La battaglia di Nice, una vita contro le mutilazioni genitali femminili


AGI – La battaglia di una vita contro le mutilazioni genitali. Una donna Masai, Nice Nailantei Leng’ete lotta da sempre, fin dall’età di 9 anni – oggi 30enne – per restituire dignità alle bambine africane. “Una lotta contro l’indifferenza”, come le dice. Nice, operatrice di Amref Health Africa, è nata in una tribù di pastori ed è cresciuta in un villaggio rurale ai piedi del monte Kilimangiaro.

All’età di 9 anni è fuggita, ha detto no con coraggio alla zia che voleva sottoporla alla mutilazione genitale, come è da tradizione nel popolo Masai. Ha il volto gentile, e il sorriso sempre pronto, ma la fierezza del suo popolo traspare dalla fermezza con cui porta avanti la sua lotta, perché tutte le bambine e le ragazze africane possano diventare donne senza inutili sofferenze. Una storia, una vita che ora è diventata libro. Per i tipi di Piemme, Nice ha pubblicato “Sangue, la storia della ragazza masai che lotta contro le infibulazioni” (euro 18,90), che da martedì 14 settembre sarà in tutte le librerie italiane.

Nel mondo almeno 200 milioni di donne e bambine hanno subito mutilazioni genitali, e 44 milioni di loro hanno meno di 14 anni. Si tratta di un fenomeno diffuso principalmente in Africa, ma che coinvolge anche Asia ed Europa. Sono 29 i paesi africani dove le giovani donne subiscono queste pratiche. In alcuni stati del Corno d’Africa, Gibuti, Somalia ed Eritrea, ma anche in Egitto e Guinea l’incidenza del fenomeno rimane altissima, toccando il 90% della popolazione femminile. Le mutilazioni vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni, ma in alcuni paesi anche a bambine con meno di un anno di vita come nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi in Mali.

Il rito della mutilazione in Kenya, paese di Nice, riguarda le bambine tra i 9 e i 12 anni e segna il passaggio dalla pubertà all’età adulta. Il momento nel quale la giovane donna può essere data in sposa, promessa a qualcuno che lei non conosce, spesso un adulto che potrebbe essere suo padre. Nice ha detto no a tutto questo, ha lottato giorno dopo giorno, tutti i giorni, per far capire al suo popolo la barbarie di questa pratica che toglie ogni dignità e ogni speranza alle giovani ragazze Masai.  Non ha smesso un momento finché non è riuscita a introdurre nella sua comunità un rito alternativo, che conserva la tradizione, ma bandisce la mutilazione. Un rito accettato dagli anziani e dai Moran, i giovani guerrieri Masai.

La prima volta ho incontrato Nice proprio durante un rito alternativo, non molto lontano dal suo villaggio. E con lei c’erano 200 bambine e ragazze che si apprestavo a diventare donne celebrando una festa, e non assecondando una barbarie. Il rito alternativo si svolge nell’arco di tre giorni nel periodo di chiusura delle scuole. Le bambine, tra i 9 e i 12 anni, durante queste giornate partecipano a incontri di educazione sessuale e sanitaria: parlano e si confrontano intorno ai temi della sessualità e della salute femminile.

La sera, prima della giornata conclusiva del rito, si svolge una cerimonia durante la quale le bambine condividono quanto hanno appreso durante gli incontri. C’è anche l’accensione di una candela che rappresenta la luce dell’educazione e sono le donne più anziane a passare la fiamma alle più giovani. Alla fine, la luce viene spenta per rappresentare la vittoria sulla brutalità. Ma alle giovani vengono anche mostrati dei filmati sulle mutilazioni genitali. Io non sono riuscito a guardarli.

Il giorno seguente, all’interno di una manyatta, insediamento tipico Masai, gli anziani del villaggio aspettano le bambine vestite con i loro abiti tradizionali coloratissimi. Al loro ingresso, vengono “benedette” dagli anziani con il latte contenuto in una zucca vuota. Poi la festa continua con canti tradizionali e un piccolo spettacolo teatrale contro le mutilazioni.

Un rito che ha salvato più di 15 mila bambine dalla mutilazione. Giovani donne che hanno potuto inseguire un sogno, che non sono state costrette ad abbandonare la scuola perché destinate al matrimonio.

Nice continua la sua lotta in Kenya, ma è anche diventata ambasciatrice nel mondo contro queste brutali pratiche. Nel 2018 il settimanale Time l’ha inserita tra le 100 donne più influenti al mondo. Ma la cosa più importante è che Nice è riuscita a scalfire una tradizione, una cultura ancestrale, ad essere rispettata dagli uomini del suo popolo, tanto che i giovani guerrieri Moran le hanno donato il bastone del comando.

Source: agi