Incendi: esperto, danni gravi ma se ne parla solo per il turismo


(AGI) – Roma, 9 ago. – Da Rodi alla Sicilia, dal Portogallo alla Sardegna, l’Europa brucia, complice la stagione secca con temperature eccessive e fuori norma, la disattenzione dei più e, di sicuro, anche qualche piromane. Ma c’è un aspetto di questi roghi 2023, che si ripetono sempre uguali ma in proporzioni anche sempre più devastanti, che però indigna: “Il fatto che degli incendi si parli solo per le conseguenze e l’impatto negativo che ha sul turismo”. A puntare l’indice è il professor Francesco Spada, botanico, classe 1946, che fino al pensionamento, sette anni fa, ha insegnato alla Sapienza a Roma “Botanica sistematica” e “Fitogeografia”, disciplina che studia “il perché le piante vivano dove vivono”, e che oggi fa ricerca all’Orto botanico di Linneo, medico, botanico e naturalista svedese, considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, in quel di Uppsala, in Svezia, dove lo stesso Spada abita da anni.

L’anno scorso, di questi tempi, il professore ha rilasciato un’intervista all’Agi per spiegare quel che accade ad una foresta dopo che è bruciata: “Si rigenera, nel giro di venti, trent’anni”. E oggi torna a parlare per lamentarsi del fatto che “non si dica una parola, non sia data una notizia approfondita sul disastro ambientale che è avvenuto” nel corso di quest’estate: “Non c’è nessuno che abbia speso un commento o si sia espresso su quello che dovrebbe invece essere l’argomento di maggior rilievo, e cioè il disastro ambientale avvenuto in seguito agli incendi”. A suo avviso, professor Spada, la carenza culturale verso l’ambiente è un atteggiamento solo svedese o riguarda anche l’Italia, la dimensione europea? “Ho l’impressione che la valutazione si possa allargare. Meno di un mese fa, quand’ero in Italia, gli incendi erano già cominciati, anche per una recrudescenza della siccità, e mi ricordo che c’era già allora una assoluta, totale e anche stupefacente mancanza di enfasi, preoccupazione e critica. È una dinamica proponibile a tutta la dimensione europea. Il tutto viene rubricato a livello di routine: ‘Toh, anche quest’anno l’incendio… Che guaio, ci toccherà dover lasciare le località di villeggiatura’. A questo punto Spada apre una parentesi, perché da qualche anno, precisa, “c’è una totale insensibilità anche delle amministrazioni, quindi anche dei politici locali al problema degli incendi, che sta assumendo dimensioni inaccettabili: tutti i parchi nazionali fanno a gara per organizzare all’interno delle foreste dei bracieri per fare le grigliate. Parlo del Parco del Sirente, della Regione Abruzzo, che non legifera su questo tema, del Parco dei Simbruini e di Vejo, dove sono usciti da tutte le parti i bracieri in foresta. Con l’assurda motivazione che così si evita che le persone vadano in giro a improvvisare fuochi per organizzare le grigliate. Ma con quale risultato si promuove tutto ciò? Si ritiene che così facendo si arginino i rischi, ma non è affatto vero. Si legittimano invece i fuochi nei boschi, nelle foreste”.

Cosa andrebbe fatto, invece? “Bisognerebbe proibire, come si fa in Svezia, da un determinato periodo in poi l’accendere fuochi all’esterno, nella campagna. Assoluto divieto. E non permetterli, come si fa adesso, anche nei parchi nazionali per venire incontro ai desiderata dei turisti. Seconda cosa da fare, andrebbe reimpostata la disamina delle conseguenze di questi incendi riproponendo al pubblico, da tutt’altro punto di vista, la gravità della perdita del manto forestale. Che abbiamo già ridotto all’osso e che non possiamo concederci di ridurre ancor di più”, conclude il professore. Professore, lei che risposta si è dato? “Il problema è che con gli incendi di quest’estate è andata persa la copertura naturale dei territori colpiti e questa è una catastrofe vera. È come se guidando un’automobile assistessimo allo spinterogeno che va in fumo. Un danno grave. Una foresta che va in fumo non è un elemento secondario, ma è una componente essenziale del sistema su cui si basa l’agricoltura e tutto ciò che abbia a che fare con la vita delle isole colpite. È come se bruciasse la pelle d’un corpo, il danno è gravissimo. È quest’anno la catastrofe ha raggiunto limiti probabilmente mai visti in passato”, sostiene il professore di botanica.

A proposito degli incendi che sono scoppiati a Rodi e in Sicilia e che ancora flagellano Sardegna e Portogallo, il professor Spada sostiene che, dal punto di vista della sottovalutazione delle implicazioni pratiche sulla natura, vi siano anche “gravissime carenze dei mezzi di comunicazione di massa che non mettono in evidenza le conseguenze di questo disastro, se non per la parte relativa alla perdita degli introiti dell’industria del turismo”.  E aggiunge: “ È una cosa indegna. La colpa va attribuita alla politica, ma più di tutti sono responsabili i mezzi di comunicazione. Ed è drammatico, oltreché grave, che coloro che comunicano questi eventi non si rendano conto che stanno parlando d’altro, di inezie, perché di fronte alla catastrofe che sta avvenendo il calo dell’industria turistica è una cosa, mi spiace doverlo dire, molto marginale. Se va in fumo la natura e la possibilità di fruirne, va in fumo anche la stessa industria che sulle bellezze naturali vive e prospera. Quindi tutto ciò avrà inevitabilmente delle ripercussioni generali, anche economiche”

Del resto, sottolinea Spada, “l’industria turistica così come è strutturata oggi è già un aspetto perverso dello scambio di denaro. C’è anche una sproporzionata enfasi sull’efficacia dell’industria del turismo. Praticamente oggi tutte le isole egee vivono solo di turismo. Inaccettabile, ma questa è un’altra storia…, un altro paio di maniche”.
Lei ritiene che ci sia una sottovalutazione della questione ambientale? La natura in sé è considerata marginale? “Assolutamente sì – risponde il botanico – c’è una sottovalutazione dell’importanza della struttura ambientale per il funzionamento del sistema nel quale viviamo. Una carenza culturale spaventosa, non me lo sarei aspettato dalla pubblicistica in generale, e in particolare di quella svedese da sempre così attenta ai problemi ambientali, talvolta anche in maniera pedante o ossessiva. Evidentemente stiamo assistendo a un cambio di valori. Di priorità. S’è rotta una diga, così ora si parla solo di introiti mentre mi sarei aspettato una disamina più particolareggiata della questione ambientale, quali le cause degli incendi, quali le conseguenze?”