Il capitale umano come impresa nel sistema neoliberista


Se la società umana è basata sulla concorrenza e se l’individuo è definito come competitore o concorrente, significa che ogni individuo è una impresa. Il mercato, come ogni cosa creata dall’uomo, può essere ordinato e regolato in modi alternativi. Ed è la politica che ne decide le regole

di Antonino Gulisano

Mentre la sinistra snobba i termini come “ideologia” e invita al pragmatismo, i neoliberisti hanno capito molto bene che la lotta per l’egemonia sociale ed economica passa anche per l’egemonia ideologica, riuscendo a convincerci che non c’è lotta di classe perché non ci sono più le classi: siamo tutti imprenditori! Anzi tutti capitalisti.

Il capitalismo nelle società occidentali si regge su due piani: verticale e orizzontale. Il piano verticale è dato dal mercato, esso determina le ragioni della concorrenza e del profitto. Il piano orizzontale è dato dalla democrazia, il piano democratico attiene alla capacità di integrazione sistematica della società attraverso il consenso e la coesione.

Il mercato, come attività di offerta e domanda, cioè compravendita, presuppone un’equivalenza tra chi compra e chi vende, una forma di eguaglianza.

La globalizzazione ha prodotto un forte acuirsi delle diseguaglianze nella società, aumentando sempre più la piramide sociale tra strati benestanti (top della piramide) e massa popolare (base della piramide). Lo sconvolgimento sociale ha trascinato il ceto medio, toccato in pieno dall’insicurezza sul lavoro e dalla paura del futuro. Nella ideologia neoliberista si è introdotto il termine o la categoria della competizione o concorrenza. Ecco, la competizione prevede che all’esito finale vi sia un vincente e un perdente. La competizione non solo crea disuguaglianza, ma non esiste senza diseguaglianza.

Una domanda va posta: perché la piramide non si è spaccata politicamente in due? Perché le diseguaglianze sociali non sono divenute catalizzatore sociale, generando un motore di domanda collettiva? Il mancato raccordo orizzontale (sociale) alla base della piramide è la mancanza di una identificazione tra le varie figure che la compongono. Perché nelle categorie del neoliberismo non si riesce a conciliare equità e efficienza, dando per scontato che esse siano contrapposte.

Cosa significano i termini o le categorie di competizione e concorrenza? Chi è il soggetto che compete? Le imprese. Quindi se la società umana è basata sulla concorrenza e se l’individuo è definito come competitore o concorrente significa che ogni individuo è una impresa.

Nella letteratura economica si definisce l’impresa come capitale finanziario, capitale della terra e risorsa umana come lavoro. Nella ideologia del neoliberismo il capitale umano è definito come impresa e se una persona non ha nulla è comunque imprenditrice di se stessa. Anche in agricoltura chi è senza terra si definisce imprenditore agricolo.

L’idea che ognuno sia imprenditore di se stesso non è un’idea peregrina o astratta, perché viene messa in pratica con il sistema del lavoro a partiva Iva. Che cos’è il capitale umano? Il primo capitale umano di ogni individuo è il proprio DNA, cioè il proprio patrimonio genetico. Iniziamo a analizzare il termine “patrimonio”.  Chi mi fornisce questo patrimonio genetico? Ecco che anche il sistema neoliberista ti fornisce la Banca dello sperma e l’utero in affitto. Nell’idea del capitale umano è insita una deriva eugenista. Cioè tutto un insieme di teorie e pratiche miranti a migliorare la qualità genetica di una certa popolazione umana. Il neoliberismo non ha vinto in periodi in cui il mercato stava bene alla grande, ha vinto nel periodo della crisi in cui il mercato andava male, la crisi petrolifera del 1973. I neoliberisti non hanno vinto perché il mercato aveva una sua forza intrinseca di persuasione, ma con la forza delle idee. Le grandi svolte politiche sono sempre accompagnate da rivoluzioni scientifiche e culturali sia nelle scienze sociali che umane e spesso ne anticipano l’avvento e sempre ne legittimano l’affermazione. Alle idee neoliberiste va contrapposto un formidabile apparato di pensiero alternativo e che faccia riferimento a una visione paradigmatica da cui trarre analisi, giudizi e indirizzi d’azione e linee di orientamento da presentare alla pubblica opinione.  Vincere questa guerra delle idee con il neoliberismo è già metà della strada.

La sfida è tra le idee neoliberali e la democrazia. Siamo davvero convinti che il capitalismo, come lo abbiamo conosciuto, sia un sistema meritocratico in cui chiunque, se lavora sodo, può farcela, che quelli che non ce la fanno, i poveri, siano responsabili della loro condizione?

Dimentichiamo quello che abbiamo creduto di sapere fino ad oggi. Soprattutto dimentichiamo l’idea che il mercato abbia una sua razionalità intrinseca. Il mercato, come ogni cosa creata dall’uomo, può essere ordinato e regolato in modi alternativi e chi ne decide le regole è la politica. Di solito paragono il mercato al ring di pugilato, quale sport più violento esiste, eppure dentro il ring esistono le regole, che vanno rispettate, altrimenti si viene sanzionati.

La scelta chiave non è tra il “libero mercato” e il governo. La scelta chiave è tra un mercato organizzato a favore di una prospettiva ampiamente diffusa e uno che punta a consegnare i guadagni a pochi individui in alto. Il punto non è togliere ai ricchi tramite le tasse per ridistribuire a chi ricco non è, ma concepire le regole di un mercato differente affinché l’economia generi una condizione in cui la maggior parte delle persone consideri di per sé una equa distribuzione, senza la necessità di ampie ridistribuzioni a posteriori.