AGI – Funzionerà il Superbonus 110% al Sud? E’ l’interrogativo che l’AGI ha girato a Federica Brancaccio, presidente dell’Acen, costruttore di seconda generazione, presidente di Federcostruzioni e Afm, in passato anche componente della giunta esecutiva di Ance.
I dati
In Campania, come in altre regioni del Mezzogiorno, l’edilizia è da sempre un settore trainante dell’economia, e “contribuisce al Pil in una percentuale in linea con il resto di Italia”, ricorda Brancaccio. “Ed è il settore anticiclonico anche se negli ultimi 20 anni non l’hanno capito in molti – puntualizza – sia in termini economici, dato che ogni euro investito ne vale tre, sia in termini di occupazione. In più, siamo il settore che spende sul mercato interno più degli altri, circa il 90% di quanto spende”.
Eppure, a guardare i dati di Ance e Acen, la misura varata dal governo potrebbe non riuscire a essere del tutto efficace. L’Ance stima in 6 miliardi la spesa aggiuntiva legata al Superbonus 110%, che a loro volta genererebbero un effetto totale sull’economia da 21 mld, ossia 1% di Pil ogni anno. Ma la distribuzione territoriale degli incentivi di settore utilizzati nel periodo compreso tra 2011 e 2019 ci dice nel Meridione c’è un problema. Il maggior ricorso agli incentivi è nelle regioni del Nord-Ovest, dove si concentra il 38% degli importi in detrazione per il recupero edilizio e il 42% di quelli per la riqualificazione energetica; Sud e isole valgono insieme il 14% per il recupero edilizio e il 10% per la riqualificazione energetica. Se la Lombardia fa 12 mld di incentivi totali, la Puglia solo 1,6 mld e la Campania 1,5.
Norme obsolete
“Abbiamo norme obsolete – spiega Brancaccio – nel Centro Nord, in regioni come Lombardia, Toscana o Emilia Romagna la rigenerazione urbana ha aiutato. Poi hanno piani regolatori aggiornati, usano strumenti quali conferenze di servizi, accordi… In Campania si è visto qualcosa di simile solo a Salerno. A Napoli poi non si è fatto nulla, il piano regolatore è ancora quello degli anni ’70. Appena eletto, il prossimo sindaco lo deve fare subito. Le regole di governo del territorio incidono sulla qualità della vita del cittadino”.
La pandemia
La pandemia certo a complicato il quadro di ripresa di un settore che usciva dalla profonda crisi del 2008, osserva il presidente dei costruttori partenopei, ma “l’Osservatorio della cassa edile, considerando i dati di novembre 2020 e novembre 2029, mostra che rispetto lo scorso diminuisce il numero delle imprese, diminuisce la massa salari, ma c’è un lieve aumento occupazione”. In questi anni di crisi delle costruzioni, ci sono 120mila imprese e 700mila lavoratori in meno, “una perdita enorme in termini di know how”.
I nodi
“Credo che il Superbonus potrebbero dare lavoro anche a piccole e medie imprese, anche attraverso la cessione del credito alle banche – osserva Brancaccio – abbiamo in opera accordi e convenzioni con istituti di credito”. I problemi “sono altrove”. “La lentezza della pubblica amministrazione in termini autorizzativi – elenca – il diffuso abusivismo, con le pratiche del condono del 1985 inesitate. Sono 43mila solo a Napoli, 4mln in Italia. Tutto questo blocca”.
La misura di incentivo dunque, a suo giudizio dovrebbe “almeno prevedere che, al momento richiesta, se c’è pratica in corso, venga esitata”. Poi ci sono le criticità ‘locali’, come a Napoli, dove “il Comune fino ha l’archivio dei titoli edilizi fermo dal 2012. E l’attesa del Superbonus ha anche rallentato quel poco che c’era di manutenzione spicciola, in qualche modo ha bloccato quel po’ di mercato che c’era”. Un immobilismo, quello di Napoli, “che sta diventando un problema unico, economico, occupazionale e sociologico”.
Gli investitori dall’estero
“Abbiamo avuto investitori dall’estero, anche dall’Olanda – esemplifica Brancaccio – non si è riuscito a trovare un immobile in disuso completo che potessero superare la destinazione uso se non il passaggio farraginoso in consiglio comunale quindi con tempi di avvio dell’investimento che andavano oltre un anno e mezzo. Tutte occasioni perse per la città”. A Napoli, dunque, e in tutto il Sud, “servono regole congrue con tempi certi per chi investe, piani regolatori con flessibilità per stare dietro alla velocità del mondo moderno. Che non significa senza controlli, anzi. A Bologna i regolamenti edilizi ogni tre anni vengono rivisti. Ci deve essere anche fiducia reciproca tra istituzioni e chi investe. Un problema del Sud, che ha volte ha eccezioni. Il che significa che cambiare si può. Non si può essere immobili sulla presunzione degli imbrogli occorre fare cose di buon senso e controlli”.
Fonte: economia agi