di Claudia Fresta
Negli ultimi decenni, la globalizzazione ha favorito un’intensa interconnessione tra le economie mondiali, riducendo barriere commerciali e promuovendo scambi internazionali. Tuttavia, la politica dei dazi doganali ha riacquisito un ruolo centrale nei dibattiti economici, in particolare durante la presidenza di Donald Trump.
La dogana è l’ente preposto al controllo delle merci che transitano tra i confini nazionali. Oltre a garantire la sicurezza e il rispetto delle normative commerciali, la dogana è responsabile della riscossione dei dazi, ovvero le tasse imposte sulle merci importate o esportate. Questi dazi, introdotti per diversi motivi – dalla protezione dell’industria nazionale al riequilibrio delle bilance commerciali – sono strumenti di politica economica che influenzano direttamente i prezzi, la competitività e i flussi commerciali.
La correlazione tra dazi e dogana si manifesta in tre aspetti principali:
1. Raccolta fiscale: I dazi rappresentano una fonte di entrate per i governi, contribuendo al bilancio statale.
2. Barriera commerciale: Attraverso la dogana, i governi regolano l’ingresso di merci estere, proteggendo settori strategici o vulnerabili.
3. Leve politiche: I dazi vengono spesso utilizzati come strumento di pressione geopolitica o per negoziare accordi commerciali più favorevoli.
L’introduzione o l’aumento dei dazi genera una serie di conseguenze economiche:
• Aumento dei prezzi: I consumatori e le imprese che dipendono da beni importati affrontano costi più elevati, che possono ridurre il potere d’acquisto e rallentare la crescita economica.
• Protezione dell’industria locale: Settori nazionali strategici beneficiano di una ridotta concorrenza estera, stimolando l’occupazione e la produzione interna.
• Ritorsioni commerciali: I paesi colpiti dai dazi spesso rispondono con misure simili, innescando guerre commerciali che danneggiano entrambe le parti.
La presidenza Trump ha segnato un ritorno a un approccio protezionistico, rompendo con la tradizione americana di promuovere il libero scambio. Sotto il motto “America First”, Trump ha adottato una politica commerciale aggressiva, imponendo dazi significativi su prodotti provenienti da paesi come Cina, Unione Europea, Canada e Messico.
Le principali motivazioni dietro questa politica includevano, tra i tanti motivi, la riduzione del deficit commerciale: gli Stati Uniti hanno storicamente importato più di quanto esportassero; Trump ha sostenuto che i dazi avrebbero riequilibrato la bilancia commerciale. Diretta conseguenza diventa il rilancio dell’industria manifatturiera: i settori tradizionali come l’acciaio e l’automotive sono stati protetti con dazi elevati per favorire la produzione interna.
Ulteriore aspetto cruciale è la pressione sulla Cina: Trump ha imposto dazi su centinaia di miliardi di dollari di merci cinesi per contrastare pratiche commerciali ritenute sleali, come il furto di proprietà intellettuale e il dumping.
Le misure protezionistiche di Trump hanno avuto effetti misti:
• Negativi: Molte aziende americane hanno affrontato costi più elevati per le materie prime importate, trasferendo l’aumento dei prezzi ai consumatori. Le esportazioni statunitensi hanno subito un calo a causa delle ritorsioni straniere, colpendo settori come l’agricoltura.
• Positivi: Alcuni settori nazionali, come l’acciaio, hanno registrato un temporaneo aumento della produzione e dell’occupazione.
Le politiche di Trump hanno innescato tensioni commerciali globali, minando il sistema multilaterale promosso dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Paesi come la Cina hanno risposto rafforzando la loro autosufficienza economica, mentre l’Unione Europea ha intensificato accordi bilaterali per diversificare i mercati.
La correlazione tra dazi e dogana rappresenta un aspetto cruciale della politica economica, con implicazioni che vanno oltre il semplice scambio di merci. Durante l’era Trump, i dazi sono stati utilizzati non solo come strumento economico, ma anche come leva politica per ridefinire i rapporti di forza globali. Sebbene alcune industrie americane abbiano tratto vantaggio da queste misure, le guerre commerciali hanno dimostrato che il protezionismo comporta costi significativi per l’economia globale, richiedendo un delicato equilibrio tra interessi nazionali e cooperazione internazionale.