IL SOMMERGIBILE ENRICO TOTI


L’Enrico Toti è stato un sommergibile della Regia Marina.

Storia
Il 14 settembre 1933, assieme al gemello Sciesa, salpò da La Spezia al comando del capitano di corvetta Alberto Battaglia per raggiungere il Mar Rosso tramite il Canale di Suez, circumnavigare l’Africa e rientrare in Mediterraneo attraverso lo Stretto di Gibilterra. Tale crociera sarebbe servita a testare le qualità di questi sommergibili nei mari caldi; il Toti e lo Sciesa fecero tappa a Porto Said, Massaua, Aden, Mogadiscio, Chisimaio, Mombasa, Zanzibar, Dar es Salaam, Diego Suarez, Lourenço Marques, Durban, Città del Capo, Walvis Bay, Lobito, São Tomé, Takoradi, Dakar, Praia, Las Palmas, Gibilterra e Barcellona arrivando infine a destinazione il 25 febbraio 1934 dimostrando buone prestazioni.
Nel 1936 (al comando del capitano di corvetta Remo Polacchini) partecipò clandestinamente alla guerra di Spagna, tentando di attaccare per 23 volte ma senza mai riuscire a colpire.
Fra il 20 ed il 27 giugno 1940 svolse un agguato nei pressi di Philippeville, senza risultati.
Verso l’1.10 del 15 ottobre 1940, mentre – al comando del capitano di corvetta Bandino Bandini – stava rientrando a Brindisi per guasto ai motori, avvistò, a una cinquantina di miglia per 197° dalla base pugliese, un sommergibile nemico (il britannico HMS Triad) che lo attaccò con un siluro; il Toti, dopo averlo evitato di scarsa misura con una manovra evasiva, si portò contro l’unità inglese e i due sommergibili aprirono il fuoco con cannoni e mitragliere: il sommergibile britannico colpì una volta il Toti, arrecandogli danni lievi, mentre uno dei marinai del Toti, Nicola Stagi, giunse al punto di tirare una scarpa contro il Triad perché il cannone si era inceppato; l’unità inglese iniziò ad immergersi, ma proprio in quel momento fu colpito in rapida successione da un proiettile del Toti e quindi da un siluro e da una seconda cannonata; affondò in pochi attimi, a perpendicolo sulla superficie, senza superstiti, mentre il Toti sparava una terza volta e lanciava un secondo siluro.
Questa azione rese il Toti l’unico sommergibile italiano ad averne affondato uno nemico (eccettuati i piccoli CB, che affondarono tre sommergibili sovietici in Mar Nero); per diversi anni si pensò che la vittima del Toti fosse stato non il Triad ma un altro sommergibile inglese scomparso nella zona, il Rainbow, che tuttavia fu con ogni probabilità speronato e affondato dal piroscafo Antonietta Costa il 4 ottobre.
Il Gentileschi a bordo del Toti
In tutto effettuò tre missioni offensive.
Nel marzo 1942 fu assegnato alla Scuola Sommergibili di Pola e svolse 93 missioni di addestramento fino al 22 giugno 1942.
Dal 30 giugno 1942, agli ordini del tenente di vascello Giovanni Celeste, fu destinato a missioni di trasporto per la Libia: ne svolse quattro trasportando in tutto 194 tonnellate di rifornimenti.
Disarmato il 1º aprile (o maggio) 1943, fu impiegato come pontone per la carica delle batterie a Taranto per le unità del IV Gruppo Sommergibili.
L’Enrico Toti, contraddistinto dal distintivo ottico S 506, è un sottomarino costruito in Italia negli anni sessanta che dopo aver prestato un lungo servizio con la Marina Militare, a seguito della sua dismissione e dopo numerosi lavori di adattamento, è stato ceduto al museo della scienza e della tecnologia di Milano dove, dal 2006, è tuttora esposto e visitabile.
Storia
A causa della sconfitta nella seconda guerra mondiale, all’Italia era stata vietata la costruzione di sottomarini secondo le clausole del trattato di pace. Decadute le clausole la componente sommergibilistica italiana ricominciò ad addestrarsi con i vecchi battelli statunitensi in attesa del proprio progetto: l’Enrico Toti è stato il primo sottomarino costruito in Italia dal dopoguerra.
Il sottomarino venne costruito a Monfalcone dalla Italcantieri, che ne iniziò la fabbricazione l’11 aprile 1965. Venne varato il 12 marzo 1967 e consegnato alla Marina Militare il 22 gennaio 1968.
Il sottomarino è stato progettato con caratteristiche antisottomarino (da cui la sigla NATO SSK- Submarine Submarine Killer) ed essendone il capostipite diede il nome alla classe, completata in circa due anni dai sottomarini Dandolo, Mocenigo e Bagnolini.
Il 30 giugno 1999, l’unità militare, terminato il servizio attivo, venne donata al museo della scienza e della tecnologia di Milano, dove è conservata dal 14 agosto 2005. L’arrivo nella città milanese è stato alquanto travagliato, a causa della sua mole. Partito dal porto di Augusta (5 aprile 2001), ha risalito l’Adriatico e quindi il Po fino al porto fluviale di Cremona (6 maggio 2001), dove rimase fino all’8 agosto 2005, quando iniziò il suo viaggio fino al museo.
Nome
Questo sottomarino è intitolato ad Enrico Toti, nome già dato in precedenza ad un sommergibile. Il primo Toti aveva prestato servizio nella Regia Marina dal 1928 al 1943 e durante la seconda guerra mondiale, trovando impiego principalmente come nave scuola e nave trasporto, ma è ricordato per essere stato l’unico sommergibile italiano ad aver affondato in azione un’unità nemica, avendo affondato a cannonate, il 15 ottobre 1940 il sommergibile[non chiaro] britannico HMS Triad (N53) mentre navigava nelle acque del Mare Ionio.
Curiosità
I motori diesel del sottomarino erano stati denominati dalla componente motoristi del sommergibile, il destro “Turiddu”, diminutivo in siciliano di Salvatore, ed il sinistro “Ianuzzu” diminutivo di Sebastiano; entrambi i nomi sono tipici della zona di Augusta e sono stati presi in prestito dalla letteratura del Verga.
Operatività
Nel corso della sua attività il Toti ha accumulato 27.030 ore di moto percorrendo 137.000 miglia nautiche. L’equipaggio era composto da un numero variabile di persone; questo numero, cambiato più volte nel corso della storia dell’S-506, è stato in genere compreso tra le 20 e le 30 unità, divise in due o tre squadre di guardia a seconda della durata della “missione” e della categoria (specializzazione) di appartenenza. In taluni casi prestavano servizio secondo lo schema 4+4, cioè 4 ore di guardia, 4 ore di riposo in una branda “calda” (alternata con un collega) in altri casi i turni rispettavano lo schema 4+8 (sempre con branda calda quindi, con due brande si dormiva in tre).
Il caratteristico bulbo a prora (detto “naso”) conteneva l’impianto ecogoniometrico che costituiva il “sistema attivo” meglio conosciuto col nome di sonar, mentre l’impianto idrofonico che costituiva il “sistema passivo” era contenuto nella porzione di perimetro anteriore basso, subito sotto i tubi lanciasiluri del “battello” e tutto ciò, con la netta prevalenza nell’uso del sistema passivo, creava l’impianto necessario ad individuare i bersagli. Il Toti è stato essenzialmente impiegato per addestramento e nelle esercitazioni per simulare attacchi a sommergibili sovietici o a task force del Patto di Varsavia, riscuotendo sempre lusinghieri risultati grazie alla sua silenziosità e manovrabilità.
Durante gli anni settanta, nel corso di una esercitazione NATO, il battello riuscì a penetrare lo schermo delle unità di scorta di un gruppo da battaglia dell’US Navy, simulando l’affondamento della portaerei; dopo il riuscito “attacco” il sommergibile riemerse a fianco alla portaerei. In un’altra occasione, un siluro difettoso tornò indietro verso il battello, urtandolo e lasciando una traccia d’impatto sulla prua.
Narrativa
Il sottomarino Enrico Toti ed il suo equipaggio sono i protagonisti del romanzo “Delfini d’acciaio – Sfida nel Mediterraneo” di Marco Mascellani in cui l’unità, salvata dal disarmo, deve affrontare il difficile compito di porre soluzione ad un colpo di stato in un paese arabo.
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