AGI – Il guasto a un server per le intercettazioni a Palermo, raccontato lunedì da AGI, ha riportato d’attualità le fragilità di un settore, già fiaccato dalle anomalie emerse sulla gestione del trojan nel caso Palamara. Il sistema, dalla metà degli anni novanta, si basa su un equilibrio tra le principali procure italiane e alcune ditte private, che negli ultimi mesi è stato incrinato a causa del nuovo listino prezzi che il governo vorrebbe imporre alle aziende.
Una proposta contenuta in un decreto interministeriale, discusso nelle commissioni Bilancio e Giustizia (che lo hanno approvato seppur con alcune osservazioni) e respinto dalle associazioni di categoria, sia per l’accorpamento delle voci di spesa e la riduzione dei costi, quanto per la retroattività del prezziario.
Le tabelle, allegate alla bozza del decreto, si basano su un range di spesa, tra minimo e massimo, con “tariffa per ogni prestazione” non “superiore al costo medio” rilevato nei cinque centri distrettuali con il maggiore indice di spesa per le intercettazioni, cioè le procure di Palermo, Roma, Napoli, Milano e Reggio Calabria.
Ma basta prendere in esame alcune delle voci spesa riportate nel listino, per comprendere la notevole distanza di cifre. Come le intercettazioni ambientali video, finora distinte in sei categorie e adesso accorpate ad un’unica voce spesa. Così dai 65 euro al giorno, per telecamera standard fino a 400 mt, e dai 140 euro al giorno per una full hd che va oltre i 400 mt, si passerà ad un range di spesa fisso da 36,38 euro a 36,58 euro, per qualsiasi tipologia di videocamera.
Una contrazione di cifre che rischia, viene detto, di stravolgere i conti delle aziende, che oltre a investire in ricerca e sviluppo, sono alla costante ricerca di nuove tecnologie da poter utilizzare nelle indagini. Un sistema che è costato 140 milioni di euro nel 2018, cresciuta a 144 milioni di euro nel 2019 e per cui il Ministero della Giustizia ha garantito uno stanziamento di euro 216.718.734 per il 2020 e di euro 213.718.734 per ciascuno degli anni 2021 e 2022.
Il DOSSIER DELLE AZIENDE, “COMPARTO AL COLLASSO”
La proposta del governo è stata respinta a muso duro dalle associazioni di categoria, come Asli, l’organismo composto dalle ditte più importanti come Ips, Innova, Lutech, Rcs e Sio, che da sole impiegano oltre mille addetti, svolgendo due terzi delle intercettazioni fatte in Italia.
“Tale riduzione porterebbe al collasso dell’intero comparto, con conseguente impatto drammatico sull’operatività delle forza di polizia”, si legge in un dossier consegnato dall’associazione al ministero della Giustizia, che rilancia quanto accaduto a Palermo con il rallentamento di alcune indagini antimafia, tra cui quelle sulle caccia al latitante Matteo Messina Denaro, in seguito al guasto di uno dei server per le intercettazioni.
La causa, stando alla versione fornita dai pm antimafia, sarebbe uno ‘sbalzo di tensione’ che avrebbe comportato il ‘disallineamento’ tra i file delle conversazioni registrate negli ultimi sei mesi e i metadati di ogni intercettazione.
Alcuni mesi fa la procura di Napoli è intervenuta per sospendere l’uso del trojan alla Sio, una delle ditte più importanti del settore, a causa di un disservizio, mentre a Palermo non risultano provvedimenti nei confronti della ditta che utilizzava il server da cui sono scomparsi i metadati associati alle intercettazioni antimafia.
Nelle intenzioni del governo, il nuovo listino prezzi, dovrebbe portare ad una riduzione del 7% delle spese, ma incrociando i dati, l’Asli sostiene che l’applicazione porterebbe ad una riduzione superiore al 50%. Così facendo, si legge nel dossier, “le attività tecniche di intercettazione a supporto delle investigazioni diventeranno economicamente insostenibili” e “le aziende appartenenti ad Asli non saranno più nelle condizioni di assumere nuovi incarichi da parte dell’autorità giudiziaria”.
“CI HANNO SPARATO ADDOSSO”
La discussione sul listino prezzi ha messo in evidenza il ruolo ‘sensibile’ delle aziende impegnate nel settore intercettazioni, titolari dell’attrezzatura utilizzata (videocamere e microspie) e spesso responsabili in prima persona dell’installazione nei luoghi sensibili.
Così, scorrendo i listini prezzi delle procure principali per imbattersi nella voce spesa “Apertura di serrature con cilindro semplice”, finora pagata 1.200 euro, quella con “cilindro alta sicurezza” che arriva fino a 2.100 euro. “In alcune occasioni abbiamo ricevuto perfino dei colpi di pistola addosso”, ha detto Tommaso Palombo, presidente di Ilia (Italian Lawful Inteception & Intelligence Association) ascoltato in commissione Bilancio.
“Le nostre 30 aziende, nella malaugurata ipotesi che non si riesca ad addivenire ad un più specifico confronto per la modifica/integrazione del Dm 247 – si legge in una lettera inviata da Ilia al ministro della Giustizia Marta Cartabia – non saranno più in grado, dal giorno dopo dell’entrata in vigore del decreto, di accettare nuovi incarichi per ulteriori attività, e potranno, dimostrando la consueta responsabilità istituzionale, solo continuare a manutenere quelli già attivi, almeno fino a quando potranno restare in vita, senza originare situazioni che possano generare responsabilità gestionali negative a carico dei loro amministratori”.
Source: agi