"Il panettone alla 'nduja l'ho creato io". La battaglia dello chef calabrese


AGI – Cioccolato e ‘nduja, ovvero dolce e piccante. L’idea di realizzare un panettone con l’insaccato simbolo della gastronomia calabrese, Pierino Rosace, chef di Gioia Tauro (RC), l’ha avuta l’anno scorso. Qualcuno, però, se n’è impossessato e, senza attribuirgliene il merito, ha cominciato a produrlo e a pubblicizzarlo come un prodotto proprio. Sotto accusa è un’azienda alimentare calabrese contro la quale Surace, titolare di un noto ristorante nel centro di Gioia Tauro, intende far causa.

“Il fatto – spiega all’AGI – è che tutto è avvenuto con l’inganno. Nel mio ristorante io e la mia famiglia non facciamo nulla di speciale, ma realizziamo i piatti con prodotti locali, rigorosamente fatti in casa, tanto che io parlo di prodotti “locasa”. Tutto frutto della mia esperienza di cuoco autodidatta. Tempo addietro alcune persone sono entrate nel locale per consumare un pasto. Ho fatto assaggiare loro il Pan di Vico (da “Vico scuro, nome del locale dello chef, ndr) che hanno dimostrato di gradire”. Un dolce particolare, frutto della tradizione natalizia e dell’arte culinaria calabrese.

Per Pierino Rosace è stata una sorpresa amara vedere la sua idea alla rassegna “Tutto Food” di Milano dov’è stata esposta dall’azienda di cui le persone che l’hanno assaggiata nel suo ristorante sono titolari. L’azienda produttrice si vanta anche di aver ricevuto un premio da una delle principali confederazioni agricole del paese.

“L’idea, purtroppo – dice Rosace – non si può brevettare. Ho scoperto quanto è accaduto quando ho visto che l’azienda, che produce ‘nduja, l’ha pubblicizzato su Instagram. Sia ben chiaro – precisa – che non sono in cerca di soldi o pubblicità, mi sarebbe bastato un confronto con queste persone, invece c’è stata una chiusura totale da parte loro. Ho commentato la loro foto su Instagram scrivendo che il panettone era una mia idea. Per tutta risposta hanno rimosso le mie frasi”.

“Qui nel Reggino – continua Rosace – c’è molta povertà, si sta peggio che nelle altre province calabresi, è difficile portare il pane a casa. Su di noi calabresi ci sono anche molti luoghi comuni e mi dispiace constatare che un’azienda da cui ci si aspetta che rappresenti la parte sana della Calabria si comporti in maniera disonesta. Io – dice – non voglio essere rappresentato da gente che si comporta così”.

La famiglia di Rosace non è in grado di produrre il dolce in quantità industriale. “Ci appoggiamo a una pasticceria locale – afferma – per vedere i panettoni che possiamo realizzare. Intentero’ una causa di cui stiamo valutando i termini con i nostri legali. Ripeto, non chiedo soldi, ma solo che sia ristabilita la verità”.

Rosace si è lasciato alle spalle un passato difficile, il suo ristorante è molto frequentato. Nel 2017 ha partecipato a un’iniziativa con finalità sociali, la “cena galeotta” promosse dall’Unicoop di Firenze nell’ambito del progetto “Il cuore si scioglie”.

Insieme con un gruppo di detenuti del carcere toscano di Volterra, ha preparato dei pasti, consumati, su prenotazione, da persone libere che hanno cenato nel penitenziario, dove si sperimentano iniziative finalizzate al reinserimento dei detenuti nelle società. Rosace gestisce un’attività economica, ma non disdegna di partecipare a iniziative benefiche. “Il ricavato di alcune vendite – dice – pari a 4.200 euro, è stato devoluto in beneficenza al Burkina Faso”. Ora il panettone alla ‘nduja, destinato alle case dei produttori per Natale, rischia di finire in tribunale.  

Source: agi