di Amedeo Lepore
Quando l’Economist si occupa di Mezzogiorno d’Italia non lo fa a caso. In un articolo pubblicato in questi giorni di agosto e dedicato al modo in cui quest’area sta traendo vantaggio da un’ondata di aiuti dell’Unione Europea (How Italy’s Mezzogiorno is benefiting from a flood of EU aid), si affrontano aspetti diversi della vicenda legata al dispiegamento di risorse del Next Generation EU. Il settimanale non si sofferma solo sui flussi di denaro verso il Sud. Partendo dalla testimonianza di un cittadino di Reggio Calabria, restìo a credere di avere ricevuto dal postino il rinnovo della patente di guida richiesto appena tre giorni prima, mette l’accento anche sulla possibilità di conseguire una speditezza delle procedure burocratiche in territori contrassegnati da una storica arretratezza. Si tratta di una questione di non poco conto, divenuta cruciale con la necessità di spendere bene e in tempi molto ristretti somme paragonabili a quelle dell’opera di ricostruzione postbellica. Andrebbe riservato a questo argomento uno spazio più ampio di una singola esperienza: tuttavia, l’articolo attribuisce questo sintomo di cambiamento reale agli effetti delle misure successive alla pandemia. E indica una nuova virtuosità dei territori meridionali, che sembrano intenzionati a sfruttare “l’opportunità storica di ridurre il divario di ricchezza tra il Mezzogiorno e il resto del Paese”. Pur sottolineando la centralità del ruolo dell’Italia nel piano di ripresa europeo, come sua maggiore beneficiaria con 194,4 miliardi di euro e, quindi, come economia nazionale da cui dipende l’esito generale della spesa di 723,8 miliardi, l’Economist esprime una duplice valutazione su tale quadro. Da un lato, un apprezzamento per le modalità con cui è stato predisposto l’intervento, dall’altro un assillo per l’utilizzo dei fondi nei tempi previsti. La scelta compiuta nel 2021 di destinare almeno il 40% degli importi disponibili alle regioni meridionali, una quota ben superiore al 34% della popolazione ivi residente, ha rappresentato un obiettivo chiaro di riequilibrio tra le due parti del Paese. Tra le iniziative significative in atto con gli stanziamenti della UE, la rivista britannica cita la linea ferroviaria Napoli-Bari, il parco eolico al largo della Sicilia, gli asili nido e il processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione. Inoltre, evidenzia che il paventato pericolo di una penetrazione delle mafie e di una loro appropriazione dei finanziamenti pubblici non si è verificato, grazie anche alla predisposizione di quattro controlli separati e di una responsabilizzazione diretta dei funzionari europei sull’accoglimento delle proposte. Queste osservazioni positive non hanno impedito di considerare preferibile a un’azione di carattere prevalentemente locale, come quella iniziale, una strategia fondata su un coordinamento unitario, come quella prevalsa allo scopo di limitare le conseguenze di una mancanza di capacità tecnico-amministrative a livello territoriale e di rendere possibile un impiego delle risorse più celere e sicuro. Tale esigenza, ribadita dall’articolo dell’Economist, è rivolta alla buona riuscita del PNRR e differisce da visioni tendenti alla frammentazione e al localismo, che appaiono di improbabile realizzazione all’interno di un disegno che guardi lontano e incarni una prospettiva di carattere nazionale. Eppure, nel pezzo del settimanale convive, con questa opinione del tutto fiduciosa, il timore che il Paese nel suo insieme – e non solo il Mezzogiorno – non riesca a cogliere “la sua sfida più grande”, ovvero il completamento degli investimenti e delle riforme in corso per la fine del 2026. La rivista fa riferimento alle stime dell’Osservatorio sul Recovery Plan, che si occupa del monitoraggio sull’utilizzo dei fondi destinati all’Italia, presumendo che al ritmo attuale sia difficile riuscire “a superare i 100 miliardi di euro entro la scadenza” e si possa correre il rischio “di perdere i restanti 94 miliardi di euro”. Le ragioni per nutrire speranza e quelle per manifestare apprensione coesistono nel testo, invitando a una riflessione di fondo. Non si tratta di due giudizi contrastanti, ma di un’unica impostazione, che cerca di guardare al presente e al prossimo futuro. Il metodo prescelto per la gestione degli interventi è considerato utile al conseguimento degli obiettivi tracciati. Mentre, la segnalazione della necessità di portare a termine efficacemente gli impegni del PNRR corrisponde alle preoccupazioni formulate da ultimo da Giorgetti e Gentiloni, divergenti sul resto. Certo è che l’attenzione riservata dall’Economist mostra che il Mezzogiorno non è fermo sui suoi passi, ma costituisce un elemento di novità e di interesse anche a livello internazionale.