AGI – Gli intellettuali calabresi stroncano Gabriele Muccino. L’opera del regista, costata 1,6 milioni di euro e commissionata dal governo regionale per ridisegnare l’immagine della Calabria, non è piaciuta. Presentato al festival cinematografico di Roma, il cortometraggio è diventato “virale” sul web, accompagnato dai commenti negativi del popolo dei social. L’AGI ha raccolto le voci del mondo della cultura su un prodotto fortemente voluto dalla compianta governatrice Jole Santelli con lo scopo dichiarato di rilanciare la regione sul mercato turistico. “Un lavoro artisticamente incommentabile” risponde lo scrittore Gioacchino Criaco.
“Muccino può piacere o no – dice – è certamente uno che di cinema ne capisce, ma il suo cortometraggio è di una pochezza assoluta che non ti aspetti”. Criaco, impegnato in questi giorni nella promozione del suo ultimo romanzo “L’ultimo drago d’Aspromonte”, conosce la materia. Il suo best seller “Anime Nere” è diventato un film. “Questo cortometraggio – aggiunge – è esattamente il contrario di quello che Jole Santelli voleva ottenere. Il suo ultimo post è stato dedicato proprio alla presentazione del corto di Muccino che, ripeto, è un prodotto incommentabile: carente sul piano della recitazione e su quello della sceneggiatura”. Criaco, molto attivo sui social, interviene costantemente sui problemi della sua regione. “C’è un errore di fondo – dice – in cui la politica calabrese incorre continuamente: che il problema principale della regione sia l’immagine e che cambiando certi stereotipi tutto si risolva. In realtà occorre prima un lungo processo culturale, occorre cambiare la sostanza delle cose, poi cambierà la percezione che si ha della Calabria. Adesso ci rideranno tutti dietro”.
“Atmosfere da padrino”
Non meno critico è Santo Gioffrè, autore di “Artemisia Sanchez”, romanzo da cui è stata tratta una serie televisiva. “È volgare – spiega – perché trasmette l’idea di una colonia sottomessa alla madrepatria. Le atmosfere sono da Padrino, sembra ambientato negli anni Cinquanta. Ne risulta sminuito ogni senso comune. Di Muccino, da servi, hanno comprato solo il nome e lui, da leghista antelitteram, ci ha trattati da coloni. Lì dentro non c’è nulla di ciò che puoi trovare in ogni cartolina illustrata degli anni 50. Ci hanno resi inutili. Mi è venuto in mente il caso di Infrastrutture lombarde”, chiamate a costruire gli ospedali in Calabria”.
Gioffrè non ricorre alla diplomazia: Ci hanno fottuto parecchi milioni per il nome altisonante senza fare nulla”. Bruno Gemelli, scrittore e giornalista, definisce l’opera “frettolosa e provinciale. Sembra importata dalla Cina, dove sono specialisti in falsificazioni. Non c’è niente – afferma – che rappresenti la Calabria”. Stronca il lavoro del regista anche Ulderico Nisticò, docente e storico, autore di numerosi libri sulla Calabria antica.
“Un milione 600.000 euro – dice – significa averlo pagato 200.000 euro al minuto. Mi sembra un po’ caro per un prodotto pessimo, in cui si vedono due piccioncini (Raoul Bova e la sua compagna Rocho Munoz Morales ,n.d.r.) mangiare un bergamotto e un’arancia. Nessun cibo caratteristico calabrese, nessun vino, nessun riferimento ai luoghi della storia calabrese, ai suoi siti archeologici, a Tommaso Campanella. Tutto – osserva – si svolge davanti a un tratto di mare selvaggio, anonimo, sovrapponbile a qualsiasi altro posto del mondo. Domani potrebbero venderlo alla Croazia, alla Scozia, alla Danimarca. E’ evidente che Muccino non conosce la Calabria, non si è preoccupato di conoscerne le vicende. Mi piacerebbe sapere dove ha trovato l’asino che si vede nel filmato, viso che i calabresi non lo utilizzano da tempo. Se vuoi informarti su una regione, la visiti, leggi libri. Il 70% del territorio calabrese è costituito da montagna e collina, lui fa vedere solo un tratto di mare. E quanto ai costi, visto che a recitare sono in due e le comparse pochissime, mi piacerebbe sapere – conclude – se esiste un rendiconto delle spese realmente sostenute. Spero ci sia un consigliere regionale che ne chieda conto”.
“Il racconto di un impersonale Sud anni Cinquanta”
Nunzio Belcaro è il librario che durante il lockdown ha fatto parlare di se e di Catanzaro per la sua iniziativa di consegnare i libri a domicilio ai suoi concittadini costretti a restare in casa. Anche la sua impressione è negativa.
“L’errore – spiega – è a monte. Ed è un errore politico, di scelta. Affidare a Muccino, pagarlo in maniera spropositata sulla fiducia, unisce provincialismo e ignoranza artistica. Una committenza sbagliata la richiesta di fare raccontare in tutta fretta a un regista la Calabria in otto minuti. Nel cinema, come nella letteratura, meno spazio hai a disposizione e più intenso deve essere il lavoro.Il risultato di Muccino è imbarazzante”.
Ne esce fuori, dice Belcaro, “un impersonale Sud Italia anni 50 che potrebbe essere la costiera Amalfitana, la Sicilia, la Puglia. Non mi interessa nemmeno quello che si vede e quello che non si vede. È che non si sente nulla, non racconta efficacemente una storia, non c’è autenticità. I dialoghi sono da telenovela. Quanto sarebbe stato bello – aggiunge – con gli stessi soldi, mettere in piedi un premio per giovani registi, farli stare in Calabria per mesi, nei nostri borghi più belli, pagarli con dignità per la loro ricerca ed alla fine del percorso premiare il corto migliore. La stessa operazione sarebbe stata la vera promozione della nostra terra. Detto questo, rimangono i soldi buttati. Il racconto della Calabria – prosegue – è un percorso già iniziato, altissimo e che continua, che ha già reso eterne porzioni di terra attraverso la letteratura e il cinema. Passa da Africo, da Riace, da Santa Caterina d’Aspromonte, da Girifalco, da una via di Cosenza in cui respira l’Europa, dal quartiere Maddalena di Catanzaro”.
Vedi: "Il corto sulla Calabria è inguardabile", gli intellettuali attaccano Muccino
Fonte: cultura agi