L’esito della votazione del Senato argentino è stato incerto fino alla fine. Ancora a poche ora dalla decisione, l’aula era spaccata in due con gli antiabortisti apparentemente in leggero vantaggio, con 37 senatori dalla loro parte su 72. Il fronte del sì pareva poter contare invece su 31 preferenze. Decisivi alla fine sono stati i pochi rimasti incerti incerti fino all’ultimo minuto. E ha vinto il fronte del no, la legge non è passata.
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— RSI News (@RSInews) 9 agosto 2018
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Al di là della disciplina di partito
Del resto la stessa scena si era verificata alla Camera lo scorso 14 giugno, in occasione dell’approvazione da parte del primo ramo del parlamento della legge che avrebbe fatto dell’Argentina il terzo paese sudamericano a legalizzare l’interruzione volontaria della gravidanza, entro la quattordicesima settimana, dopo Cuba e Uruguay. Due mesi fa il confronto tra io deputati fu particolarmente acceso, andando oltre il rispetto della disciplina di partito, ed alla fine il provvedimento venne approvato con una maggioranza non certo schiacciante: 129 a favore, 125 contro un astenuto.
Messe contro fazzoletti verdi
Il voto definitivo si è svolto mentre all’esterno del Palazzo ed in tutta Buenos Aires si alternavano le manifestazioni di entrambi gli schieramenti. Nella cattedrale della capitale la Chiesa cattolica, schieratissima contro la nuova legislazione, ha celebrato una "Messa per la vita" presieduta dal cardinale Mario Poli, arcivescovo della città e primate d'Argentina.
La mobilitazione del fronte del sì ha visto ancora una volta decine di migliaia di donne radunarsi in diversi punti di Buenos Aires indossando i fazzoletti verdi scelti a simbolo della loro campagna.
Il Presidente della Repubblica, Mauricio Macrì, si è detto fin dall’inizio contrario alla legalizzazione, ma ha anche sempre promesso di non aver nulla da obiettare nel firmare una legge approvata legalmente dalla rappresentanza parlamentare del Paese.
Ora la battaglia si sposta in Brasile
La battaglia che si è appena conclusa in Argentina ha intanto preso vigore in Brasile, dove attualmente l'aborto è consentito solo nei casi di stupro, pericolo per la madre o anencefalia fetale.
Due giorni fa si sono concluse le udienze pubbliche convocate dalla Corte Suprema Federale sulla proposta di legge che vuole legalizzare l’aborto fino alla dodicesima settimana di gestazione. Anche qui la Chiesa si è schierata con forza contro il progetto, presentando un documento dal titolo “Aborto e democrazia”. La decisione è prevista per la fine del mese.
Non è solo uno scontro di ideali
In ciascuno dei due colossi sudamericani lo scontro si è andato intersecandosi con altri tipi di considerazioni. In Brasile ci si trova alla vigilia delle presidenziali, che si spera chiudano un periodo di particolare fragilità ai vertici delle istituzioni nazionali. Completa il quadro una crisi economica incipiente ed una violenza diffusa a tutti i livelli della società. Una situazione che vede le forze politiche costrette a destreggiarsi in attesa di capire gli orientamenti profondi dell’opinione pubblica nazionale.
L’ombra lunga della crisi economica
Ugualmente in Argentina l’economia ha fatto registrare segnali preoccupanti nelle ultime settimane, il quadro sociale ha visto negli ultimi una serie di scioperi degli insegnanti mentre un maxi scandalo della corruzione ha colpito esponenti governativi del passato e del presente. Quanto basta perché un presidente come Macrì, il cui indice di gradimento è precipitato nel corso degli ultimi mesi, cerchi di mantenere al tempo stesso il consenso della potente Chiesa cattolica quanto degli emergenti gruppi libertari e femministi.
Vedi: In Argentina il Senato boccia la legalizzazione dell'aborto. Che farà il Brasile?
Fonte: estero agi