India: primo turno elettorale, voto pacifico e affluenza 60%


Si è svolta pacificamente, senza incidenti particolari e con una buona affluenza alle urne la prima delle sette fasi delle elezioni generali in India, le più imponenti a livello globale, con cui il premier uscente, l’ultranazionalista Narendra Modi punta a un raro terzo mandato consecutivo. In questa prima fase, gli indiani sono stati chiamati ad eleggere 102 dei 543 deputati della Lok Sabha, la camera bassa del parlamento.
Nella sua cronaca dell’attesa giornata elettorale, il quotidiano Times of India ha riferito che già prima dell’orario di apertura, alle 7 ora locale, gli aventi diritto si sono messi in coda fuori dai seggi, il tutto sotto rigide misure di sicurezza. L’appuntamento odierno con le urne ha coinvolto 102 seggi elettorali in 21 stati e regioni governate a livello federale. A fine votazioni, secondo la Commissione elettorale indiana, l’affluenza globale alle urne è stata del 60,03%, con differenze significative da uno Stato all’altro. Tra gli stati con la partecipazione più alta, c’è il Bengala Occidentale (77,57%), a Kallakurichi nel Tamil Nadu (Sud) è stata del 75,67% (in attesa di quello regionale), con in diversi seggi gli elettori che hanno ricevuto fiori e banane, doni considerati un benvenuto tradizionale. Nel Madhya Pradesh (centro), la Commissione elettorale riferisce di una partecipazione del 63,5%, nel Chennai Centrale del 51,41% e del 48,23% nel Bihar (nord-est). Si è votato anche nello Stato nord-orientale del Tripura (53,04%), nel Meghalaya, nell’Assam, il Manipur e il Maharashtra. Nel Manipur (nord-est) il voto era considerato ad alto rischio, dopo le violenze etniche mortali dall’estate del 2023 e il perdurare delle tensioni negli scorsi mesi tra il gruppo maggioritario Meitei e la minoranza Kuki, con migliaia di sfollati accampati in situazione precaria. Solitamente il Manipur registra un’elevata affluenza alle urne, ma molti membri delle due comunità avevano fatto sapere che si sarebbero astenuti. Nel Madhya Pradesh gli elettori hanno sfidato il cocente sole estivo per recarsi alle urne, e nello Stato centrale
l’affluenza è più bassa del solito, forse anche perché questa è la stazione dei matrimoni.
Gli aventi diritti di Udhampur Lok Sabha, nel Jammu e Kashmir, e in altri territori hanno invece dovuto far fronte a piogge torrenziali.
Proprio a causa del maltempo, un Suv che trasportava una macchina per il voto elettronico è parzialmente affondato in un fiume dopo che il livello dell’acqua si è alzato improvvisamente, travolgendo un’imbarcazione che stava traghettando il veicolo nella circoscrizione elettorale di Lakhimpur, nell’Assam. L’autista e l’ufficiale elettorale del veicolo sono riusciti a scendere prima che l’acqua entrasse nel veicolo.
Gli elettori dei distretti orientali del Nagaland hanno boicottato le elezioni odierne a seguito di un appello del Fronte popolare del Nagaland orientale (Enpo) in segno di protesta per il mancato rispetto di una serie di iniziative promesse dalle autorità del territorio di frontiera. Dallo Stato del Maharashtra il premier Modi ha preso la parola mentre le votazioni erano in corso. “Il Paese ha deciso di votare per un governo forte e deciso; votare per il blocco INDIA è come sprecare il proprio voto.
Il blocco INDIA soffre del fallimento delle idee di sviluppo, sa solo insultare e insultare”, ha affermato durante un raduno a Wardha il candidato del Bharatiya Janata Party (Bjp), la cui riconferma al potere è data per certa. “Prima del 2014 c’era disperazione ovunque. Il Congresso e il blocco INDIA sono contrari agli agricoltori e allo sviluppo”, ha insistito Modi, in riferimento agli ottimi indicatori di crescita economica conseguiti dall’India negli ultimi anni. Non sono mancate critiche aperte dell’opposizione indiana al Bjp e a Modi, in una serie di dichiarazioni rilasciate da diversi esponenti della vasta coalizione INDIA, anche se i media danno maggior risalto a quelle del potere. Le elezioni in India rappresentano il più grande esercizio democratico al mondo, con oltre 969 milioni di elettori, pari a oltre il 10% della popolazione mondiale, e più di 2.600 partiti in lizza.
