di Ettore Minniti
Negli ultimi venti anni la comunicazione delle amministrazioni pubbliche in generale e degli Enti Locali in particolare, ha conosciuto un forte sviluppo sia per effetto della spinta normativa che per effetto del mutato rapporto tra la P.A. e la collettività, in termini di livello di informazione e conoscenza della gestione della cosa pubblica. In quest’ultimo caso la pratica più evoluta del management e della gestione di organizzazioni complesse, sia private che pubbliche, ha permesso di affinare strumenti di rilevazione e di comunicazione per migliorare il livello di conoscenza dei prodotti e dei servizi e, nel caso della P.A., di elevare il livello di trasparenza e di accountability della gestione della “res publica” (R. Mele – M. Calabrese – O. Troisi in La comunicazione negli enti locali: tra comunicazione istituzionale e comunicazione politica)
Relativamente agli aspetti normativi, tra le disposizioni regolamentari più significative, la legge 142/1990 introduce nuove regole sulla trasparenza amministrativa e sancisce l’obbligatorietà della comunicazione pubblica. Di notevole importanza risulta il d.lgs. n. 267/2000 in materia di comunicazione; esso, infatti, oltre a rendere obbligatorio il controllo di gestione attraverso una riforma completa della contabilità degli enti pubblici ed in particolare prevedendo definiti strumenti di programmazione quali la Relazione previsionale e programmatica, il Programma esecutivo di gestione ed il Piano dettagliato degli obiettivi, all’art. 124 disciplina la “Pubblicazione delle deliberazioni” disponendo che tutte le deliberazioni del comune, della provincia e degli altri enti locali siano pubblicate mediante affissione all’albo pretorio nella sede dell’ente o del comune ove ha sede l’ente, salvo specifiche disposizioni di legge. La relazione/interazione tra comune e cittadino diviene così veicolo di flussi comunicativi reali e potenziali, per i quali sorge la necessità di definirne l’obbligatorietà rispetto a determinati principi e regole normative. Lo sviluppo dell’obbligo della comunicazione pubblica e del corrispondente diritto dei cittadini ad essere adeguatamente informati viene ulteriormente sancito ed opportunamente strutturato da un insieme di provvedimenti normativi. In particolare la normativa si sofferma sulla formazione del personale da adibire a questa funzione e sul ruolo che le strutture operative devono avere all’interno dell’amministrazione. L’ufficio stampa, invece, può essere definito come una struttura, di carattere professionale che si occupa del reperimento, del trattamento giornalistico e della successiva diffusione dell’informazione. Requisito essenziale per far parte dell’ufficio stampa è l’iscrizione all’albo dei giornalisti.
Ciò premesso, appare inappropriato l’utilizzo di una pagina Facebook per le comunicazioni istituzionali (anche in video).
Un recente Studio commissionato dal Corecom Emilia-Romagna mette in evidenza l’impossibilità, per gli enti pubblici, di essere titolari di una pagina su Facebook.
Facebook non permette alle persone giuridiche di aprire un proprio account. Per aprire una pagina pubblica, si deve sempre e comunque passare attraverso un profilo personale.
Ad esempio ci si chiede su chi ricadono le conseguenze civili, penali ed amministrative di quanto pubblicato?
Esistono quindi una serie di elementi critici presenti ogni qualvolta un Ente pubblico, in adempimento ai propri obblighi di comunicazione istituzionale (L. 150/2000), scelga quale canale privilegiato un social network.
L’iscrizione di una persona ad un social network è un vero e proprio contratto, e questo è di natura onerosa, dove i dati della persona fisica vengono sfruttati economicamente dal social network. Inoltre, il contenuto caricato sulla pagina viene pubblicato sempre e comunque dalla persona fisica, con cui il social network ha sottoscritto il contratto. L’Ente pubblico quindi beneficia della Pagina FB senza aver alcun rapporto diretto con Facebook.
Altra domanda a cui rispondere: chi risponderebbe di eventuali conseguenze relativamente al contratto in essere?
Facebook “rifiuta di contrattare direttamente con le persone giuridiche, sia pubbliche che private, per la fornitura dei loro servizi di comunicazione social. “Il descritto rifiuto…con le organizzazioni dotate di personalità giuridica costringe queste ultime a ricorrere a complesse strategie contrattuali per poter accedere ai descritti servizi di comunicazione digitale orizzontale, che a loro volta generano complesse problematiche per quanto riguarda l’imputazione all’ente della comunicazione veicolata dagli account social registrati dal dipendente-persona fisica nonché per quanto riguarda l’imputazione delle eventuali responsabilità (civili, penali ed amministrative) originate dalla suddetta comunicazione”.
Un’altra ipotesi utilizzata, spesso per errore, è la creazione di un finto profilo personale intestato al Comune e tramite il quale aprire la pagina Facebook ufficiale dell’Ente. Tale operatività è contraria alla Policy di Facebook clausola 3.1: “l’utente è tenuto a: usare lo stesso nome di cui si serve nella vita reale; fornire informazioni personali accurate; creare un solo account (il proprio) e usare il proprio diario per scopi personali (…)” e consequenzialmente portare all’arbitraria chiusura dell’Account.
Aprire una pagina Facebook, quindi, potrebbe avere rilevanze legali importanti, su cui è necessario fare le debite considerazioni.
Lo Studio Corecom ribadisce la natura contrattuale alla base dell’avere un account o una pagina su Facebook e “ciò comporta che le azioni contrattuali (di adempimento, inadempimento, risoluzione, risarcitoria) restano nella disponibilità” di una persona fisica. Portando alle estreme conseguenze una serie di elementi concatenati, i risultati potrebbero essere paradossali.
Secondo Corecom “L’utilizzo delle Pagine Facebook per la comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni in collegamento con gli account personali di singoli dipendenti risulta in definitiva remunerato con i dati personali del dipendente, con la licenza del suo diritto d’autore sui contenuti caricati sul diario personale nonché con la licenza del diritto d’autore eventualmente spettante all’ente sui contenuti caricati sulla Pagina istituzionale.
Il dipendente potrebbe comunque imputare all’ente un arricchimento senza causa a spese del dipendente laddove non risulti che lo stesso sia stato specificamente remunerato per l’esecuzione del mandato ricevuto dall’ente atteso il “costo personale” sostenuto per la sua esecuzione.
Per contro, in caso di trattamento illegittimo o illecito dei dati personali del titolare dell’account social da parte del gestore della piattaforma, il dipendente dell’ente pubblico, oltre alle azioni nei confronti del gestore, potrebbe pretendere dall’ente datoriale il risarcimento del danno occasionato dall’esecuzione del mandato”.
Da approfondire poi ci sono le tematiche di responsabilità civile ed extracontrattuale.
Apparare evidente che gli Enti locali che utilizzano le pagine Facebook per le comunicazioni istituzionale non rispettano le regole o quanto meno inappropriato e inopportuno.
L’importante, però, è fare convegni, in pompa magna, sulla legalità.