Israele, Palestina e i conflitti arabo-israeliani


Il confitto fra lo Stato di Israele e i palestinesi ha coinvolto gli stati arabi in uno dei conflitti più complessi duraturi e pericolosi della storia contemporanea. Non ha avuto solo conseguenze di carattere militare ma anche economico, incidendo sulla crescita dei prezzi del petrolio e sull’evoluzione del terrorismo internazionale.

Israele e Palestina

Il popolo ebraico cominciò ad insediarsi in Palestina nei primi anni del ‘900 ispirati dai ragionamenti di Theodor Herzl che strutturò i fondamenti ideologici del sionismo, predicando uno Stato ebraico nel quale avrebbero dovuto trovare dimora tutti gli ebrei del mondo. Tuttavia il sionismo ebbe un’accelerazione grazie all’intervento di uno Stato europeo, l’Inghilterra che a causa del suo coinvolgimento nella Prima guerra mondiale aveva bisogno dell’appoggio degli ebrei inglesi e pertanto il Ministro degli esteri della Gran Bretagna dichiarò nel 1917 che il governo di Sua maestà avrebbe considerato favorevolmente la nascita di un luogo dove il popolo ebraico potesse insediarsi.

Successivamente nel 1918, dopo il crollo dell’Impero ottomano, la Gran Bretagna fu incaricata dalla Società delle Nazioni di gestire il territorio della Palestina. Negli anni ’20 gli insediamenti ebraici aumentarono notevolmente provocando scontri con le popolazioni arabe che erano fortemente preoccupate che la presenza di insediamenti ebraici avrebbe limitato la loro indipendenza. Gli scontri fra arabi ed ebrei proseguirono anche negli anni’30 senza che si giungesse ad alcuna risoluzione.

Dopo la Seconda guerra mondiale e soprattutto a causa dell’Olocausto e della soluzione finale organizzata dai nazisti con l’intento di sterminare tutti gli ebrei d’Europa, l’immigrazione verso la Palestina di persone di religione ebraica aumentò sensibilmente. Il governo britannico però impose un’immigrazione controllata causando fortissimi malumori alle organizzazioni ebraiche.

Per contrastare l’amministrazione britannica gruppi combattenti sionisti come l’Irgun e la Banda Stern iniziarono una serie di campagne violente contro gli inglesi i quali nel 1947 decisero di rimettere il loro mandato all’ONU che nel frattempo aveva sostituito la Società delle Nazioni. L’ONU approvò la divisione della Palestina fra arabi e israeliani ma questa decisione non fermò gli scontri che anzi si intensificarono e il 14 maggio 1948 il popolo ebraico stanziato in Palestina dichiarò la nascita dello Stato ebraico.

Le guerre fra arabi e israeliani

Gli Stati vicini al territorio definito come Stato di Israele reagirono violentemente e attaccarono subito il nuovo Stato. Questo scontro fu definito come Prima guerra arabo-israeliana: causò molti morti e l’esodo di circa 500.000 arabi che dovettero lasciare la Palestina mentre i 200.000 restanti vennero alloggiati nei campi profughi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

Questa situazione sviluppò il nazionalismo arabo e la propaganda contro il governo di  Israele e il popolo ebraico, che vennero accusati di operare uno sterminio contro il popolo arabo. Tale contrasto ideologico si acuì dopo la Seconda guerra arabo-israeliana nata a causa della crisi dello stretto di Suez del 1956.

La crisi di Suez

Il Presidente egiziano Nasser che credeva fortemente nel nazionalismo arabo decise nel luglio del 1956 di nazionalizzare al compagnia che gestiva il canale di Suez il cui capitale era in gran parte di proprietà anglo-francese.

Gran Bretagna e Francia non accettarono di buon grado la decisione e si accordarono segretamente con Israele affinché quest’ultimo conquistasse il Sinai con il pretesto di eliminare le basi dalle quali venivano sparati missili contro Israele, mentre le truppe anglo-francesi avrebbero protetto il canale.

 La comunità internazionale reagì negativamente a questa guerra e in particolare gli USA, che non erano stati avvertiti dell’accordo, iniziarono a fare pressione sull’Inghilterra perché ritirasse le sue truppe dall’Egitto.

