di Michaela Camilleri
Un decennio unico, incerto e turbolento, lo definisce così il World Economic Forum. E se, nel breve periodo, la principale minaccia sembra essere la disinformazione, nel lungo termine i rischi globali percepiti come più impattanti sono tutti di carattere ambientale: dagli eventi metereologici estremi alla perdita della biodiversità
Michaela Camilleri
Negli ultimi anni si sono verificati fatti straordinari con ripercussioni economiche, finanziarie e sociali di grandissimo impatto: dalla pandemia alla guerra in Ucraina, dal ritorno dell’inflazione all’incremento dei tassi di interesse al più recente conflitto israelo-palestinese. Tutti fenomeni che alimentano il clima di incertezza globale, influenzano l’andamento dei mercati finanziari e incidono sulle scelte di allocazione dei patrimoni istituzionali e dei relativi profili di rischio/rendimento. I rischi “vecchi”, come il ritorno dell’inflazione, le tensioni geopolitiche, il timore per una possibile recessione, si mescolano con rischi “nuovi”, i livelli sempre meno sostenibili del debito globale, il cambiamento climatico, l’invecchiamento demografico che sta caratterizzando gran parte del mondo industrializzato e l’avanzamento tecnologico e digitale.
Per richiamare l’espressione utilizzata dal World Economic Forum, l’insieme di questi fattori converge verso “un decennio unico, incerto e turbolento”. Se, nel breve periodo, la principale minaccia sembra essere la disinformazione, nel lungo termine i rischi globali percepiti come più impattanti sono tutti di carattere ambientale: dagli eventi metereologici estremi alla perdita della biodiversità. E non si tratta di rischi isolati, bensì di situazioni estremamente interconnesse: ogni volta che uno di questi eventi si aggrava influisce negativamente sugli altri. A documentarlo è l’ultima edizione del Global Risks Report, presentata, come di consueto, a Davos all’inizio dell’anno. Per creare questa istantanea del rischio globale, vengono raccolte le previsioni di quasi 1.500 esperti tra accademici, imprenditori, capi di governo, esponenti apicali della comunità internazionale e della società civile, su due orizzonti: il primo a due anni e il secondo a dieci anni.
Per la prima volta al primo posto nella graduatoria dei principali problemi che il mondo dovrà fronteggiare entro due anni compare la disinformazione, intesa non solo come connessa ai rischi legati all’intelligenza artificiale e alla facilità con cui si possono diffondere fake news, ma soprattutto legata al fatto che il 2024 si configura come il più grande anno elettorale di sempre, in cui saranno chiamate al voto oltre 4 miliardi di persone: dagli Stati Uniti all’India, sono 76 i Paesi che andranno alle urne con esiti che potrebbero ridisegnare gli equilibri politici e sociali a livello globale. Secondo l’Economist però, su 71 Paesi considerati dal Democracy index, solo 43 avranno elezioni pienamente libere e democratiche, tra cui i 27 Stati dell’Unione europea, mentre gli altri 28 non soddisfano le condizioni di base per parlare di votazioni davvero libere e giuste.
Al settimo posto della classifica a breve termine si posiziona, invece, il primo rischio di natura economica, l’inflazione. Le future mosse di politica monetaria delle Banche Centrali, che hanno avuto esperienza di quanto sia complicato anticipare il ciclo economico, dipenderanno infatti anche dalla partita inflazione, il cui andamento, seppure in discesa, resta ancora al di sopra il target del 2%. Nelle ultime riunioni FED e BCE hanno deciso di interrompere il ciclo restrittivo, mantenendo il livello dei tassi inalterato. La discesa dell’inflazione e la pausa sui tassi che prelude al cambio di strategia delle politiche monetarie favoriscono le condizioni per un rilassamento nei mercati finanziari che si aspettano un primo taglio a partire da giugno 2024. Tuttavia, i banchieri centrali ribadiscono di non avere fretta di “tagliare” e di seguire un approccio data-driven proprio perché non vi sono certezze sugli scenari futuri e il rischio di imprevedibili nuove turbolenze geopolitiche è alto.
Sul lungo termine, invece, incombono al primo posto gli eventi meteorologici estremi, cui seguono gli effetti più “silenziosi” del cambiamento climatico: dai cambiamenti critici del “sistema Terra” (scioglimento delle calotte glaciali, riscaldamento degli oceani) alla perdita della biodiversità e alla distruzione di interi ecosistemi fino alla carenza di risorse naturali con conseguenti gravi carestie.
In altre parole, in una visione di lungo termine, i rischi più severi riguardano la capacità di affrontare le grandi transizioni in atto, una su tutte appunto la transizione ecologica legata al cambiamento climatico. Tendenze di lungo periodo che però sono già qui e se, da un lato, portano con sé il rischio implicito di non essere “a costo zero”, dall’altro possono rappresentare megatrend positivi da cavalcare. Se è vero che la transizione ecologica impone un enorme impegno sul fronte economico, tecnologico e politico, lo è altrettanto che costituisce un’imperdibile occasione di crescita a lungo termine di alcuni settori strategici per il futuro del Paese (infrastrutture, efficientamento energetico, rigenerazione urbana, mobilità sostenibile, economia circolare e così via); la transizione digitale e l’intelligenza artificiale impongono, sì, riflessioni profonde sia in merito all’impatto che avranno sul mercato del lavoro sia sotto il profilo della cybersecurity, ma apriranno nuove opportunità per le imprese, promuoveranno una società aperta e democratica e contribuiranno a realizzare la transizione verde; infine, la transizione demografica, l’invecchiamento della popolazione e i cambiamenti nella composizione familiare non determinano soltanto un maggiore costo per lo Stato e la società in termini di welfare ma rappresentano anche un nuovo modo di concepire il risparmio e gli investimenti, con tutte le opportunità che derivano dalla Silver Economy.
Rischi “vecchi” e “nuovi”, dunque, che possono essere governati dagli investitori istituzionali per definire un adeguato profilo rischio/rendimento di portafoglio. Quali strategie di investimento e quali asset class consentono di trasformare questi rischi in opportunità? Di questi temi si dibatterà nel corso del tradizionale Convegno di Primavera organizzato da Itinerari Previdenziali.
Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali