Qual è l’età del sogno? Sempre, risponderebbe qualcuno che ama farlo a occhi aperti. In giovinezza, direbbe qualcun altro. Antonio Megalizzi aveva 29 anni e una forza oscura gli ha tolto la vita. Ma non ha spento il sogno. Paolo Borrometi ha 36 anni qualcuno ha pensato che fosse facile togliergli la vita. E anche per lui vale la stessa regola: non si può spegnerne il sogno.
Non ho mai conosciuto Megalizzi, ma conosco l’autore di questo libro, Borrometi. Lavora al mio fianco, tutti i giorni, condivide con me e con i colleghi dell’Agenzia Agi un grande, unico, sogno: fare giornalismo, buon giornalismo. Era anche il sogno di Megalizzi. Generazioni diverse. Questa voce narrante ha 52 anni, Antonio ne aveva 29, Paolo ne ha 36… supereroi, cartoni, libri, film, famiglia, cultura, gioia, dolori, simboli, illusioni, delusioni. Storie diverse. Eppure in questa fabbrica del presente, in questo filo che si annoda nella quotidianità, un telaio dove non c’è Penelope, dove la nostra epica è fatta di piccole cose, il nostro Ulisse è svegliarsi la mattina con poche ore di sonno e dire “chi sa cosa succederà oggi”.
Ecco, in questo mondo continua a vibrare una fiammeggiante, inesorabile, puntuale verità: raccontare. Mai con la perfezione, sempre per difetto o per eccesso, ma con l’onestà dei fatti. Perché i fatti comandano, impongono una gerarchia, un ordine, un’agenda, una verità dalla quale non si scappa. “Il sogno di Antonio”, questo libro dedicato a Megalizzi, palpita con amore della biografia di Borrometi, una condivisione a distanza dell’esperienza della vita e della morte. Proprio come ha ricordato Papa Francesco, perché della morte bisogna parlare. Quando il 14 dicembre del 2018 a Strasburgo il cuore di Antonio Megalizzi ha smesso di battere, il suo sogno si è propagato da altre parti. C’è sempre chi raccoglie il testimone, chi assume su di sé il peso di guardare avanti. Senza proclami, senza bisogno di fanfare, con due cose povere, semplici, ma potentissime: carta e penna. Ecco perché questo libro che oggi presenteremo nella sede di “Civita”, Piazza Venezia 11 alle ore 17,30, con il Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, il segretario UsigRai, Vittorio Di Trapani e la fidanzata di Antonio Megalizzi, Luana Moresco, è così importante.
“Il sogno di Antonio”, scritto da Paolo Borrometi, è una torcia accesa nel buio. Buona lettura.
Mario Sechi
Diritti umani e tecnologie nei paesi terzi*
di Antonio Micalizzi
3 settembre 2015
Marietje Schaake, europarlamentare olandese di Alde, ha proposto al Parlamento una risoluzione relativa all’impatto delle tecnologie dell’UE sui diritti umani dei paesi terzi.
Già in una conferenza relativa alla necessaria lotta politica per la libertà di Internet, datata un anno fa, la Schaake aveva puntato il dito contro gli Usa e i lo- ro eccessivi standard di sorveglianza, lamentando il dovuto coinvolgimento dell’Europa nel sostegno ad un sistema che tuteli le libertà del cittadino.
Considerando il sempre più importante impatto dei sistemi tecnologici sulla nostra quotidianità, viene naturale credere che siano le tecnologie il non-luogo nel quale vengono più spesso violati i diritti umani, come nel caso della sorveglianza di massa, le intercettazioni, la localizzazione dei cittadini e la loro attivi- tà privata, che sia telefonica o in rete.
Il punto focale della relazione rimane lo stesso: può una democrazia autoproclamarsi forte quando la privacy viene meno e ai cittadini viene negata la libertà? Può il mito della sicurezza fare da eccezione all’America? Possiamo crederci tanto più liberi di paesi come Cina, Russia o Turchia, se poi siamo i primi a non rispettare i diritti fondamentali dell’uomo?
Un ulteriore problema deriva dalla presenza ingombrante delle multinazionali, che sfruttano delle leggi estremamente permissive per arrivare dove solo i go- verni possono arrivare: nelle abitudini, nella quotidianità, nel cuore e nella mente del popolo, al fine di studiarne i comportamenti per poterne ricavare maggior beneficio da un punto di vista commerciale.
Ma non solo: governi di tutto il mondo si servono di sistemi di sicurezza per monitorare l’attività comunicativa di Internet all’interno del loro confine. Secondo il rapporto dell’ong britannica Privacy International, la Colombia avrebbe acquistato un software italiano, prodotto dall’azienda milanese Hacking Team, in grado di intercettare il traffico sul web dell’intero paese.
La stessa società, secondo Human Rights Watch, avrebbe venduto all’Etiopia sistemi in grado di spiare giornalisti, blogger e attivisti poco graditi al governo, espulsi in seguito dal paese con la scusa delle leggi sull’antiterrorismo.
La situazione non sembra migliorare neppure all’interno dell’UE. Joseph Cannataci, presidente del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu, ha definito il Regno Unito di oggi di gran lunga peggiore della dispotica Londra in cui veniva ambientato il romanzo «1984» di Orwell, asserendo che «se guardiamo solo alle Cctv [le televisioni a circuito chiuso], almeno per Winston [il protagonista nel romanzo di Orwell] era possibile andare fuori in campagna e passare sotto un albero, e aspettarsi che non ci fosse alcuno schermo, come questi venivano chiamati. Mentre oggi ci sono molte par- ti della campagna inglese in cui esistono molte più telecamere di quelle che Orwell avesse mai immaginato».
L’infinito tira e molla con aziende come Facebook o Google, poi, altro non fa che sottolineare quanto distante sia la politica europea in tema di privacy ri- spetto a quella dei paesi terzi, evidenziandone diverse falle nel sistema giuridico e, di fatto, trovando enormi difficoltà nel coordinamento tra i vari stati, specie per colpa dell’ubicazione dei provider, operanti a livello internazionale.
C’è ancora molto lavoro da fare per garantire la tutela della libertà del cittadino in rete, ma qualcosa, in Europa, comincia a muoversi.
* Lo scritto di Antonio Micalizzi è tratto dal libro ‘Il sogno di Antonio’, scritto dal giornalista Paolo Borrometi, vicedirettore dell’Agi, e edito dalle edizioni Solferino.
Vedi: Il sogno di Antonio Megalizzi, una torcia nel buio
Fonte: cultura agi