Interdittiva antimafia illegittima, sancito il risarcimento: ma l’imprenditore si è suicidato


Di Daiana De Luca (Responsabile Comunicazione Confedercontribuenti)


L’interdittiva antimafia emessa nei confronti della Cosiam, società di Gela, che spinse al suicidio circa un anno e mezzo fa l’imprenditore Rocco Riccardo Greco, non doveva essere emessa in quanto “illegittima” perchè mancavano ulteriori elementi “spia”rispetto alla iscrizione nella White List ottenuta dalla società gelese nel 2015.

Lo ha stabilito il Tar del Lazio ed oggi riconfermato dai giudici del Tribunale Amministrativo Regionale di Palermo che hanno accolto il ricorso presentato dagli avvocati della società Giuseppe Aliquò e Loriana Palermo, stabilendo, però, un risarcimento di appena 40.000 euro per la stessa Cosiam, poca roba rispetto alla pioggia di appalti e chance imprenditoriali perdute in tre mesi dall’azienda gelese.

A distanza di quasi diciotto mesi da quel 27 Febbraio 2019 quando, prima ancora che i dipendenti arrivassero in cantiere di via Butera a Gela, Rocco Riccardo Greco, imprenditore di 57 anni, si uccise con un colpo di pistola alla tempia, viene, dunque, rimesso in discussione l’operato della prefettura di Caltanissetta, istituzione preposta ad emettere l’interdittiva antimafia. Per i giudici “deve ritenersi sussistente la colpa grave della pubblica amministrazione che ha palesato un’attività istruttoria gravemente carente, tale da escludere in radice che la valutazione interdittiva si fondi su un quadro fattuale dotato dei requisiti minimi di attendibilità probatoria”; in pratica, per la “singolarità e specificità” della vicenda, il quadro probatorio da cui la Pubblica Amministrazione ha inteso ricavare la “prognosi di permeabilità mafiosa dell’attività imprenditoriale”, risulta inficiato anche da elementi di evidente “ incoerenza” e “contraddittorietà”. L’iscrizione nel 2015 alla White List della prefettura di Caltanissetta avrebbe dovuto imporre  all’amministrazione che intendeva emettere l’informativa negativa un “obbligo motivazionale rafforzato” quantomeno in ordine alla attualità degli indizi – che risultano inesistenti – denotando, così, il macroscopico difetto di istruttoria e di motivazione.

Vero è che l’informazione interdittiva si basa su di una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia che deve valutare ed esprimersi in merito alla sussistenza o meno dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata, ma altrettanto vero è che nel caso della Cosiam, la Prefettura di Caltanissetta emise l’interdittiva facendo “acriticamente prevalere le congetture sostenute dal PM” piuttosto che le conclusioni dell’organo giudicante che aveva assolto l’imprenditore Riccardo Greco, imputato per concorso esterno dalla pubblica accusa, nel processo di  primo grado; la vicenda giudiziaria prese vita proprio dalle informazioni fornite da Greco agli inquirenti sui meccanismi e boss del pizzo che ruotano attorno alla raccolta dei rifiuti di Gela. Il risultato di quello che oggi appare come un grosso errore di valutazione da parte della Prefettura di Caltanissetta, non può che indurre ad una approfondita riflessione.

Si sa che in Sicilia la Mafia è fortemente radicata nel tessuto sociale, imprenditoriale e politico. Si sa anche che molto spesso gli imprenditori siciliani, già fortemente provati da una politica inidonea a creare sviluppo, diventano vittime di un sistema colluso e violento, silenzioso e devastante: quello mafioso. La storia della Cosiam appare, dunque, come un “pasticcio” dalle tragiche ed immani conseguenze. Permettere ad una Pubblica Amministrazione, dotata di ampia discrezionalità, di poter decidere sulla sorte di una attività di impresa appare, a parere di chi scrive, lo strumento meno indicato ed efficace per ristabilire ordine e legalità. Non abbiamo la soluzione ad ogni problema ma sappiamo che per ogni problema esistono più soluzioni ed a fronte di quanto emerso da questa vicenda, ci piacerebbe che il legislatore intervenisse con razionalità e freddezza; ma questo, si sa, non è un terreno di scontro sul quale poter fare propaganda politica.