Il fine giustifica i mezzi: lo zar Putin ha scelto


di Alessandro Scuderi

Sempre più persone mi chiedono lumi circa l‘impegno della Russia di zar Putin, nell’inferno Siriano. La domanda che mi viene posta è significativa di quanto l’opinione pubblica sia in effetti attenta, ma poco incline alla ricerca. Probabilmente gli affanni quotidiani ed una sorta di diffidenza nei confronti dei media, induce la collettività a chiedere spiegazioni più dettagliate a chi ritiene possa essere degno di fiducia. Bontà loro, penso io, ma la richiesta di delucidazioni si fa sempre più pressante e raccolto l’invito del presidente Carmelo Finocchiaro e dell’amica Rosanna La Malfa, mi appresto, ahimè, ad accontentarli.

Il conflitto trae origine dalla disputa sulla fornitura di gas all’Europa; in tale ottica, quindi, si è inserita la realizzazione del “Nord Stream”, il più lungo gasdotto sottomarino al mondo che trasporta, dal 2012, circa 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno dalla Russia verso la Germania. E da qualche anno, oramai, si parla con insistenza della possibilità di un suo raddoppio a partire dal 2019, con un’Europa che, quindi, dipenderebbe sempre più dalle importazioni di gas russo, mentreBruxelles preme affinché ricerca e volontà politica si concentrino a favore di una diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico. Ma il gas passa anche dalla Siria (ma anche dall’Ucraina che amica della Russia proprio non si direbbe) e qui casca l’asino! O meglio qui nasce la crisi… Più precisamente al rifiuto del dittatore siriano di consentire il passaggio di un gasdotto dai giacimenti nel Qatar verso lo sbocco in mare della Turchia. E qui entra in gioco la Russia che, tramite Gazprom, porta il gas dei propri giacimenti sino in Europa, grazie al passaggio dalla Siria e da qui in Turchia. Naturalmente l’immissione sul mercato europeo di un altro concorrente che, al contrario della Russia di Putin, è molto ricco, porterebbe al calo dei prezzi e del fatturato che la Russia non può permettersi, pena il totale fallimento economico.

Lo status belligerante della regione impedisce o quantomeno scoraggia qualsivoglia programma di realizzazione del gasdotto da parte del Qatar. Per tale ragione, Putin si è inventato l’appoggio militare a Bashar al Assad inviando truppe a sostegno del regime che di fatto impediscono, con la guerra in corso, di pianificare qualsiasi progetto di costruzione del gasdotto.

Rammenterete che tempo addietro un caccia russo è stato abbattuto dalla contraerea turca, ma al di là di una forte protesta e di un andirivieni di minacciosi messaggi televisivi e diplomatici, tutto è rimasto come prima e l’incidente del tutto dimenticato. Il gas di Gazprom già attraversa la Turchia…

Di recente, inoltre, l’aviazione israeliana, nel bel mezzo del conflitto in corso, ha più volte bombardato postazioni di terroristi filopalestinesi in Siria e lo fa almeno dal 2007. Tutto questo senza scuotere più di tanto la Russia che, nonostante le basi aeree installate in Siria, ha pensato bene di non intromettersi, nonostante sia risaputo che Assad finanzia le fazioni terroristiche di Hamas e Hizzbollah. Naturalmente sia il Qatar che l’Arabia Saudita hanno da tempo iniziato a foraggiare le formazioni ribelli per rovesciare il regime di Assad, con il patto di consentire il passaggio del gasdotto a guerra ultimata.Vale la pena di ricordare che gli U.S.A., fortemente opposti al regime siriano, appoggiano il Qatar per motivi legati ai mercati mondiali di petrolio, sebbene in Qatar soggiornino tutti i leader di Hamas che a sua volta è nemica giurata di U.S.A. e Israele. Ma va anche ricordato che la Turchia, nonostante tutto, è ancora Paese membro della N.A.T.O.

Va infine considerato che la Siria, già nel 2010 aveva iniziato a negoziare con l’Iran per la costruzione di un gasdotto che attraversasse i due paesi sino al Libano e da qui verso l’Europa. Orbene la storia ci insegna che da sempre la Siria ha nutrito mire espansionistiche verso il Libano, condizionandone fortemente la politica e le tornate elettorali, ma il vero intento è di avvicinarsi e di fare avvicinare l’Iran ad Israele. Ecco spiegato il forte impegno economico degli Ayatollah a favore del terrorismo di matrice Hezbollah al quale eroga dai 20 ai 30 milioni di dollari l’anno.

Capisco che l’insieme di così tante informazioni insieme, possa non essere di facile comprensione, soprattutto per chi non è interessato al problema, ma garantisco che la conoscenza dei fatti e delle posizioni è assolutamente necessaria per contrastare il terrorismo, anche se questo fenomeno, spesso, è fomentato ad arte da scelte arroganti e scellerate di Stati sovrani.

Machiavelli docet…