(AGI) – Il Teatro Greco di Siracusa rischia di scomparire, e dare una mano alla sua rovina potrebbero essere Elisa, Claudio Baglioni e Gianna Nannini: nei prossimi mesi il loro pubblico, abituato a stadi e arene, si rovescerà in un edificio estremamente vulnerabile che ha 2.300 anni, con un impatto del quale nessuno al momento conosce le conseguenze ma che preoccupa fortemente gli archeologi e gli esperti di beni culturali.
“Se da una parte il presidente della Regione, Nello Musumeci, trova disdicevole una installazione di arte contemporanea davanti al tempio di Segesta, come può trovare normale che si tenga un concerto rock in una cavea del III secolo avanti Cristo?”, chiede e si chiede con l’AGI Fabio Caruso, archeologo del Cnr, interpretando l’angoscia di diversi suoi colleghi di fronte all’annuncio di una successione di spettacoli pop e rock per la prima volta in totale presenza nel Teatro.
“C’è una lunghissima diatriba – spiega Caruso – sull’uso degli edifici teatrali antichi, ma sono sconfortato, come molti colleghi, quando alle nostre perplessità qualcuno risponde che concerti del genere si fanno anche all’Arena di Verona e nel Teatro antico di Taormina. Esistono due tipi di edifici: quelli in elevato e quelli scavati nella roccia. L’Arena di Verona, tra i primi, conobbe i primi restauri addirittura nel Rinascimento; lo stesso Teatro di Taormina era, prima del restauro delle gradinate del 1959, una ‘scucchiaiatura’ nel terreno: quel restauro è stato ripreso, dopo usi e abusi, qualche anno fa, e i gradini sono moderni. Il Teatro greco di Siracusa, invece, è costruito in ‘negativo’: scavato interamente nella roccia, nel calcare tenero, bianco, e ha iscrizioni importantissime. Non tutti i teatri antichi, dunque, sono uguali“.
“Il Teatro greco di Siracusa – prosegue Caruso – viene oggi utilizzato principalmente per le rappresentazioni classiche dell’Inda, che ha maestranze esperte e sa con cosa ha a che fare. Inoltre, una rappresentazione classica rientra nell’identità del teatro. E ha un pubblico particolare. Nel caso di un concerto rock, come quello di Gianna Nannini, ci si deve aspettare che il suo pubblico salti e balli sui gradini mentre lei canta ‘Quest’amore è una camera a gas’. È una cosa che lascia sconvolti: non riesco a comprendere cosa sia passato per la testa di chi ha autorizzato questo tipo di concerti. Il Teatro Greco di Siracusa è fragile e ‘irrestaurabile’; qualsiasi danno per abrasione a quel teatro non è più recuperabile. A Taormina ci sediamo sulle pietre del 1960; a Siracusa le pietre sono di 2.300 anni fa“.
“Inoltre – aggiunge Caruso – vorrei sapere se è stata rispettata la Carta di Siracusa, ovvero il documento che indica le linee guida per l’utilizzo degli edifici antichi. Venne definita, ironia della sorte o beffa del destino, proprio a Siracusa nel 2005 per iniziativa dell’assessorato regionale ai Beni culturali. È ancora valida o è diventata carta straccia?”
La “Carta di Siracusa per la conservazione, fruizione e gestione delle architetture teatrali antiche” fissa principi e regole nella consapevolezza che “fruizioni improprie hanno progressivamente accentuato le aggressioni” a un “inestimabile patrimonio culturale”. “Ogni luogo antico di spettacolo è un caso a se’ per la storia da esso vissuta, durante la sua esistenza o dalla messa in luce a oggi, e per l’ambiente fisico, socioeconomico e culturale che lo circonda”, si legge nella Carta, che consente l’uso dei teatri antichi solo se vengono rispettati “precisi criteri”, a partire dalla preventiva conoscenza dello stato di salute di ciascuna delle parti del bene culturali: cavea, orchestra, edificio scenico, acustica.
“Poiché l’uso di un monumento antico – afferma la Carta – inevitabilmente lo usura e può cancellare dati utili alla sua corretta conoscenza storica e archeologica, non si può consentire l’utilizzo di monumenti non studiati e adeguatamente documentati. Ne’ tale utilizzo si può consentire per monumenti di acclarata vulnerabilità. Nei restanti casi va studiata preliminarmente da un gruppo di lavoro multidisciplinare la sostenibilità dell’uso del monumento, specie in relazione al carico riguardante il numero degli spettatori ammissibili senza pericolo per gli stessi e danni alle strutture antiche”.
Anni fa un comitato di cittadini siracusani, guidato dall’archeologa Flavia Zisa, chiese alla Sovrintendenza aretusea i dati sullo stato di salute del Teatro Greco. Non sono mai arrivati. “Non è la prima volta che si parla di aprire a questi spettacoli – dice all’AGI Zisa, che nel 2010 raccolse oltre 500 firme in una ‘storica’ sollevazione contro l’invasione di auto Ferrari nel teatro – e io non sono contraria in linea di massima. Il rock può anche non essere più invasivo del melodico, ma è importante avere a disposizione i dati sullo stato di conservazione del monumento, che non possiamo rischiare di perdere neanche per un battito di ali di farfalla. La soprintendenza dica se sono state fatte prove di decibel e di resistenza; esponga i parametri entro i quali il monumento può sopportare l’impatto di un determinato spettacolo. E questo vale sia per il teatro Greco che per Ortigia“.
Una volta inferta una ferita a edificio antico, arrivano ‘medici’ e ‘infermieri’ a curarla, ma spesso è troppo tardi per intervenire. “Mi rendo conto della suggestione legata a una scelta – spiega all’AGI Belinda Giambra, restauratrice siciliana impegnata nella restituzione alla collettività di monumenti importanti dell’isola – ma un teatro antico non è un posto adatto per iniziative del genere sia sul piano della conservazione del bene sia sul piano della sua identità. Ho lavorato in alcuni templi di Paestum: la pietra di quegli edifici, come scriveva Vitruvio, veniva ‘stagionata’, con un procedimento simile al legno: sbozzata, esposta alle intemperie, conservata in modo che sviluppasse una sua porosità e poi messa li’ dove andava messa, con una cura e un’attenzione da non far passare tra gli elementi lapidei neanche una cartolina. I templi del V secolo avanti Cristo sono fatti cosi: è questa la loro sacralità”.
Source: agi