Proposta editoriale: Il seppellimento di santa Lucia del Caravaggio di Francesca Saraceno.


di Patrizia Orofino

Quando una passione si lega ad un’attitudine d’amore verso l’arte e la bellezza, la sua alchimia si chiama: talento. L’incedere elegante di una scrittrice che, pagina dopo pagina saprà appassionare i lettori. Abbiamo incontrato Francesca Saraceno, siciliana ed autrice del libro intitolato: Il seppellimento di s. Lucia del Caravaggio. Francesca, consegue la maturità presso l’Istituto Magistrale e nonostante il suo lavoro nel ramo commerciale per 35 anni, si è sempre interessata di storia dell’arte rinascimentale fino a quella impressionistica. Oggi grazie alla sua caparbietà ed al suo amore quasi viscerale anche per la pittura, la letteratura ed il cinema, collabora con una rivista specializzata: About Art online, pubblicando con successo articoli culturali d’arte. Scrittrice per passione, scopriamo insieme l’autrice e Caravaggio, in un’opera che, farà discutere positivamente per l’argomento trattato.

DOMANDA: Francesca ci parli della sua opera e perché ha deciso di scrivere su questo argomento. 
R: “Il Seppellimento di santa Lucia del Caravaggio. Storia, genesi e destino di un capolavoro” è un
progetto nato spontaneamente all’inizio di quest’anno, quando ho deciso di partecipare al primo Festival
Letterario “Parola per Parola” qui a Belpasso. E siccome scrivo quasi esclusivamente di arte, non ho avuto
dubbi su cosa portare al concorso; la scelta è caduta subito su questa splendida opera. Anzitutto per
devozione: verso la santa, essendo io belpassese, e poi verso il maestro lombardo per il quale nutro un
amore viscerale. E il Seppellimento è decisamente la mia “opera del cuore”.
Si tratta di un dipinto di straordinaria intensità e bellezza, nonché di importanza fondamentale per
comprendere l’evoluzione stilistica del pittore nell’ultimo periodo della sua vita. Caravaggio lo dipinge a
Siracusa sul finire del 1608, lasciando in Sicilia una delle scene più drammatiche e significative della sua
breve ma intensa carriera. Il volume analizza le travagliate vicende che hanno interessato questa grande
pala d’altare, dalla sua genesi fino ai giorni nostri. Pur non essendo un “saggio scientifico” propriamente
detto, pone uno sguardo critico sul dipinto, indaga l’opera alla luce delle ultime scoperte, e offre ad
appassionati ed esperti una mia proposta esegetica sul cosiddetto “diacono”, figura centrale eppure
enigmatica nel dipinto. Il tema spinoso ma cruciale della conservazione e della tutela dell’opera, la singolare
vicenda di un documento falso e il controverso prestito al MART di Rovereto, forniscono interessanti
opportunità di riflessione e dibattito. Infine, gli omaggi resi al Seppellimento del Caravaggio anche qui a
Belpasso concludono il percorso che accompagna il lettore alla scoperta di un’opera meravigliosa, eppure
“maltrattata” senza scrupoli; “martire” anch’essa, come la santa siracusana. Proprio per questo credo meriti
tutta l’attenzione possibile, e spero che questo volume porti un piccolo contributo alla causa, sensibilizzando
società civile, istituzioni, estimatori e – perché no – anche addetti ai lavori, alla conoscenza, alla cura e al
“rispetto” verso questo capolavoro che è patrimonio dell’umanità, e come tale va preservato a ogni costo.

DOMANDA: Le olimpiadi sono finite, ma le polemiche ancora fomentano tra chi sostiene la blasfemia dell'
inaugurazione e chi invece asserisce che la scena è tratta dalle Baccanti. Che opinione si è fatta.

R: Beh, direi cha la blasfemia – come la bellezza – è “negli occhi di chi guarda”; ma è anche “figlia” di questi
tempi tesi come corde di violino, dove tutto viene scandagliato e vivisezionato in nome di un non meglio
definito – nonché abusato – “politically correct”; che però spesso travalica il senso di ciò che è oggetto di
indagine. La scena incriminata, a mio parere, si inseriva perfettamente in quella ridondante, strabordante
cerimonia di apertura dei giochi olimpici. Ma l’equivoco credo sia nato quasi “incolpevole” per via del modo in
cui il nostro cervello reagisce agli stimoli visivi. Il Cenacolo di Leonardo è un’opera iconica della nostra storia
artistica, una scena talmente conosciuta e radicata nella nostra memoria che qualunque altra scena, anche
vagamente simile per impostazione, viene automaticamente associata a quella. Da qui il fraintendimento che
ha indotto l’idea della blasfemia e ha dato fuoco alle polveri di questa Olimpiade segnata da tante (inutili)
polemiche. Peraltro, escludendo l’affresco di Leonardo dai possibili accostamenti, si è parlato di Baccanti, di
Convitto degli Dei, e altri agganci pittorici e letterari, per dare un senso a qualcosa che, forse, un senso
“artistico” non ambiva ad averlo. L’idea che mi sono fatta è che gli autori di questa scena così sboccata e
triviale, abbiano preso spunto dal mondo dell’arte e dalla mitologia ma senza un vero intento di imitazione, e
per questo, forse, non hanno verificato se quello che avevano in mente corrispondeva a un’opera o a un
concetto specifico. Infatti, a vederlo e rivederlo, sembra solo un grande pasticcio… Se il loro intento era
quello di trasmettere il valore della condivisione e dell’inclusività, proprie dello spirito olimpico, non so se
quella scena grottesca fosse davvero adatta allo scopo… Se invece “lo scopo” (perseguito ma non
dichiarato) era creare attenzione e dibattito sull’evento Olimpiade, al vento del sempreverde “anche male
purché se ne parli”, direi che hanno centrato pienamente l’obbiettivo. D’altra parte la grandeur francese è
certamente una peculiarità, ma sono certa che avrebbe potuto esprimersi in maniera più elegante.

D: se non avesse fatto il suo lavoro cosa avrebbe svolto nella sua vita? 
R: Sarei stata una storica dell’arte o comunque avrei lavorato nell’ambito artistico.

D: Progetti?

R: Al momento attendo l’uscita del libro, che dovrebbe avvenire tra poche settimane. Spero di poterlo
presentare ufficialmente a dicembre, in occasione dei festeggiamenti in onore di santa Lucia. Poi mi
piacerebbe portarlo nelle scuole, nelle varie sedi culturali del territorio, fare attività divulgativa ad ampio
raggio. Perché il dipinto lo merita, e perché credo fermamente che il nostro tempo abbia estrema necessità
di riscoprire il valore sociale dell’arte, ma direi anche della cultura in generale.