Il successo a metà degli Its Academy: funzionano, ma gli iscritti sono pochi


Fanno la fortuna del sistema imprenditoriale e produttivo dei nostri vicini europei, ma da noi sono ancora poco conosciuti e frequentati. In questi giorni, due ricerche fotografano lo stato dell’arte del sistema Its Academy, mettendone in evidenza le criticità, ma anche ricordandone i punti di forza su cui impostare una decisa politica di rilancio di questi percorsi di istruzione terziaria professionalizzante.

Orientato al confronto internazionale è il Rapporto “Its Academy: una scommessa vincente?”, presentato ieri dalla Fondazione Agnelli e pubblicato da Milano University Press. Il Rapporto analizza la formazione terziaria professionalizzante in Italia e negli altri tre principali Paesi Ue (Francia, Germania e Spagna) e in Svizzera, leader a livello internazionale in questa filiera. Mentre in Svizzera e Germania il peso dell’istruzione terziaria professionalizzante sul totale dell’istruzione terziaria supera, in termini di iscritti, il 40% – e in Francia e Spagna si colloca appena sotto il 30% – in Italia rappresenta poco più dell’1%. Nei 121 Its italiani (dati del 2022, cresciuti a 146 nel 2023) gli studenti sono circa 25mila, quanti ne possiede un ateneo di medie dimensioni. Secondo i dati dell’Indire, ogni Its ha in media solo 180 studenti, con un forte divario territoriale: 230 studenti al Nord, 170 al Centro e 125 nel Mezzogiorno. In Lombardia sono 25, seconde a pari merito il Lazio e la Campania con 16, segue sul podio la Sicilia con 11. Ultime Umbria, Molise e Basilicata con 1. «Le limitate dimensioni – si legge nel Rapporto della Fondazione Agnelli – sono oggi probabilmente il principale freno a uno sviluppo degli Its in termini di rilevanza, attenzione, finanziamento e conoscenza da parte delle scuole, delle università, degli studenti potenziali utenti e dei datori di lavoro».

Da qui, la proposta di aumentare considerevolmente le risorse statali a disposizione degli Its, passando dagli attuali 50 milioni di euro l’anno a 1 miliardo di euro nel biennio. Con l’obiettivo di coinvolgere nel sistema almeno 80mila studenti ogni anno, pari a circa il 25% degli immatricolati all’università.

Il ruolo degli Its nel favorire l’accesso al mondo del lavoro dei giovani, è stato, invece, indagato dalla ricerca “L’apprendistato di alta formazione per il conseguimento del diploma Its: dati, esperienze, prospettive”, promossa da Intesa Sanpaolo con la collaborazione di Fondazione Adapt, presentata nei giorni scorsi a Milano. Partendo dal dato, non nuovo ma sempre preoccupante, che il 46% delle figure professionali ricercate dalle imprese è di difficile reperimento, la ricerca mette in evidenza la funzione del contratto di apprendistato, come volano di occupazione, capace di migliorare i già ottimi risultati, in termini occupazionali, ottenuti dagli Its. Oggi, i tassi di placement dei diplomati si attestano intorno all’80% a dodici mesi dal conseguimento del titolo, con una percentuale di coerenza tra lavoro e percorso formativo del 91%. La ricerca di Intesa e Adapt evidenzia che le Fondazioni Its che erogano corsi in apprendistato hanno un tasso di occupazione dei diplomati pari a circa l’86%. Eppure, sottolinea la ricerca, «l’apprendistato è uno strumento ancora poco diffuso». Dai 14 contratti attivati nel 2017, si è passati ai 184 dell’anno scorso. Ancora pochi, soprattutto alla luce dei punti di forza di questo strumento. Secondo un’analisi quantitativa che ha coinvolto 77 Fondazioni Its, infatti, il valore aggiunto di questi percorsi è «il miglior dialogo tra Fondazioni e imprese » (27% degli intervistati), oltre al «miglior placement dei diplomati » (26%). In generale, tutti concordano nel riconoscere «come questo strumento contribuisca a propagare l’innovazione». È per questo che dovrebbe essere conosciuto di più dai giovani e dalle famiglie.

Fonte: Avvenire