La Cina dice sì a una inchiesta indipendente sulle responsabilità nella diffusione dell’epidemia di Covid-19, ma a condizione che vanga avviata quando il virus sarà fuori controllo.
Dopo che 116 Paesi avevano sottoscritto la necessità di un’indagine, è stato lo stesso Xi Jinping a dare il via libera condizionato di Pechino, anche se il numero di adesioni raccolto tra i membri dell’Assemblea dell’Oms non era sufficiente a portare all’approvazione del progetto di risoluzione promosso dall’Unione Europea e dall’Australia.
“La Cina e’ a favore di un’inchiesta sul coronavirus dopo aver controllato l’epidemia” ha dichiarato Xi che ha comunque l’operato di Pechino nell’avvertire la comunità internazionale dello scoppio dell’epidemia. “Abbiamo informato l’Oms in modo tempestivo e appropriato”, ha detto il presidente cinese che ha anche rivendicato che “dopo grandi sacrifici la Cina ha dato una svolta” al corso dell’epidemia nel Paese. La Cina, ha aggiunto Xi, ha dato la propria assistenza ai Paesi che ne avevano bisogno e sostiene un ruolo di guida dell’Organizzazione mondiale della sanità nella risposta globale alla pandemia. “In questo momento critico, sostenere l’Oms significa supportare la cooperazione internazionale e la battaglia per salvare vite”.
“Accogliamo con favore il progetto di risoluzione per una inchiesta indipendente, che deve tener conto di tutte le risposte fornite”, sul nuovo coronavirus, ha dichiarato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus nel suo intervento, “Il nostro peggior fallimento sarebbe non imparare da questa esperienza da cui il mondo uscirà cambiato per sempre”, ha aggiunto.
La Cina si è sempre fortemente opposta all’ipotesi di un’indagine internazionale sulla pandemia. Nella bozza di Ue e Australia non si menziona la Cina o Wuhan, ma si esorta la comunità sanitaria globale a “identificare la fonte zoonotica del virus e l’introduzione nella popolazione umana, incluso il possibile ruolo di ospiti intermedi, anche attraverso sforzi come missioni sul campo scientifiche e collaborative”.
Taiwan, da parte sua, ha denunciato di non aver ricevuto alcun invito per l’Assembleae ha accusato la Cina per il “bullismo”. Taiwan, si legge in una nota apparsa sul sito web del Ministero degli Esteri, “ha la volontà e la capacità di scambiare esperienze sul contrasto all’epidemia con governi ed esperti di vari Paesi del mondo, di studiare e aiutarsi a vicenda, quindi non avere invitato Taiwan è una perdita per Taiwan e per il mondo intero”.
La Cina, ha aggiunto, “afferma di prendersi cura della salute del popolo di Taiwan, ma in realtà ha ripetutamente violato il diritto alla salute e i diritti umani di Taiwan”.
Taipei aveva inviato una lettera all’Organizzazione Mondiale della Sanità, a inizio maggio per caldeggiare la propria presenza, ma gli sforzi per partecipare all’Assemblea non sono andati a buon fine. Taiwan ha avuto il ruolo di osservatore dal 2009 al 2016, quando al vertice dell’isola c’era Ma Ying-jeou, del Partito Nazionalista, su posizioni più concilianti con Pechino rispetto all’attuale amministrazione guidata da Tsai Ing-wen, del Partito Democratico-Progressista, vista dalla Repubblica Popolare Cinese come separatista.
L’8 maggio scorso, i leader della Commissione Affari Esteri del Congresso degli Stati Uniti avevano inviato una lettera a 55 Paesi, tra cui anche l’Italia, per favorire la partecipazione di Taiwan all’Assemblea, accusando la Cina di aver “minato la possibilita’ di Taiwan di contribuire agli sforzi di risposta internazionali” alla pandemia.
Vedi: Il sì condizionato della Cina un'inchiesta indipendente sul coronavirus
Fonte: estero agi