In un film russo del 1996 (titolo: Il prigioniero delle montagne), un anziano ceceno, Abdul-Murat, con un figlio prigioniero in Russia ordina a due soldati russi catturati nel Caucaso settentrionale di scrivere alle loro madri in modo che facciano pressione sulle autorità zariste per uno scambio. “Scrivete – spiega – in modo che vengano e prendano accordi… per scambiarvi con mio figlio”. E così, in questo adattamento di un racconto di Lev Tolstoj, una delle madri dei soldati fa proprio questo, intraprendendo un lungo viaggio in una terra pericolosa per salvare suo figlio. La questione più calda (e di cui non si può dibattere apertamente), alla vigilia dell’inverno e dell’inizio della campagna elettorale in Russia, è proprio questa: i soldati russi in Ucraina sono una continua fonte di preoccupazione per le loro famiglie.
La guerra logora tutti – Nella guerra di invasione dell’Ucraina, il governo russo si è impegnato strenuamente a nascondere il vero bilancio delle vittime, lasciando le famiglie a cercare da sole migliaia soldati dispersi. Insomma, sono passati i tempi di quando, all’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale”, venivano promesse Lada orgogliosamente Made in Russia alle famiglie dei caduti. Già dall’estate del 2022 si sono segnalati molti “forni crematori su ruote” trainati da camion nelle zone immediatamente alle spalle della prima linea: ridurre in cenere quanti più caduti possibile, soprattutto se soldati semplici morti troppo a ridosso della loro mobilitazione – così presto da rivelare l’insufficienza di addestramento -, è stato un modo per alleggerire la pressione politica. Ma ha anche dato fiato alle casse dello Stato, visto che nessun risarcimento è dovuto per un figlio o un marito missing in action.
Una mobilitazione segreta – È di questi giorni la notizia che il Cremlino ha alzato la quota di soldati per il reclutamento annuale dai 250-260mila previsti prima della guerra a 420mila, numero messo nero su bianco nel piano annuale di reclutamento dei coscritti, anche se in precedenza era stato promesso di fermarsi a 300mila. Non si tratta, ovviamente, di una sola ma di più classi di età, dato che trovare quasi mezzo milione di potenziali soldati tra i 700 mila maschi nati nel 2005 sarebbe una missione impossibile: la Duma, il parlamento russo, ha votato per aumentare l’età massima alla quale gli uomini possono essere arruolati da 27 a 30 anni, aumentando il numero di giovani soggetti a un anno di servizio militare obbligatorio. Così, dal 1° gennaio 2024, i cittadini di età compresa tra 18 e 30 anni saranno chiamati al servizio militare e se rifiuteranno o ignoreranno la notifica dell’arruolamento, dovranno pagare una multa che per la maggior parte dei russi equivale a un mese di salario, oltre ad affrontare il carcere per le responsabilità penali connesse. La legge, che presto sarà firmata dal presidente Vladimir Putin, vieta inoltre di lasciare il Paese una volta ricevuta la chiamata alle armi. I coscritti, in teoria, non possono essere legalmente schierati per combattere fuori dalla Russia e sono esentati dalla mobilitazione del 2022: tuttavia, dato che la maggior parte delle battaglie avvengono in quattro regioni ucraine formalmente annesse dalla Russia, pur in assenza di riconoscimento a livello internazionale, mogli e madri hanno la certezza che i loro uomini, sia pure con scarso addestramento, possono essere inviati in battaglia senza alcuna possibilità di appello.
La spesa militare cresce – Per il prossimo anno il Cremlino sta pianificando la propria legge di bilancio pensando all’Ucraina, destinando il 38,6% del budget alle forze armate e alla guerra: si tratterà di un impegno non da poco in un paese in cui la spesa pubblica è due quinti di quella italiana e il cui Pil pro-capite è di un quarto inferiore a quello della Calabria. A mitigare il bagno di sangue (anche) finanziario contribuirà il keynesismo militare: l’aumento della produzione industriale a scopi bellici e l’impiego (forzoso) di molte centinaia di migliaia di disoccupati come soldati hanno avuto un impatto fino ad ora benefico sul mercato del lavoro, almeno dal punto di vista formale.
Le colossali perdite russe – Ma perché dopo aver chiamato alle armi quasi mezzo milione di soldati appena un anno fa, Putin ha ancora fame di truppe in grande quantità? La lettura dei dati raccolti e analizzati sulle perdite di equipaggiamenti russi e ucraini turba il Cremlino, ma mette in ansia anche le madri e le mogli dei soldati di entrambe le parti. Tuttavia si tratta soprattutto quelle dei russi per il semplice fatto che sono quasi tre volte e mezzo rispetto alle ucraine, pur essendo la guerra combattuta in Ucraina. Le perdite di materiali e mezzi conducono a una conclusione che lascia pochi dubbi: fare il militare è un lavoro pericoloso, ma farlo tra le truppe di Mosca lo è molto di più, dato anche il metodo di attacco con sanguinosissime meat wave (letteralmente, ondate di carne da cannone), veri e propri assalti di massa con perdite incredibili usati come niente fosse dagli ufficiali di Mosca. A vederli, uno capisce perché le guerre con gli zar e Stalin causarono perdite impressionanti. Così, osservare i campi di battaglia è come attraversare un immenso cimitero bianco, rosso e blu: se da decenni il rapporto tra ogni carro armato distrutto (o catturato o abbandonato) e le perdite di personale (intese come soldati morti, feriti gravemente, caduti prigionieri o dati per dispersi) è di uno a sei, allora gli oltre 2.400 tank russi distrutti e scoperti sul terreno hanno portato con sé la vita di quasi 15 mila uomini. Lo stesso hanno fatto i quasi 1.600 veicoli cingolati da combattimento di tipo BMP-1 e BMP-2 distrutti in Ucraina a danno di circa 13 mila combattenti russi. Per non dire degli 829 autocarri da trasporto tattico Ural-4320, la cui distruzione ha coinvolto come minimo 20 mila soldati dell’enorme paese euroasiatico. Fatte le somme, solo per i mezzi citati quasi 50 mila russi tra i diciotto e i sessant’anni hanno perso la vita o la salute fisica e mentale. Mancano da questo conto le perdite nelle trincee, negli assalti in campo aperto, nei combattimenti tra boschi e in aree urbane, nei depositi e nelle caserme colpite dai missili, sulle navi affondate da un paese, l’Ucraina, ufficialmente privo di Marina militare e di aerei ed elicotteri in missioni di combattimento o logistiche. Mancano nei numeri ma sono nelle menti di chi, madri e mogli, li attende a casa.
Di David Rossi – fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2