I blues superano il City 1-0 e vincono la seconda Champions League della propria storia. Nulla da fare per Guardiola
di Ilario Scarnera
Al termine di una partita a doppia velocità, la squadra di Tuchel viene incoronata campione d’Europa e Guardiola soccombe per la terza volta in stagione contro i blues.
La squadra di Abramovich vince grazie ad un goal di Kai Havertz che diventa, a 21 anni e 352 giorni, il più giovane calciatore tedesco ad aver segnato in una finale di Champions.
La grande rivincita è quella dell’allenatore del Chelsea, esonerato a metà stagione dal PSG, e approdato a Londra per sostituire Lampard. Il suo lavoro risalta anche in questa finale; 3-5-2, squadra attenta e compatta, pronta alle ripartenze alla verticalizzazione.
Ad emergere, invece, sono le carenze dei citizens di Guardiola che seppur con il dominio del possesso palla non domina la partita. Manca di cattiveria, di personalità e di intensità la squadra campione d’Inghilterra alla sua prima finale della storia.
Per il Chelsea ogni giocata è esperienza sensoriale, ricerca di qualità nell’intensità; i blues sono sempre in controllo del match nonostante un possesso palla inferiore rispetto a quelli degli avversari e con un Kantè sempre più protagonista della partoia e del calcio europeo.
Tuchel gode, Guardiola piange e forse sarebbero necessarie delle riflessioni sulla sua effettiva capacità di incidere post Barcellona nonostante i milionari investimenti di questi anni.