Il dopo Netanyahu partirà soltanto quando la guerra sarà fermata, farlo fuori è ancora un sogno a occhi aperti che non diventerà reale finché sono in corso i combattimenti. E questa è la carta del primo ministro: governare insieme con i suoi nemici e proc
Paolo Guzzanti · 30 Apr 2024
Molto scetticismo sulla voce che circola in ambienti governativi di un imminente mandato di cattura per il primo ministro emesso dalla Corte dell’Aja, che secondo l’opposizione è stata messa in circolo proprio dagli uomini di Netanyahu per creare distrazione di massa. Duri e determinati i fan di Gadi Eisenkot, una testa tonda con occhiali d’oro piena di cervello, che vorrebbero lui a gestire una guerra che marcisce. Ed è furente il leader dell’opposizione, intellettuale giornalista scrittore e già primo ministro per poco Yair Lapid che punta alle elezioni anticipate. Non è facile guardare Israele con le lenti della politica europea perché si finisce comunque a parlare sempre di guerra.
Molto scetticismo sulla voce che circola in ambienti governativi di un imminente mandato di cattura per il primo ministro emesso dalla Corte dell’Aja, che secondo l’opposizione è stata messa in circolo proprio dagli uomini di Netanyahu per creare distrazione di massa. Duri e determinati i fan di Gadi Eisenkot, una testa tonda con occhiali d’oro piena di cervello, che vorrebbero lui a gestire una guerra che marcisce. Ed è furente il leader dell’opposizione, intellettuale giornalista scrittore e già primo ministro per poco Yair Lapid che punta alle elezioni anticipate.
Non è facile guardare Israele con le lenti della politica europea perché si finisce comunque a parlare sempre di guerra.
Benny Gantz, solido e realistico, pensa ad un fronte con Giordania ed Egitto che è già nato: basta sfruttarlo. Non la pensa dunque come la pensava Ben Gurion prima di essere il primo capo di governo nel ’48: arabi ed ebrei possono essere alleati e lo sono stati durante il bombardamento iraniano.
Ben Gurion non ancora Primo Ministro, disse che Israele e arabi non troveranno mai un punto di convergenza, al massimo un fragile equilibrio. Ma Ben Gurion oggi non avrebbe più ragione perché Giordania ed Egitto hanno protetto Israele sparando contro i missili di Teheran mentre l’Arabia Saudita faceva il tifo per Israele.
Ecco il punto politico: Netanyahu trova più redditizio giocare a gatto e topo con Hamas perché è legato alla guerra e la guerra a lui.
È detestato da tutto il paese perché tutti vogliono che questa guerra finisca con una vittoria, ma nessuno si sta facendo avanti. Netanyahu è stato bocciato come un incapace per non saper scegliere fra due priorità: distruggere Hamas o la liberazione degli ostaggi. Ma non si possono volere entrambe le cose. La destra rabbinica se ne infischierebbe degli ostaggi, tutti laici miscredenti e donne sfacciate.
Mentre la sinistra, con le sue continue manifestazioni e memorial con le foto dei propri cari prigionieri, li rivorrebbe tutti a casa, disposti a combattere. Gli ostaggi ancora vivi sembra non superino la trentina.
Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha definito il primo ministro “una minaccia alla nostra stessa esistenza: speriamo. Che Benny Gantz ci aiuti a far cadere il governo”. Benny Gantz è il leader della coalizione di centro.
Ma anche lui non ha una risposta politica in senso europeo, ma geopolitica: visto che Paesi arabi come Egitto e Giordania di fronte alla pioggia di missili iraniani si sono schierati con Israele e hanno sparato contro quei missili, si potrebbe chiudere la guerra facendo una coalizione “regionale” arabo-israeliana – tutti contro Hamas – che riporterebbe l’asse a quell’alleanza fra Arabia Saudita, Israele e Stati arabi che hanno scelto l’Occidente e a causa della quale l’Iran ha scatenato i suoi alleati per far saltare gli “Accordi di Abramo”, il comune profeta Ibrahim, o Abraham. Quegli accordi possono trasformare il Medio Oriente in un paradiso di ricchezza tecnologica spinta da Israele e finanziata dai re sunniti odiati da Teheran e ricambiati con pari odio.
Quegli accordi non sono saltati, ma solo congelati e l’Arabia Saudita morde il freno esattamente come l’Egitto affinché questa maledetta guerra di Gaza sia risolta per tornare a dove eravamo il 6 ottobre.
L’attuale Primo Ministro è accusato, invece, di giocare la carta della guerra infinita perché è la sua unica assicurazione contro la sconfitta e la rovina. Ma il dopo Netanyahu partirà soltanto quando la guerra sarà fermata. È un circolo vizioso: il capo del governo vuole tirarla per le lunghe e i suoi avversari vogliono una vittoria rapida, sia solitaria che con l’alleanza di Giordania ed Egitto. Anzi, meglio con questi due Paesi.
Il fatto è che dal 1948 tutti i Paesi arabi fanno la faccia feroce quando si parla di Israele, ma da decenni cresce il numero di chi gioca a favore di Israele e della sua leadership economica, mandando in bestia gli ayatollah di Teheran.
Benché la cosa ci stupisca, in Israele non esiste una rilevante opposizione popolare contro la guerra scatenata da Hamas ed è difficile vedere alternative politiche che non passino attraverso le scelte militari sempre contestate di ogni manifestazione di strada. I due partiti polari nelle piazze e che si vedono nelle immagini televisive sono trasversali e si riconoscono dai due motti. Il primo è: “Ridateci gli ostaggi vivi”. E il secondo: “Sbrigatevi a vincere e torniamo alla normalità”.
Far fuori Netanyahu è ancora un sogno a occhi aperti che non diventerà reale finché sono in corso i combattimenti. E questa è la carta del primo ministro: governare insieme con i suoi nemici e procrastinare la fine. Di conseguenza Bibi rappresenta non la pace vittoriosa ma la putrefazione nella guerra. Il leader della destra e ministro della Sicurezza, Ben Gvir, non ne può più di lui perché è convinto che Israele stia simulando sensi di colpa per rassicurare l’America di Joe Biden, mentre vorrebbe un contrattacco a rullo compressore.
Ora s’è aperto uno spiraglio di trattava sugli ostaggi e la partita di poker ricomincia. È lì che abita la politica: su quel tavolo da poker.
Fonte: Il Riformista