Istat: con le politiche per la famiglia giù il rischio povertà 2022


 

di redazione

 

Nel 2022 si stima che l’insieme delle politiche sulle famiglie abbia ridotto la diseguaglianza (misurata dall’indice di Gini) da 30,4% a 29,6%, e il rischio di povertà dal 18,6% al 16,8%. Lo afferma l’Istat. Le stime includono gli effetti dei principali interventi sui redditi familiari adottati nel 2022: la riforma Irpef; l’assegno unico e universale per i figli a carico; le indennità una tantum di 200 e 150 euro, i bonus per le bollette elettriche e del gas; l’anticipo della rivalutazione delle pensioni. (ANSA).

Secondo l’Istat la riforma dell’Irpef, l’assegno unico e gli altri interventi hanno ridotto il rischio di povertà per le famiglie con figli minori, sia coppie (-4,3 punti percentuali), sia monogenitori (-4,2), soprattutto in seguito all’introduzione dell’assegno unico. Per le famiglie monocomponenti (-2,1) e per gli ultrasessantacinquenni soli (-1,3) la riduzione è dovuta prevalentemente ai bonus e all’anticipo della rivalutazione delle pensioni. Per le famiglie senza figli o solo con figli adulti il rischio di povertà rimane quasi invariato o aumenta lievemente. L’assegno unico ha determinato, nel 2022, una riduzione del rischio di povertà di 3,8 punti percentuali per i giovani da 0 a 14 anni, di 2,5 per quelli da 15 a 24 anni e di 2,4punti percentuali per gli individui nella classe di età fra i 35 e i 44 anni. Se si considerano anche le altre politiche, la riforma Irpef, i bonus e la rivalutazione delle pensioni, il rischio di povertà si riduce ulteriormente per tutte le classi di età al di sopra dei 24 anni. La riforma dell’Irpef ha dato luogo a una diminuzione delle aliquote medie effettive pari all’1,5% per l’intera popolazione, con riduzioni più accentuate nei tre quinti di famiglie con redditi medi e medio-alti. Fra le famiglie che migliorano la propria situazione, il beneficio medio risulta meno elevato nel quinto più povero della popolazione, caratterizzato dalla presenza di contribuenti con redditi inferiori alla soglia della no-tax area, esenti da imposta. Le famiglie del penultimo quinto assorbono il 31,7% del beneficio totale della riforma dell’Irpef che corrisponde al 2,3% del reddito familiare. Le famiglie che peggiorano la propria situazione subiscono, invece, una perdita più elevata nel quinto più ricco della popolazione, dove si registra oltre la metà della perdita totale.

L’introduzione dell’assegno unico determina anche un peggioramento dei redditi per alcune tipologie di famiglie. Per questo sottoinsieme la perdita media è pari a 591 euro (circa 50 euro mensili). La perdita più elevata si ha nei due quinti più ricchi (rispettivamente 887 e 951 euro) e in quello più povero (752 euro). La percentuale maggiore di famiglie svantaggiate dalla misura e la maggiore quota di perdita sul totale si concentrano nei primi due quinti; la perdita, in rapporto al reddito familiare, è più elevata nel primo quinto. Si tratta di casi in cui l’assegno per il nucleo familiare aveva un importo maggiore del nuovo assegno unico.

Le analisi dell’attuale scenario distributivo – sottolinea l’Istat – tengono conto solo parzialmente degli impatti differenziali tra i diversi livelli di reddito del significativo aumento dell’inflazione, che saranno oggetto di ulteriori approfondimenti.