che secondo me è importante: nelle altre crisi economiche i risparmi calano, perché la gente li usa per far fronte alla crisi. In questo caso invece succede l’opposto: i risparmi delle famiglie sono aumentati perché le persone stanno a casa e non possono spendere. E’ un risparmio forzoso che, quando usciremo dalla pandemia, potrà essere utilizzato e contribuirà al rimbalzo”.

Fonte: economia agi