AGI – C’è chi lo ha chiamato Pol Pot, con un’allusione non troppo velata al suo non facile carattere. Tra i suoi soprannomi, anche il professore, per via della sua laurea in storia e filosofia e il suo passato di docente. Nella stagione dei sindaci, quel 1993 che vide un ruolo più protagonista dei vertici delle amministrazioni municipali, lo ribattezzarono anche lo sceriffo, data la sua passione per occuparsi in prima persona degli extracomunitari venditori ambulanti abusivi quando non spacciatori.
Che Vincenzo De Luca, 71 anni, sia un uomo d’azione, del resto, lo si è visto persino durante il lockdown, quando si è lanciato fuori dall’abitacolo della sua auto blu in transito per il lungomare di Salerno per sgridare e a momenti sanzionare in prima persona chi si intratteneva con gli amici. C’è poi Il nomignolo che gli diedero agli esordi da primo cittadino di Salerno, Vicienzo ‘a funtana, dato che la riqualificazione urbana della seconda provincia della Campania è legata al suo ripristino di decoro di fontane e piazze che l’hanno resa poi meta turistica.
De Luca, politico di lungo corso con una militanza dalla gioventù nel Pci, di cui ha seguito tutte le evoluzioni fino all’attuale Pd, ha costruito la sua macchina del consenso con pazienza e caparbia, conoscendo fino in fondo tutte le sfaccettature della politica e dell’antipolitica, tanto che a gennaio 2008, a pochi mesi dopo la sua rielezione a primo cittadino di Salerno, è stato in testa alla classifica del Sole 24 dei sindaci che riscuotono maggior consenso, con il 75% delle preferenze. “A Salerno mi votano anche le pietre”, una delle sue frasi cult, fu il lapidario commento.
La prima volta che sfidò Stefano Caldoro, nel 2010, probabilmente era già conscio di un risultato negativo e non a caso il suo quartiere generale allora era in un albergo non esattamente nel centro di Napoli, e, nella lunga notte dello scrutinio, come ricorda qualche cronista politico, in una stanza senza nemmeno cracker o acqua minerale a disposizione dei giornalisti che intanto ricevevano dettagliati racconti dei fastosi buffet a disposizione della stampa in quello dell’esponente del Popolo delle Libertà.
Lui non si è mai arreso, neppure di fronte alle indagini, molte archiviate (come il procedimento per voto di scambio nel 2017 per la vicenda delle fritture di pesce), o ai processi, terminati sinora con prescrizione o con assoluzione piena (come quelli legati alla trasfomazione urbanistica di Salerno con operazioni firmate da archistar come Bohigas o Calatrava), e meno che mai al bollino di impresentabile inflittogli cinque anni fa dalla commissione antimafia presieduta da Rosy Bindi, verso la quale ebbe parole non esattamente gentili.
Riprova la scalata alla poltrona di via Santa Lucia con successo nel 2015, sempre con Caldoro come avversario, questa volta stringendo un patto a pochi giorni dal voto in quella che è passata alla cronaca come la cena di Marano con Ciriaco De Mita, il 92enne uomo forte della politica campana, che ancora in questa tornata elettorale, insieme a Clemente Mastella e Paolo Cirino Pomicino, ha costituito un pezzo importante di una coalizione che ha finito per inglobare 15 liste a sostegno della sua riconferma.
Non era possibile in Campania replicare la coalizione giallorossa di governo, visto che M5s e Vincenzo De Luca sono separati da una netta reciproca avversione, culminata in un altro fumante epiteto, “cicciona”, registrato dai cronisti ( altro bersaglio della sua ironia e di definizioni come “camorristi”) a carico della sua storica avversaria Valeria Ciarambino.
Avversione analoga a quella che lo divide dal sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, con il quale ‘il botta e risposta’ è stato una costante negli anni, con aperti segnali di insofferenza quali il non rivolgergli il saluto, sgarbo debitamente ricambiato all’incontro successivo dall’ex pm. Da Salerno, città che non ha mai lasciato e dove tutt’ora dimora, e dove vivono i due figli, Pietro, deputato Pd, e Roberto, commercialista e per quasi due anni assessore al Bilancio del Comune.
De Luca, sempre circondato da fedelissimi del territorio, ha messo in piedi una rete di rapporti centrata molto sulla sanità, storico bacino di voti molto sfruttato in Campania, e poco sui ‘salotti buonì di Napoli, nei quali appare di rado. Centrale nel suo rapporto con gli elettori l’uso dei social, ‘spinto’ durante il periodo del lockdown fino a tramutare la diretta Fb del venerdì per fare il punto dell’emergenza Covid in uno spettacolo seguito anche oltre i confini della regione.
Vincenzo De Luca, infatti, non ha solo una squadra forte di giovani comunicatori. È lui stesso un comunicatore istintivo, con pause e mimica facciale da attore consumato, velocità di battuta e ironia da pensatore sottile, e capacità oratoria non comune. La sua scelta lessicale, quella che ha prodotto i “cinghialoni” in tuta da jogging e i “lanciafiamme” per i patiti delle feste-assembramento, ora frasi tanto note da decorare tazzine da caffè vendute nelle piattaforme di e-commerce mondiali, è degna di un retore antico.
Il politico di natali lucani, ma cresciuto e radicato a Salerno, è capace di ragionamenti sofisticati che traduce anche in immagini e slogan che parlano alla pancia della gente. Ma pure di metter in piedi con successo in pochi mesi un evento come le Universiadi senza risorse straordinarie e l’appoggio di un Governo. Insomma, De Luca vince e convince.
Vedi: Il bis dello "sceriffo" De Luca in Campania
Fonte: politica agi