Indonesia al voto il 14/02, i giovani ago bilancia


Il 14 febbraio in Indonesia, il più grande Paese a maggioranza musulmana al mondo, quasi 205 milioni di cittadini andranno alle urne per eleggere il nuovo presidente e 20 mila rappresentanti a vari livelli, segnando la fine del decennio della presidenza di Joko Widodo, chiamato Jokowi in patria. In testa nei sondaggi, col 51,8% dei consensi, il ministro della Difesa, il 72enne Prabowo Subianto, candidato per la terza volta, in ‘corsa’ insieme al figlio maggiore del presidente uscente, Gibran Rakabuming Raka, aspirante vicepresidente. L’ex governatore di Giacarta, Anies Baswedan,è al 24,1% nelle intenzioni di voto e l’ex governatore di Giava Central, Ganjar Pranowo, al terzo posto con il 19,6%. Le rilevazioni demoscopiche indicano che la candidatura di Prabowo è andata crescendo da quando ha annunciato la sua alleanza con Gibran, lo scorso ottobre, mentre quella dei suoi rivali si è assottigliata.
Se Prabowo, nel segreto delle urne, non riuscirà a superare il 50%, si andrà al ballottaggio, in agenda per il 26 giugno.
Prabowo, genero del dittatore Suharto (1968-1998), è stato espulso dall’esercito dopo essere stato accusato di violazioni dei diritti umani come capo delle forze speciali indonesiane tra il 1995 e il 1998, cosa che gli è valsa il divieto di ingresso gli Stati Uniti per anni. La popolarità di Probowo, che ha perso le ultime due elezioni contro Widodo nel 2014 e nel 2019, si spiega anche con la spinta data alla sua immagine sui social network, dove i balli del settantenne sono diventati virali e gli indonesiani più giovani descrivono il primo generale come un “nonno affettuoso”. La sua alleanza con Gibran ha suscitato polemiche perché ha rotto la tradizionale neutralità del presidente. Jokowi sostiene tacitamente il suo ministro della Difesa, nonostante il suo stile autoritario e il sanguinoso passato nell’esercito. Inoltre Jokowi, che per legge non poteva presentarsi dopo due mandati consecutivi, è indirettamente candidato: in caso di vittoria suo figlio maggiore diventerebbe vicepresidente, segnando una trasmissione dinastica del potere nell’arcipelago di 17mila isole. La candidatura di Gibran è stata resa possibile, a sorpresa, lo scorso ottobre quando un tribunale presieduto dal cognato di Jokowi ha tardivamente cambiato le regole di ammissibilità al voto, consentendo al figlio del presidente, Gibran Rakabuming Raka, di diventare il candidato vice di Prabowo. Il timore è che questo sviluppo eroda i valori democratici in Indonesia, liberatosi da un regime autoritario solo 25 anni fa.
Il decennio di presidenza Jokowi è generalmente considerato come un periodo di stabilità e prosperità per la più grande economia del Sud-Est asiatico, motivo per cui rimane estremamente popolare ed è in buona parte grazie a lui che il tandem Prabowo- Gibran è in testa nei sondaggi.
Un dato centrale in quanto a fare la differenza alle presidenziali indonesiane è sempre stato il consenso sulle singole personalità politiche piuttosto che i programmi di governo, molto simili tra i tre candidati, dominati da promesse di crescita inclusiva e benessere. Determinante per l’esito del voto i risultati sull’isola di Java, dove vive più della metà dei 277 milioni di abitanti. Altrettanto cruciale sarà il consenso di cui gode Prabowo sui social, in un Paese tra i massimi fruitori al mondo di TikTok: con i suoi brevi video l’aspirante presidente è diventato popolare non per i suoi discorsi elettorali ma per i suoi passi di danza goffi, diventati virali e commentati con affetto dagli utenti. Un trend dovuto al fatto che più della metà degli elettori ha meno di 40 anni, quindi è meno sensibile alle critiche sul passato imbarazzante di Prabowo. Accuse sempre respinte dal diretto interessato, congedato dall’esercito con tutti gli onori e vietato di soggiorno negli Stati Uniti fino a un periodo recente. Il 14 febbraio si capirà se il seguito di Prabowo sui social si tradurrà effettivamente in una partecipazione elettorale significativa della generazione Z, che nel 2019 è stata di gran lunga inferiore rispetto al tasso nazionale. Un’altra categoria determinante è rappresentata dai due più grandi gruppi musulmani moderati dell’Indonesia, Nahdlatul Ulama (NU) e Muhammadiyah, 80 milioni di iscritti, i cui leader sono però spaccati sul candidato da sostenere, visto che solo alcuni appoggiano Anies.
Le elezioni generali in Indonesia hanno una certa importanza a livello geopolitico e diplomatico, per tre motivi: i rapporti con l’Occidente e la Russia, gli equilibri regionali nel contesto dell’influenza cinese e le guerre in Medio Oriente e Ucraina. Prima economia del Sud-Est asiatico, l’Indonesia ha visto il suo peso specifico globale aumentare sotto il mandato di Widodo, soprattutto dopo la sua applaudita leadership del G20 nel 2022. Sul piano militare, Prabowo, attuale ministro della Difesa, ha organizzato un riavvicinamento con l’Occidente, come emerge una recente intervista a Edwin Ramedhan, docente ed ex consigliere del governo indonesiano, pubblicata sul sito ‘Asialyst’. Nel 2021 l’aeronautica indonesiana voleva dotarsi di Sukhoi russi, ma gli americani hanno esercitato pressioni sull’Indonesia, minacciando il Paese di sanzioni economiche. Alla fine Prabowo optò per l’acquisto di Rafale francesi e F-15 americani. Tuttavia, la dottrina militare del Paese non è stata oggetto di un vero aggiornamento e la campagna elettorale non ne parla, pertanto saranno decisive le decisioni che prenderà il futuro presidente. Invece per quanto riguarda i rapporti con la Cina, Prabowo ha un approccio pragmatico: tiene conto del suo peso economico in Asia e del ruolo che può svolgere per lo sviluppo dell’Indonesia. Una forma di ostilità verso i cinesi non colpisce quindi direttamente Pechino quanto la diaspora cinese in Indonesia. Un esempio emblematico riguarda gli investimenti nel settore della lavorazione del nichel che coinvolgono aziende pubbliche cinesi e indonesiane, ma ignorano le aziende private della diaspora cinese. Infine l’Indonesia è particolarmente interessata alla guerra tra Israele e Hamas. Quando si tratta della Palestina, inizialmente è stata la solidarietà religiosa ad avere avuto la precedenza, ma oggi si tratta più di solidarietà anticoloniale. Del resto la stessa Autorità Palestinese chiede solidarietà nazionale piuttosto che religiosa, spingendo l’Indonesia a impegnarsi maggiormente nella risoluzione politica del conflitto. Invece nel conflitto in corso da due anni in Ucraina, molti indonesiani sono maggiormente filo-russi. (AGI)