Il viaggio di Yuri Gagarin è solo all’inizio


Il 12 aprile 1961, Yuri Gagarin, in tuta arancione, viene salutato da Sergei Korolev, il genio dietro tutti i successi spaziali dell’Unione Sovietica. Korelev, così importante per il regime che il suo nome non poteva essere divulgato, abbraccia e bacia il giovane tenente. È sinceramente preoccupato, sa che le probabilità di successo non sono altissime e si chiede se lo rivedrà.

Yuri sembra tranquillo, si infila al suo posto nella minuscola capsula e, quando sente le vibrazioni dei motori dice semplicemente “andiamo”. Diventerà il titolo di una filastrocca cantata da tutti i bambini russi. Sono le 6.07 (tempo universale) quando il razzo parte per descrivere un’orbita ellittica inclinata di 51° rispetto all’equatore terrestre: non è un numero qualsiasi, è la latitudine di Baikonur, lo spazioporto sovietico.

L’altitudine della navetta Vostok 1 varierà tra 175 e 302 km.  Se siete curiosi di “vedere” la Terra che vi scorre sotto gli occhi, consiglio il documentario First Orbit prodotto e distribuito nel 2011 per festeggiare il cinquantenario dell’impresa.

Per ripercorrere l’orbita di Yuri Gagàrin è stato possibile usare la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) che è fornita di una splendida cupola panoramica, opera dell’industria aerospaziale Italiana.   Italiano anche il direttore della fotografia: un efficiente, ma assolutamente invisibile, Paolo Nespoli.

La cupola della ISS offre una visione sicuramente migliore di quella del piccolo oblò di Gagàrin ma la rotta è esattamente la stessa, dal momento che le riprese sono state fatte scegliendo l’orbita nella quale la ISS avrebbe sorvolato Baikonur al momento del lancio di Gagàrin  il 12 aprile 1961: una eventualità che si ripete ogni 6 settimane.  Nel gennaio 2011, al momento giusto, Paolo Nespoli è entrato in azione ed ha iniziato a riprendere un’avventura lunga un’orbita (in tutto si era trattato di 108 minuti dal lancio dalla base di Baikonur all’atterraggio a nord del mar Caspio), scandita dalle scarne conversazioni tra Gagàrin e le stazioni di Terra oltre che dagli annunci di radio Mosca, ripresi dalle radio del mondo.

La missione era stata programmata in modo che tutto si svolgesse automaticamente. Più che un pilota, Gagàrin era un passeggero che doveva riferire alla base come il suo corpo reagisse al viaggio spaziale all’accelerazione alla partenza, all’assenza di peso. Le conversazioni tra Yuri e le stazioni si terra sono del tipo “sto bene”, “va tutto bene”, poi spesso aggiunge “vedo la Terra ed è bellissima”.

Riproduzione della capsula Vostok 1 di Gagarin e della sua tuta di Volo (Wikipedia Commons)

Nel documentario l’immensità della Siberia ci passa davanti con apparente lentezza, ma la velocità è 8 km/sec. A circa mezz’ora dal lancio il sole tramonta. Seguono una quarantina di minuti di buio con sprazzi di Luna, qualche visione delle stelle più brillanti, le nuvole sull’oceano Pacifico illuminate dalla Luna e tanto silenzio.  I minuti sono lunghissimi, non succede nulla, forse lo spettatore si annoia un po’. Gagàrin accoglierà con gioia il ritorno del sole mentre sorvola l’Argentina, e anche noi godiamo di un’alba gloriosa.

Seguiranno l’oceano Atlantico e l’Africa, con l’arancione del Sahara e la striscia del Nilo, e poi il ritorno nell’atmosfera.

 

L’orbita percorsa dalla Vostok 1 (Wikipedia Commons)

Yuri si lancerà col paracadute e, atterrando in un campo, farà prendere uno spavento alle contadine che stavano lavorando. Si toglie il casco e cerca di rassicurarle, dice “sono russo come voi” e chiede che lo aiutino a trovare un telefono. Deve dare la notizia che lo farà assurgere a una fama planetaria. Lo stesso non si può dire di Korolev, che rimarrà nell’ombra e vedrà sfumare anche la sua seconda possibilità di ricevere il premio Nobel.

Infatti, come era avvenuto appena dopo il lancio dello Sputnik, il comitato Nobel aveva inutilmente chiesto al Segretario del partito chi fosse l’artefice del grande successo. Forse Nikita Krusciov voleva evitare che nascessero invidie all’interno del programma spaziale, o forse voleva tenere il successo per sé. Gagàrin, invece, venne esibito al mondo intero: partito tenente, era tornato eroe, trasformato in una figura iconica simbolo della nuova frontiera e di un futuro spaziale che stiamo ancora inseguendo.

Source: agi