Il centrosinistra gioca la carta Riccardi: "Non è un nome di bandiera"


AGI – Scheda bianca, almeno alla prima votazione, e poi si deciderà. Questa l’indicazione arrivata dal centrosinistra alla vigilia del primo voto per l’elezione del Presidente della Repubblica, assieme a un primo nome: Andrea Riccardi. E’ il fondatore della Comunità di Sant’Egidio la carta che il centrosinistra è pronto a giocare soprattutto nel caso in cui il centrodestra dovesse proporre un nome d’area.

Il segretario Enrico Letta ha condiviso con gli alleati di M5s e Leu la strategia, in un incontro svoltosi domenica a Montecitorio, negli uffici Pd. Un incontro di circa due ore al termine del quale Letta, Conte e Speranza sono usciti con un comunicato congiunto. “Si ragiona su Andrea Riccardi come profilo di presidente ideale”, spiegano fonti del Nazareno.

E “non si tratta di un candidato di bandiera”, spiega a sera Letta dopo aver incontrato i grandi elettori: “Andrea Riccardi è il nostro candidato ideale“, sottolinea il segretario dem. Che non si tratti di uno stratagemma per contarsi in aula lo confermano anche i capogruppo di Leu, presenti assieme ai loro omologhi M5s e Pd alla riunione del mattino: “Riccardi non è per niente un candidato di bandiera”, dice la presidente di Leu al Senato, Loredana De Petris.

L’identikit, per i tre leader è quello indicato ormai da settimane: profilo non di parte, autorevole. Nella sala Berlinguer, leader e capigruppo siedono in cerchio. Conte si guarda attorno, alle pareti ridipinte di recente e decorate con la firma ingigantita dello storico segretario del Pci. Osserva che anche la sala del gruppo M5s avrebbe bisogno di una risistemata.

Dopo due ore i leader ne escono con un comunicato in mano: vi si legge la convocazione permanente delle delegazioni, l’appuntamento a domani mattina per decidere il comportamento in occasione della prima votazione, ma soprattutto la richiesta di un tavolo fra tutti i partiti per arrivare a una scelta condivisa.

Nel frattempo il dubbio è tra votare scheda bianca o virare su un candidato di bandiera. Che potrebbe essere Andrea Riccardi. Una ipotesi che non convince tutti, anche perchè il nome è di quelli che potrebbero essere spendibili ben al di là della necessità di contarsi. In pieno 1968, mentre le strade della Capitale erano attraversate da cortei, lui riuniva un gruppo di liceali nell’oratorio alla Chiesa Nuova, primo nucleo della Comunità di Sant’Egidio. 

Una comunità che sotto la sua guida crebbe al punto da diventare un punto di riferimento internazionale del dialogo interreligioso. Al punto che meno di trent’anni dopo, dal 1990 al 1992, la sede di Sant’Egidio a Trastevere fu scelta per portare avanti le trattative per la pace in Mozambico e Andrea Riccardi, con Matteo Zuppi, ricevette la cittadinanza onoraria del Paese africano. Difficile, date le premesse, escluderlo dalla rosa dei nomi che contano.

Nell’immediato, tuttavia, la priorità rimane quella di tenere insieme gruppi parlamentari che non permettono leggerezze. “Il Pd è compatto”, assicura Roberta Pinotti lasciando l’assembela dei grandi elettori. Il segretario Pd ha ‘blindato’ il percorso con la riunione della direzione e dei gruppi parlamentari ai quali ha chiesto il mandato pieno, per sè e per le due capigruppo, a trattare con le altre forze politiche.  

Un modo per ‘sincronizzare’ gli organi statutari del Pd, espressione della maggioranza (netta) che lo ha eletto, e i gruppi parlamentari che sono il risultato delle liste elettorali del 2018 messe a punto da Matteo Renzi. I parlamentari, e non solo del Pd, rappresentano la maggiore incognita nel caso si decidesse di convergere sul nome di Mario Draghi.

Il premier è, al momento, ancora in pole position nelle preferenze del campo di centrosinistra, ma una sua elezione metterebbe un punto interrogativo sulla tenuta del governo. Di qui l’idea di un patto di legislatura per arrivare al 2023 senza tornare al voto. Una proposta accolta, al momento, dai diretti partner dell’alleanza, Renzi compreso. “Dobbiamo fidarci tra di noi, parlarci con sincerità, abbiamo un compito e una responsabilità enormi”, è il monito del segretario ai grandi elettori. 

“Dobbiamo dare la migliore dimostrazione che siamo una squadra e una straordinaria intelligenza collettiva. Insieme siamo migliori di quanto siamo singolarmente. Siamo una comunità a cui guarda il Paese. Dobbiamo essere all’altezza. Con questo spirito vi chiedo di lavorare”, ricorda ancora Letta. Le prossime tappe del percorso prevedono, nella mattinata di domani, un nuovo incontro con gli alleati e poi, eventualmente, un incontro con esponenti del centrodestra, per trattare.

La via maestra rimane quella di un presidente super partes capace di rappresentare tutto il Paese. In questo senso, il solco da percorrere è quello tracciato da Sergio Mattarella. “Il nuovo Presidente deve entrare in connessione con i cittadini. L’elezione di Mattarella è stato un vero capolavoro politico e i suoi sette anni lo sono stati altrettanto”. Da qui il nuovo stop inviato al campo opposto: “Ulteriori candidature di centrodestra faranno la stessa fine di quella di Berlusconi”.

Source: agi