Jean Gabin, solo i capolavori


Iniziata il 16 novembre e fino al 5 dicembre 2021 alla “Cineteca Milano Meet” una personale di 11 film dell’indimenticabile attore francese, amato dai grandi Marcel Carné e Jean Renoir

di Pierfranco Bianchetti

Il brontolio irripetibile, gli occhi semiaperti, il viso perennemente imbronciato, lo scuotere la testa in segno di diniego, sono le caratteristiche più significative di Jean Gabin, uno degli attori francesi più immortali, il leggendario interprete di decine e decine di pellicole entrate a far parte della storia del cinema. La sua formidabile carriera cinematografica, iniziata nel 1930 dopo un duro apprendistato nel varietà parigino, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema francese e non solo.
Nato il 17 maggio 1904, dopo il suo debutto al Vaudeville il 14 aprile 1923 con lo spettacolo, Revue du Rip, comincia a frequentare i set cinematografici chiamato ad impersonare ruoli brillanti ancora ben lontani da quel mauvaise garçon di La bandera, 1935, Il bandito della Casbah, 1936, Il porto delle nebbie, 1938, L’angelo del male, Alba tragica, entrambi del 1939; film d’alta drammaticità che lo renderanno popolarissimo.
Gabin è l’interprete per eccellenza del cinema del Fronte popolare, il periodo francese che va dal 1934 al 1937, la grande speranza rivoluzionaria rappresentata dagli operai, dagli intellettuali e dai militanti della sinistra, decisi a trasformare radicalmente la nazione sotto la spinta di forti cambiamenti sociali e politici. Quest’importante stagione contagia anche la cinematografia francese guidata tra gli altri da grandi autori quali Jean Renoir, (regista del capolavoro La grande illusione, 1937); Marcel Carné, Julien Duvivier, insieme a formidabili soggettisti e sceneggiatori come il poeta Jacques Prévert e Francis Carco. Jean Gabin riesce ad imporsi come il simbolo di quell’epoca (detta anche “realismo poetico”), l’idolo di milioni di lavoratori che s’identificano in lui nel buio delle sale cinematografiche. I suoi personaggi, proletari con il maglione alto, il basco in testa e la bicicletta, sono uomini pronti ogni giorno ad affrontare duri sacrifici, ma anche in grado di vivere spensieratamente il tempo libero nelle tipiche balere frequentate dalla povera gente tra balli, canti e tanti bicchieri di vino buono.
Dopo la seconda guerra mondiale nella quale l’attore ha combattuto come volontario nelle forze armate di De Gaulle combattendo contro i nazisti e congedandosi con onore nel luglio 1945, tenta con difficoltà di reinserirsi nuovamente nel mondo della celluloide, ma le parti che gli sono offerte non sono proprio memorabili. Fortunatamente è Marcel Carnè che gli viene in soccorso affidandogli un ruolo di un certo prestigio in La Vergine scaltra, 1949, un film tratto da Simenon, cui fa seguito Il piacere, 1951 di Max Ophuls.
Capelli imbiancati, corporatura robusta, camminata lenta e sguardo annacquato, l’attore nel 1953 non si lascia sfuggire l’occasione rappresentata da Grisbì, 1954, un noir diretto da Jacques Becker, che sfonda al botteghino, per riconquistare i favori del pubblico più popolare. Da quel momento la sua carriera proseguirà ininterrotta fino alla scomparsa avvenuta il 26 novembre 1976.
Tra le pellicole in versione originale con sottotitoli italiani in programma Grisbì, Il bandito della Casbah, L’angelo del male, La grande illusione, Alba tragica, Le mura di Malapaga, Il porto delle nebbie e soprattutto l’anteprima di Un Français nommé Gabin, primo film interamente d’archivio a lui dedicato che attinge a documenti storici, familiari e cinematografici: fotografie, riviste, manifesti, canzoni, cinegiornali, cui si aggiungono quasi duecento estratti da oltre la metà delle novantacinque opere della sua filmografia (martedì 16 novembre ore 17.30 e Domenica 28 novembre ore 19.30).