Il racconto della tragedia  del dirigibile Italia e di Umberto Nobile

Die glückliche Landung des Nordpol-Luftschiffes "Italia" in Stolp in Pommern! Nach 30 stündigem Fluge landete das italienische Nordpolluftschiff "Italia" unter Führung des Generals Nobile wohlbehalten in Stolp in Pommern. Eine Stabiliesierungsfläche am Luftschiff wurde im Gewittersturm stark beschädigt. Das glücklich gelandete Luftschiff "Italia" in Stolp i/Pommern.


 

Un’avventura in un mondo da esplorare. Il tentativo del dirigibile Italia è anche il primo collegamento del nostro Paese con il Grande Nord. In questo articolo riviviamo insieme la storia della spedizione di Umberto Nobile a bordo del dirigibile Italia.

 

In dirigibile al Polo Nord: la spedizione di Umberto Nobile

Umberto Nobile nasce a Lauro, un piccolo comune italiano della provincia di Avellino, nel 1885. Il mondo è agricolo, il concetto stesso di nazione italiana è nuovo, e le tragiche pagine del “brigantaggio” e degli orrori condotti dalle truppe regolari sono memoria fresca.

Il cognome del futuro esploratore è fittizio. Il padre di Umberto si chiama Vincenzo Nicolò Francesco Nobile delle Piane, discendente di un ramo cadetto della nobile famiglia Delle Piane. Fedele ai Borbone, Vincenzo rifiuta i Savoia, e perde quindi il titolo nobiliare. L’appellativo di casta diventa quindi in nuovo cognome del giovane Umberto, che si laureerà nel 1908 in ingegneria industriale meccanica all’Università di Napoli.

Nel 1911 Nobile si sposta a Roma per seguire il corso di costruzioni aeronautiche presso il battaglione del genio militare. Nel 1916 progetta un nuovo dirigibile per l’esplorazione del mare, e diventerà poi Direttore dello stabilimento militare nel 1919. Carica che manterrà fino al 1927.

 

Il dirigibile Norge

Sono gli anni della svolta per Nobile. Nel 1926 l’ingegnere campano compie la trasvolata polare artica sul dirigibile Norge insieme a Roald Amundsen, esploratore norvegese con cui i rapporti si incrinarono dopo poco tempo. Il “Norge” era un dirigibile semirigido costruito in Italia dallo stesso Nobile tra il 1923 e l’anno seguente, con la designazione originaria “N1”.

 

Un pallone in un mondo di ghiaccio

Amundsen aveva tentato di raggiungere il Polo Nord con due idrovolanti nel 1925, ma senza successo. Le intenzioni del norvegese incontrarono la volontà di Nobile, convinto che il dirigibile fosse il mezzo ideale per le esplorazioni in questo genere di ambienti. E strenuo sostenitore della sua idea nonostante le resistenze della Regia Aeronautica, che preferiva investire sui più solidi aeroplani di nuova generazione.

A seguito dell’impresa del Norge del 1926, Nobile decise quindi di riprendere l’esplorazione polare in dirigibile, questa volta affidandosi però a una squadra completamente italiana. La spedizione, infatti, gettava le basi anche per una forte capacità di propaganda del regime.

Le resistenze furono vinte grazie a un compromesso: la spedizione sarebbe stata finanziata sotto l’egida della Reale Società Geografica Italiana, con il concorso della Regia Aeronautica, che avrebbe messo a disposizione il dirigibile N4. L’equipaggio fu scelto tra la Regia Marina Militare, l’Aeronautica, gli Alpini e alcuni membri del suo staff. La Regia Marina Militare affidò al Comandante Romagna anche un nutrito programma di ricerche scientifiche (di fisica terrestre, di mareografia e di mappatura dei fondali e delle coste) che furono sviluppate in collaborazione con l’Istituto Idrografico della Marina ottenendo buoni risultati.

La stampa fu coinvolta fin da subito nell’iniziativa, anche attraverso il Comitato finanziatore di Milano, grazie alla mediazione del giornalista del Corriere della Sera Cesco Tomaselli. Un vero piano di comunicazione che avrebbe “coperto” la spedizione grazie allo speciale sistema di radiotelegrafia della missione.

Il dirigibile Italia parte finalmente da Ciampino il 19 marzo 1928. La prima sosta viene effettuata a Baggio, vicino Milano, da dove riparte il 15 aprile. Il viaggio prosegue poi verso la Baia del Re (in norvegese “Kongsfjorden”, un fiordo situato nell’isola di Spitsbergen, una delle isole Svalbard) dopo due tappe intermedie.

 

Gli eventi della spedizione

L’esplorazione prevedeva tre voli con partenza e rientro a Ny-Ålesund (dove oggi l’Italia ha la Base Artica “Dirigibile Italia” a guida del CNR). Il primo volo si svolse l’11 maggio, interrotto dopo poco per condizioni atmosferiche difficili. Ripreso il volo il 15 maggio, l’esplorazione durò 3 giorni, per un percorso complessivo di 4000 km, sorvolando la Terra di Francesco Giuseppe e compiendo rilievi significativi e utilizzando nuovi apparecchi tecnologici.

Il terzo volo rappresentò il momento tragico dell’esplorazione del Dirigibile Italia. Con l’intento di raggiungere il Polo Nord, il viaggio partì il 23 maggio con 16 persone a bordo. E l’immancabile cagnolina Titina al seguito di Nobile.

Le operazioni di soccorso e la Tenda Rossa

I sopravvissuti all’incidente restarono alla deriva su un lastrone di ghiaccio in movimento. Venne attivata la stazione radio per inviare un primo breve SOS, ma un guasto tecnico impedì di continuare la comunicazione fino al giorno successivo. Fu solo il 9 giugno che la stazione radio della nave d’appoggio “Città di Milano” riuscì a captare le onde radio dei naufraghi, che nel frattempo avevano trovato riparo all’interno di una tenda progettata per sole 4 persone.

La rotta del rompighiaccio russo Krassin che salvò i superstiti del dirigibile Italia. Fonte: www.archivio.cai.it

Tra i mezzi per cercare soccorso, la spedizione di Nobile aveva tracciato un reticolo di colore rosso sulla tenda. Il colore del drappo svanì nel corso di pochi giorni, ma l’appellativo di “Tenda Rossa” entrò nell’immaginario collettivo. Il salvataggio dei sopravvissuti avvenne grazie alla Città di Milano e a tanti altri mezzi aerei e navali provenienti da Italia, Francia, Norvegia, Finlandia, URSS e Germania.

Occorsero ben 48 giorni prima che tutti i superstiti dell’Italia – e i successivi soccorritori – facessero ritorno alle basi. Nove tra le persone che andarono alla ricerca dell’equipaggio perirono.

Tra questi, Roald Amundsen, che sparì tra le nubi con il suo idrovolante Latham 47 nel corso delle operazioni di salvataggio.

Numerose spedizioni si sono succedute nel corso del tempo per cercare i resti del dirigibile e i corpi dei dispersi, ma ad oggi restano ancora nascosti nelle gelide acque dell’Artico.

 

Di Leonardo Parigi fonte@ osservatorioartico.it/