Il sudoku geopolitico delle bollette


Finora non ci sono stati i temuti blackout né i razionamenti, ma il periodo delle temperature miti starebbe per finire. Dal 5 dicembre l’embargo Ue sul greggio russo

AGI – Finora è andato (quasi) tutto bene. Anche se i cittadini europei hanno dovuto pagare bollette raddoppiate di luce e gas rispetto a un anno fa, almeno non ci sono stati i tanti temuti razionamenti o blackout. Questo perché, nonostante la crisi energetica seguita all’invasione russa dell’Ucraina, i paesi più dipendenti dal gas russo, Italia e Germania in primis, si sono mossi in fretta per trovare fonti alternative.

Stoccaggi pieni ma in calo

Complici le temperature miti dell’autunno gli stoccaggi sono pieni. Secondo i dati Agsi, l’Italia è quasi al 93%, la Germania al 99%, la Francia al 98% mentre l’Europa in media si trova al 95%. I problemi potrebbero esserci il prossimo inverno, quello 2023-2024, quando l’Europa molto probabilmente dovrà fare i conti con l’interruzione quasi tutale delle forniture russe alla luce dell’indisponibilità del Nord Stream per le esplosioni che lo hanno messo fuori uso a fine settembre. Tuttavia secondo gli ultimi dati gli stoccaggi stanno diminuendo da quasi 10 giorni. Un segnale poco incoraggiante.

In arrivo un’ondata di freddo

Il clima è stato ‘amico’ degli europei almeno fino ad ora, ma le previsioni dicono che a partire dall’inizio di dicembre arriverà un’ondata di freddo glaciale unita a carenza di vento. Un doppio rischio considerando i bassi flussi di gas russo e il fermo degli impianti eolici che rappresentano una valida alternativa al metano. E’ noto come le temperature abbiano un impatto determinante sui consumi energetici. Basti pensare che l’impennata dei prezzi è iniziata nella seconda metà dello scorso anno, molto prima dell’invasione russa, per la ripresa post-Covid ma anche per la bonaccia che ha caratterizzato l’estate del 2021 nel mare del Nord che ha tenuto ferme le pale eoliche che danno elettricità ai paesi del Nord Europa.

“Le temperature fredde sono pronte a mettere a dura prova i fragili sistemi energetici europei, colpiti da un forte calo dei flussi di gas russo e da prolungate interruzioni degli impianti nucleari” in particolari francesi, ha scritto Bloomberg. Dalla Francia alla Finlandia, i governi stanno sperimentando carenze di energia e la domanda è destinata a raggiungere il picco nei prossimi mesi. Secondo Maxar Technologies, nelle prossime due settimane si abbatterà sull’Europa continentale un’ondata di freddo. Il 3 dicembre a Berlino la temperatura dovrebbe scendere fino a -3,5 gradi C mentre a Helsinki e Stoccolma scenderà anche al di sotto delle media stagionale.

Il prezzo del gas sale, quello del petrolio scende

Questo mentre i prezzi dell’elettricità sono ancora molto alti. In Borsa elettrica la settimana scorsa il costo è stato pari a 238,00 euro/MWh poco più alto rispetto ai 236 euro di un anno fa quando i sintomi dell”energy crunch’ erano già evidenti. In attesa di trovare un accordo sul price cap a Bruxelles, al Ttf il prezzo del gas viene quotato intorno ai 130 euro/Mwh, (100 euro un anno fa), mentre il petrolio ha preso una traiettoria ribassista a causa delle tensioni politiche in Cina innescate dalle proteste per le misure anti-Covid prese dal governo. La settimana scorsa, quindi prima dell’esplosione delle proteste in molte città cinesi, Goldman Sachs aveva tagliato di 10 dollari a 100 dollari al barile il prezzo del Brent per il quarto trimestre del 2022. Altro effetto lo avrà il tetto al prezzo del petrolio russo imposto dal G7 sul quale tuttavia, spiega sempre Goldman Sachs, “manca chiarezza nell’implementazione” della misura.

Secondo gli economisti ulteriori lockdown del principale importatore mondiale di petrolio intaccherà ulteriormente la domanda. In ogni caso il prezzo del Brent oggi è a circa 84 dollari al barile (a fine novembre 2021 era a 73 dollari) per le speranze che la Cina riveda la strategia ‘zero Covid’ che sta frenando l’economia del Paese.

Le navi fantasma russe pronte ad aggirare l’embargo Ue

Il prezzo del greggio russo (il cosiddetto Ural) è sceso a 64 dollari, in calo del 16% da inizio anno a pochi giorni dall’embargo europeo che scatterà il 5 dicembre. La decisione, spiegano gli analisti, potrebbe avere una tendenza rialzista sulle quotazioni del greggio a livello globale. Da quanto trapela, Mosca starebbe già studiando sistemi per aggirare il blocco attraverso ‘navi fantasma’ disconnettendo i sistemi di localizzazione e registrando le petroliere in paradisi fiscali dove vengono offerte bandiere di copertura. Altro escamotage per aggirare il divieto, scrive il Wall Street Journal, è il trasbordo del greggio russo in navi più grandi mischiandolo con un olio dalle caratteristiche simili. Per essere considerato russo infatti, il greggio deve provenire almeno per il 51% da aziende del paese. Secondo l’International Energy Forum l’embargo porterà ad avere almeno 3 milioni di barili in meno ogni giorno per i Paesi dell’Unione europea che unito ai tagli Opec (2 milioni di barili decisi a ottobre), se la situazione in Cina si stabilizzerà, potrebbe portare a una nuova impennata delle quotazioni con pesanti ricadute per l’inflazione. L’embargo europeo si unisce a quello deciso a primavera da Usa, Canada, Gran Bretagna e Australia. L’embargo sul petrolio di Mosca ha creato poi un problema per l’Isab di Priolo la raffineria Lukoil che rischia di chiudere e per il quale in queste ore il governo italiano è impegnato a trovare una soluzione. Impianto simbolo, e purtroppo in questo caso anche vittima, di come funziona la globalizzazione.