Le nazioni Unite seguirono le decisioni americane e iniziarono a chiedere insistentemente il ritiro delle truppe anglo-francesi.

Nel dicembre del 1956 tutti gli eserciti si ritirarono e il Presidente Nasser ottenne un successo personale molto importante diventando il vessillo della lotta per l’indipendenza araba.

Terza guerra arabo-israeliana

La Terza guerra arabo-israeliana iniziò nel giugno del 1967 quando il governo egiziano chiese il ritiro delle truppe ONU che erano stanziate sul Sinai dalla crisi di Suez. Quando l’esercito egiziano raggiunse il Sinai le truppe israeliane attaccarono contemporaneamente l’Egitto riconquistando il Sinai, la Siria conquistando le alture del Golan e la Giordania impossessandosi della Cisgiordania.

La guerra durò solo sei giorni ed è per questo che è conosciuta universalmente come La guerra dei sei giorni. Il governo israeliano decise di mantenere il controllo dei territori e di non restituirli agli Stati vinti nemmeno sotto il controllo dell’ONU. Questa ulteriore guerra provocò l’esodo di altri arabi.

Quarta guerra arabo-israeliana

La Quarta guerra arabo-israeliana scoppiò a causa dell’attacco che Siria e Egitto ordinarono ai rispettivi eserciti contro lo Stato di Israele. La guerra iniziò il 6 ottobre 1973 durante la festa ebraica dello Yom Kippur. I combattimenti furono molto aspri e spinsero gli Stati Uniti d’America ad alzare il livello di allarme nucleare a causa dell’errato sospetto  che anche l’Unione Sovietica volesse entrare nel conflitto.

Il 24 ottobre cessarono le ostilità e Israele riuscì a mantenere i territori che aveva occupato durante i precedenti conflitti. Come conseguenza dell’appoggio internazionale gli stati arabi – possessori dei principali giacimenti petroliferi – alzarono il prezzo del greggio per barile a livelli mai prima raggiunti, facendo precipitare il mondo intero in una crisi economica di proporzioni recessive.

Nel 1978 con gli accordi di Camp David Israele restituì il Sinai all’Egitto e il governo egiziano riconobbe il diritto ad esistere dello Stato Israeliano. Il conflitto ebbe però un altro picco quando Israele invase il Libano per eliminare l’OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina). Questo attaccò influì profondamente sulle relazioni fra arabi e israeliani generando atti di violenza che culminarono con la prima intifada (rivolta) che si sviluppò nei territori occupati.

Accordi di Oslo – Da sinistra Rabin, Clinton e Arafat (13 settembre 1993)

Yasser Arafat leader dell’OLP cercò a questo punto una soluzione pacifica che ottenne una risposta positiva da parte di Yitzhak Rabin, capo del governo israeliano.

Questo processo di pace fu osteggiato dagli estremisti islamici, Hamas e Hezbollah, e dagli estremisti israeliani.

Rabin nel 1993 fu ucciso proprio da uno di questi estremisti.

Da quel momento in poi si sono avute alterne vicende nel percorso dei colloqui di pace.

Israele ha continuato a costruire insediamenti in Cisgiordania e Hamas ha continuato a colpire civili e militari con atti di terrorismo di varia natura.

Questa situazione non risolta ha alimentato l’odio e ha accresciuto il pericolo di attacchi terroristici in tutto il mondo, il più clamoroso dei quali è l’attentato alle Torri gemelle di New York avvenuto l’11 settembre 2001.

Gli anni 2020

Gli episodi negli anni seguenti si sono susseguiti con frequenze alterne.

Un altro momento particolarmente clamoroso per la sua gravità è stata la riprese delle ostilità il 7 ottobre 2023: i palestinesi hanno dato il via all’operazione indicata come “Diluvio al-Aqsa”, lanciando 5 mila razzi e organizzando incursioni di guerriglieri nel sud di Israele. Nelle ore successive si contavano circa 800 morti: la strage di civili più grave della storia dei conflitti tra Israele e Palestina.

Fonte: https://cultura.biografieonline.it/