Il caso Kavala e la provocazione di Erdogan


AGI – Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato di aver dato “istruzioni al ministero degli Esteri per dichiarare ‘persona non grata’ i 10 ambasciatori” che avevano firmato un appello per un giusto processo e per la liberazione del filantropo Osman Kavala. La minaccia del presidente turco non si è ancora concretizzata in un atto ufficiale nei confronti dei capi delle missioni diplomatiche di Stati Uniti, Germania, Francia, Olanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Canada, Nuova Zelanda, con le cancellerie in attesa di comunicazioni.

Dichiarare un ambasciatore ‘persona non grata’ non presuppone automaticamente l’espulsione, ma significa non volerlo nel Paese e chiederne il richiamo in patria.

Erdogan dovrà pensarci seriamente prima di passare dalle parole ai fatti, perché se Ankara davvero dichiarerà persona non grata gli ambasciatori dei 10 Paesi coinvolti, allora in automatico scatterà il medesimo provvedimento nei confronti degli ambasciatori turchi negli stessi 10 Paesi. Una situazione che la Turchia sta vivendo con Damasco dall’inizio del conflitto in Siria, con l’Egitto di al-Sisi e con Israele, sia dopo il caso Mavi Marmara (2010) che dopo la dichiarazione di Gerusalemme capitale nel 2018.

In questo caso il provvedimento avrebbe una magnitudo totalmente diversa, coinvolgendo Paesi come Stati Uniti, Germania e Francia. Tra i Paesi coinvolti anche l’Olanda, il cui ambasciatore fu l’ultimo ad essere colpito dal medesimo provvedimento nel 2017, dopo che al ministro delle Pari opportunita’ di Ankara fu negato l’ingresso nel Paese per un comizio tra i turchi residenti nei Paesi Bassi.

I diplomatici ricevono infatti il gradimento preventivo da parte del Paese presso cui sono incaricati di operare; venuto meno il gradimento il rappresentante diplomatico viene svuotato delle proprie funzioni e de facto impossibilitato ad esercitarle. Il provvedimento non presuppone un taglio delle relazioni diplomatiche, a quel punto portate avanti dall’incaricato d’affari delle ambasciate, a un livello più basso rispetto al precedente.

Dichiarare ‘persona non grata’ ed espulsione rimangono due atti diversi, ma mantenere sul suolo del Paese un ambasciatore che non può agire è privo di senso. A quel punto sta al Paese che subisce il provvedimento decidere se sostituire o meno il proprio ambasciatore. Una scelta su cui incidono inevitabilmente i rapporti di forza tra Paesi; non sostituire presuppone un atteggiamento di fermezza e accettare che le relazioni diplomatiche vadano avanti a un livello più basso.

Source: agi