AGI – Di giorno e di notte in terapia intensiva a occuparsi dei pazienti intubati a causa del Covid e poi, nel ‘tempo libero’, a inoculare vaccini da volontario “per respirare ossigeno e speranza”. Per Marco Vergano, anestesista rianimatore al San Giovanni Bosco di Torino, la scelta è arrivata dopo una notte di riflessione.
“Siccome serviva gente per vaccinare a noi medici è stato proposto di farlo con un compenso aggiuntivo rispetto allo stipendio, visto che l’azienda ha le risorse economiche per farlo. – racconta all’AGI -. Ci siamo segnati in tanti, anche io. Ma il giorno dopo ho chiamato il mio primario e gli ho detto che non avevo tanta voglia sul vaccino di guadagnare e che mi sarei iscritto al bando dei volontari”.
Una decisione maturata quanto è arrivata la terza ondata
Una decisione maturata proprio nel momento “di depressione” della terza ondata di contagi che ha cominciato a ‘picchiare’ duro come le precedenti: “Abbiamo di nuovo dovuto riconvertire gli spazi del blocco operatorio a terapia intensiva.
Ogni volta che rientri in quei luoghi con gli infermieri che rivedi dopo mesi, rivivi i ricordi molto vividi di marzo dell’anno scorso e succede una cosa strana – spiega Vergano, che è anche tra gli autori delle linee guida per la Società degli Anestesisti (Siaarti) sui criteri degli ingressi in Terapia Intensiva -. Ogni anno in Rianimazione facciano circa 500 ricoveri, è difficile ricordarsi nomi e volti di chi ci passa. Ma dei primi 40 della prima ondata abbiamo impresso tutto, anche i letti dove stavano, come li abbiamo curati, tutto”.
Il centro di vaccinazione ‘una parentesi di pace’
Ecco allora che nel momento di massima concitazione nel reparto che ospita i pazienti più gravi, la vaccinazione nell’aula magna dell’ospedale riconvertita a centro vaccinale è diventata per Vergano una parentesi di pace, “ossigeno”, lo definisce, proprio quello che ogni giorno cerca di restituire ai malati: “Mi diverto, è bello vedere chi arriva contento di vaccinarsi ma anche chiacchierare e tranquillizzare chi, e sono tanti, si presenta teso come una corda di violino”.
“C’è una bella atmosfera anche tra noi medici, scherziamo tra noi su chi inietta più flaconcini, siamo tutti consapevoli che è alla campagna vaccinale che dobbiamo aggrapparci mentre fuori sembra che parte del Paese sia nel pieno della rimozione del Covid come malattia”.
Nella sua Rianimazione, Vergano cura soprattutto pazienti sui 70 anni ma anche “45-50enni. Non ci sono invece più i negazionisti che vedevamo in passato, persone che strappavano le mascherine dal volto degli infermieri chiedendo di lasciarli stare perché ‘il Covid non esiste’”.
Source: agi