A sfidare Modi e il suo Bjp, al potere dal 2014, è una coalizione di oltre due dozzine di partiti di opposizione, compreso il Congresso di Sonia e Rahul Gandhi e del suo influente presidente, Mallikarjun Kharge. Il manifesto elettorale del Bjp loda l’operato del governo negli ultimi dieci anni ed evidenzia i benefici dei suoi programmi di welfare, promettendo di trasformare l’India in una nazione sviluppata entro il 2047.
La fiducia del Bjp è tale che il premier Modi ha ribadito più volte la sua intenzione di ottenere più di 370 seggi, segnando un ulteriore grande passo avanti rispetto ai 303 vinti nel 2019, per portare la sua alleanza a vincere più di 400 seggi. Per giunta, secondo fonti concordanti, sono già pronti i piani per i primi 100 giorni del suo terzo mandato.
Da parte sua l’opposizione ha espresso preoccupazione per il fatto che, se il Bjp dovesse ottenere una maggioranza significativa, si muoverà per modificare da sola la costituzione dell’India – che sancisce lo status del paese come repubblica laica – e formalizzarlo invece come un paese incentrato sugli indù. Temi come la disoccupazione cronica, soprattutto giovanile, e l’aumento dei costi dei beni di uso quotidiano dovuto all’inflazione potrebbero pesare negativamente su Modi e i suoi alleati di governo. Promettono, inoltre, di attuare un codice civile uniforme – un’unica legge personale per tutti i cittadini indipendentemente dalla religione del genere e dell’orientamento sessuale – e una legge sulla riserva delle donne approvata in parlamento lo scorso anno.
Lo storico partito di opposizione del Congresso si è invece impegnato a garantire giustizia alle comunità oppresse – con l’aumento del limite massimo per i gruppi di caste e le tribù socialmente svantaggiate – di offrire un apprendistato di un anno a ogni titolare di diploma o laureato di età inferiore ai 25 anni, per contrastare l’occupazione giovanile, oltre a una garanzia legale di prezzi assicurati per determinati raccolti, in risposta alle proteste degli agricoltori, e il pieno riconoscimento dello Stato del Jammu e Kashmir. Il Trinamool Congress, che governa il Bengala Occidentale e fa parte della coalizione di opposizione, afferma che il blocco abrogherà una controversa legge sulla cittadinanza – che i critici chiamano anti-musulmana – se riuscirà a conquistare il potere. Il Partito Comunista dell’India (marxista), un altro membro della coalizione di opposizione, ha promesso di abrogare le leggi “draconiane” antiterrorismo, come l’Unlawful Activity Prevention Act, e di smantellare tutte le armi nucleari in India. A seguire da vicino e a commentare il processo elettorale in corso sono i media statali cinesi, che riferiscono di diverse problematiche aperte tra India e Cina, come le tensioni e lo stallo nei territori di confine, la rivalità economica tra i due paesi e il percepito declino dell’influenza dell’India nell’Asia meridionale. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua, citando alcuni esperti, i risultati economici del governo indiano “non sono così brillanti come pubblicizzato”, oltre ad evidenziare che la campagna di Modi ha avuto un tono “nazionalista indù”.
Il giornale statale The Global Times ha rilanciato le osservazioni di Modi che chiede di affrontare “urgentemente” le tensioni al confine tra India e Cina; il loro intensificarsi viene ricollegato dal media “alla posizione parziale degli Stati Uniti e alle imminenti elezioni in India”. Il lungo processo elettorale indiano andrà avanti per sei settimane, con un calendario già stabilito di altre sei date: il prossimo appuntamento sarà per il 26 aprile, e a seguire il 7,13, 20 e 25 maggio, per concludersi il 1° giugno