I Pm di Milano cercano prove nei cellulari del governatore e di due assessori lombardi


AGI –  Attilio Fontana torna nel ‘mirino’ degli investigatori per la vicenda dei camici realizzati dalla ditta della moglie e del cognato e donati alla Regione Lombardia. Il comportamento del presidente lombardo, che non risulta comunque formalmente indagato, è oggetto di un’inchiesta della procura di Milano, che si incrocia con quella di Pavia sul caso Diasorin, che ha ordinato il sequestro di 11 cellulari appartenenti allo stesso governatore e a una serie di persone coinvolte nella vicenda compresi due assessori lombardi e 5 funzionari.

Anche i conti svizzeri dell’esponente leghista sarebbero inoltre oggetto di ulteriori di verifiche. Conti alimentati, secondo Fontana, dall’eredità della madre.

Gli inquirenti scrivo di un “diffuso coinvolgimento” del governatore

Secondo gli inquirenti si è reso necessario sequestrare il cellulare di Fontana a prova del suo “diffuso coinvolgimento”, sulla fornitura di “mascherine e camici (da parte della Dama srl, società appartenente per il 90% ad Andrea Dini e per il 10% a Roberta Dini, rispettivamente cognato e moglie del governatore), accompagnato dalla parimenti evidente volontà di evitare di lasciare tracce del suo coinvolgimento”.

Alla base il “forte interesse” dei Dini nel ricevere nuove occasioni di guadagno”.  

Allo stesso modo anche i cellulari di due esponenti di spicco dell’esecutivo regionale, gli assessori all’ambiente Raffaele Cattaneo e al bilancio Davide Caparini vengono considerati utili alle indagini. Per Cattaneo, anche coordinatore della task force regionale per il Covid, gli inquirenti parlano di “protagonistico ruolo” nel controllare l’esito positivo dell’affidamento della commessa”. Di Caparini scrivono invece che “è ragionevole pensare che sia stato messo al corrente dello sviluppo delle trattative” avendo intrattenuto a questo proposito “numerose conversazioni”.

Pm: “tutti erano consapevoli del conflitto d’interessi”

Da parte di tutte le persone oggette del sequestro, nessuna indagata, ci sarebbe stata, sempre secondo gli investigatori “piena consapevolezza del conflitto d’interessi”. 

Secondo gli inquirenti il progetto originario era quello di vendere alla Regione i camici, progetto solo dopo trasformatosi in donazione tanto che lo stesso Fontana avrebbe deciso di risarcire il cognato di tasca propria per il mancato guadagno con 250mila euro. Il “risarcimento” però non andò a buon fine perchè la fiduciaria presso cui era custodito il denaro bloccò la transazione ‘sospetta’ e informò le autorità. 

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Fonte: cronaca agi