Ira in Israele per morte ostaggi, oggi sciopero


Monta la protesta in Israele dopo che i soldati hanno recuperato in un tunnel a Rafah, nel sud di Gaza, i corpi di sei giovani ostaggi giustiziati da Hamas con un colpo alla testa meno di 48 ore prima che fossero individuati. L’Hostages and Missing Families Forum, che riunisce buona parte dei familiari dei rapiti nel raid del 7 ottobre, ha accusato il premier Benjamin Netanyahu e il suo governo di essere responsabili della morte degli ostaggi, sopravvissuti quasi undici mesi in prigionia.
“Ufficialmente abbandonati a morire” nelle mani di Hamas a Gaza: questo il messaggio postato sui social dal forum che ha esortato gli israeliani a scendere in piazza. “L’abbandono li ha uccisi, l’indifferenza ucciderà quelli che restano”. Netanyahu, dopo aver atteso diverse ore prima di commentare, ha sottolineato in un video-messaggio che “chi uccide gli ostaggi non vuole un accordo”. “Hamas e’ contro il negoziato da dicembre”, ha aggiunto il premier, e “il fatto che continui a commettere atrocità come quelle commesse il 7 ottobre ci obbliga a fare tutto il possibile per garantire che non possa più farlo”.
Manifestazioni sono state indette nel Paese per fare pressioni a favore del raggiungimento di un accordo immediato con Hamas che riporti a casa i rapiti ancora vivi nelle mani del gruppo militante palestinese e permetta di dare sepoltura a quelli uccisi. Migliaia di persone si sono riunite fuori dalla Knesset, a Gerusalemme, mentre era in corso una riunione di emergenza del gabinetto di sicurezza, e una protesta è stata organizzata nello stesso luogo per domani a mezzogiorno. “Membri del governo, scoprirete nel modo più duro cosa è importante per questa nazione. Non avrete un momento di quiete”, ha assicurato un organizzatore. Decine di persone hanno bloccato l’arteria di Tel Aviv, incendiando copertoni, a migliaia si sono presentati al cimitero di Ashkelon per partecipare al funerale del 33enne Alex Lobanov, uno dei sei ostaggi uccisi, mentre alla veglia a Tel Aviv è arrivato anche l’ambasciatore americano, Jack Lew.
Per oggi è stato lanciato un appello allo sciopero generale, accolto dall’Histadrut, il potente sindacato dei lavoratori. “Da domani alle 6 del mattino l’intero settore del lavoro sciopererà. Un accordo è più importante di qualsiasi altra cosa”, ha avvertito il capo del sindacato, Arnon Bar-David, sostenendo di aver parlato con molti membri dell’apparato di sicurezza e di ritenere che l’accordo sia bloccato “a causa di considerazioni politiche”. “Stiamo ricevendo sacchi per cadaveri invece di un accordo”, ha aggiunto, “sono arrivato alla conclusione che solo il nostro intervento possa convincere coloro che devono essere convinti”. Tra quanti avevano già annunciato l’adesione all’iniziativa di domani c’è il sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai.
A favore dello sciopero generale per “fermare il Paese” anche il leader dell’opposizione Yair Lapid, che in un video ha esortato la popolazione ad aderire alle proteste, a cominciare dalla veglia serale a Tel Aviv presso la sede del Forum, seguita da una manifestazione. “Erano vivi. Netanyahu e il suo gabinetto della morte hanno scelto di non salvare gli ostaggi. Chiedo al sindacato Histadrut, alle grandi aziende e alle autorità locali di fermare l’economia”, ha affermato il leader di Yesh Atid, sottolineando che “non si può andare avanti così”.
Si tratta di una decisione molto forte, mai presa dal massacro del 7 ottobre e l’inizio della guerra a Gaza. L’ultima volta che era stato indetto uno sciopero generale dall’Histadrut era stato a fine marzo 2023, dopo che Netanyahu aveva annunciato il licenziamento del ministro della Difesa Yoav Gallant per aver chiesto pubblicamente lo stop della controversa riforma della giustizia che aveva scatenato proteste di massa e una frattura nella società. Di fronte alla dura reazione popolare, il capo del governo era stato costretto a meta’ aprile a rivedere la sua decisione su Gallant.
Proprio con quest’ultimo giovedì sera Netanyahu ha avuto nuovamente un durissimo scontro in merito al destino degli ostaggi. Il premier siè impuntato sulla necessità di mantenere le truppe israeliane nel corridoio Filadelfia, al confine tra Gaza ed Egitto – uno dei nodi principali che blocca i negoziati per un accordo con Hamas – e ha riconosciuto di preferire questo alla sorte dei rapiti. Una decisione che secondo il ministro della Difesa mina i colloqui in corso, di fatto impedendo un’intesa per riportare a casa gli ostaggi, abbandonandoli al loro destino. Sabato notte, il recupero dei corpi dei sei giovani, uccisi con un colpo alla testa meno di 48 ore prima.
Tra i corpi recuperati c’è anche quello di Hersh Goldberg-Polin, cittadino israelo-americano: i genitori sono diventati tra i volti noti nella battaglia per la liberazione dei rapiti e sono anche intervenuti alla convention democratica a Chicago del mese scorso. Il presidente americano Joe Biden, “affranto dalla notizia” della morte del giovane, ha assicurato di aver “lavorato senza sosta per riportare a casa sano e salvo Hersh” e così si “continuerà per arrivare a un’intesa che assicuri il rilascio degli altri rapiti”. Si è fatta sentire anche la vice presidente americana e candidata democratica alle presidenziali, Kamala Harris, che ha espresso la sua “ferma condanna per la continua brutalità di Hamas, e cosi’ deve fare il mondo intero”. “Con questi omicidi, Hamas ha ancora più sangue americano sulle mani”, ha affermato in una dichiarazione su X, definendola una “malvagia organizzazione terroristica”.
Un centinaio di persone si sono raccolte anche a Central Park, a New York, per commemorare i rapiti uccisi e più tardi è prevista una veglia a Columbus Circle, nell’Upper West Side. Condanna per il loro omicidio è arrivata anche dal segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, dall’Alto rappresentante per la politica estera Ue e dal premier britannico Keir Starmer. I leader hanno anche ribadito con forza la richiesta che Hamas liberi immediatamente gli ostaggi e ci sia un accordo per un cessate il fuoco a Gaza. (AGI)